Il Porsche Ceramic Composite Brake assicura una progressività sensibilmente migliore e coefficienti di attrito superiori. All'inizio della frenata il coefficiente medio di attrito è di oltre 0,5. Rispetto al disco in ghisa grigia il miglioramento medio è pari al 25 percento circa, in caso di emergenza si dimostra un netto vantaggio: la frenata di emergenza con il PCCB non richiede né un maggiore sforzo al pedale, né sistemi ausiliari per generare, entro frazioni di secondo, la forza frenante massima ad ambedue gli assali. Il PCCB genera subito, e senza grande sforzo al pedale del freno, la decelerazione massima. A questo modo è eliminato un pericolo al quale sono esposti molti automobilisti in situazioni di emergenza con automobili che hanno dischi convenzionali in ghisa grigia. Iniziano infatti la frenata esercitando un grande sforzo sul pedale. Quando però si fa sentire l'intervento regolante dell'ABS, riducono la pressione sul pedale perché pensano di aver già raggiunto lo sforzo massimo. In verità "sprecano" metri importanti di frenata, perché in quell'istante l'ABS agisce esclusivamente sull'asse anteriore. Ottima resistenza al fading
La temperatura di esercizio, determinante per lo spazio di frenata con dischi metallici, è invece secondaria per il PCCB. Il pattino frenante e il disco in ceramica non raggiungono bassi coefficienti in attrito, né quando sono freddi né quando sono caldi. Il loro livello è costante ed elevato. Nel temuto Porsche fading test, che prescrive 25 frenate immediatamente consecutive dal 90 per cento della velocità massima a 100 chilometri orari con una decelerazione di 8 m/s, il coefficiente di attrito medio si è assestato a circa 0,45 dopo l'undicesima frenata. Ciò evita sorprese spiacevoli al guidatore costretto ad esempio a diminuire la velocità. Un freno che inizialmente sembra agire con vigore, che tuttavia non è progettato come i freni Porsche specialmente per le elevate velocità, alle alte temperature di esercizio perde attrito che può essere compensato unicamente aumentando lo sforzo al pedale. In condizioni limite, come ad esempio nel Porsche fading test, nelle corse attraverso i passi alpini oppure nell'impiego agonistico, il disco di ceramica Porsche reagisce con temperature fino a 800 gradi Celsius, superiori a quelle di un tradizionale disco in ghisa grigia. Ma il disco di ceramica, cotto al vuoto spinto a oltre 1.700 gradi Celsius, digerisce senza problemi queste temperature. Il disco in ghisa grigia invece tende alla dilatazione termica con conseguente ondulatura superficiale. In tal caso le pastiglie non hanno più aderenza piana al disco, per cui si verifica il fenomeno di sfregamento, che penalizza il comfort a causa della pulsazione del sistema idraulico, eccita l'asse anteriore e causa vibrazioni torsionali al volante. Disco freddo brevettato Porsche
La temperatura maggiore del disco ceramico è dovuta al peso specifico minore del materiale che, di conseguenza, ha una minore capacità termica. Il calore continuerebbe a crescere superando il campo critico dei sensori ABS e del liquido freni, se i progettisti Porsche non avessero tenuto in particolare conto il decennale know-how accumulato nel campo del raffreddamento interno dei freni. Infatti, il Porsche Ceramic Composite Brake assicura un efficace raffreddamento interno dei freni attraverso i canali a evolvente e attualmente solo con il PCCB è possibile perforare i dischi, aumentando la superficie e la velocità di raffreddamento. La perforazione della superficie di attrito conferisce inoltre al PCCB un'eccellente progressività a umido che supera i valori raggiungibili con dischi in ghisa grigia. Ciò è in parte dovuto alle innovative pastiglie costruite con una fibra organica composita, meno igroscopica a causa della sua maggiore densità. Il motivo principale è però che il principio brevettato da Porsche per la perforazione del disco in ghisa grigia è stato applicato pari pari a questo progetto, ovviamente con i perfezionamenti del caso. Il brevetto è basato sulla considerazione che le leggi della fisica devono (nel vero senso del termine) fare presa. È noto che una frenata su strada bagnata genera, entro frazioni di secondo, evaporazione di acqua tra disco e pastiglia. Tra questi due componenti si forma un cuscino di vapore acqueo che impedisce la presa solida del freno. Porsche ha risolto il problema con l'aiuto del disco forato. Infatti, la foratura elimina entro brevissimo tempo il vapore acqueo, per cui i pistoncini possono trasmettere la loro intera forza al disco. Disco freno in presa
Sull'asse anteriore sei pistoncini spingono le pastiglie contro il disco di ceramica, mentre su quello posteriore Porsche punta ancora sul collaudato sistema a quattro pistoncini. I diametri differenziati dei pistoncini servono a compensare il consumo obliquo tangenziale. Per essere sicuri che le temperature eventualmente elevate non vengano trasmesse al liquido freni, gli ingegneri Porsche hanno sviluppato un innovativo sistema di isolamento a forma di scudo termico tra pastiglia e pistoncino. Questo scudo è in pratica un piccolo componente in ceramica. Il suo fattore di coibentazione supera di 2,5 volte quello del titanio usato per i freni della Formula 1. La pinza corrisponde al collaudato sistema monoblocco in alluminio con pastiglie appoggiate su perni per prevenire la corrosione e ha tubi di collegamento esterni per migliorare il raffreddamento del liquido freni. Peso dimezzato
La differenza di peso è molto grande, pur essendo il diametro del disco di ceramica della 911 Turbo maggiore di quello del disco in ghisa grigia: cresce infatti da 330 millimetri ai 350 millimetri. La minore densità della ceramica riduce il peso del disco del 50 percento circa. Per la meccanica della Turbo ciò equivale ad un alleggerimento di 16,5 chilogrammi e per gli specialisti dell'assetto significa un enorme salto evolutivo. Questi cercano infatti da anni di risparmiare ogni grammo possibile delle masse non sospese. Ora si aprono nuovi orizzonti per un sensibile miglioramento del comfort di rotolamento, dello smorzamento ruota e della sensibilità dello sterzo. Le migliorie dinamiche della progressività degli ammortizzatori hanno portato anche a ottimizzazioni della dinamica di sterzata. Produzione dispendiosa
A differenza dei dischi in ghisa grigia, la cui produzione richiede poche ore, il disco freno in ceramica comporta un processo di produzione impegnativo, che dura oltre una giornata intera. Per il disco in carbofibra e carburo di silicio è fondamentale la corretta scelta delle giuste fibre di carbonio e il loro trattamento a monte. Inoltre, la cottura nel forno sottovuoto spinto, necessarie per la carbonizzazione e la silicizzazione, richiede un'esperienza decennale. Per soddisfare le elevate richieste qualitative della Porsche è stato scelto un fornitore tedesco che vanta un'esperienza di oltre cent'anni nel campo di materiali e processi ad alta temperatura. L'intera catena produttiva è concentrata nelle mani competenti della società high-tech SGL Carbon di Meitingen in provincia di Augusta, per creare le premesse per la perfetta produzione del disco a partire dal primo istante (ossia dalla produzione della fibra di carbonio). All'inizio del ciclo produttivo vengono lavorati quantitativi precisamente definiti di fibra di carbonio e di polimeri liquidi, come ad esempio resine, trasformati in un'appiccicosa massa. Questa massa di fibre è compattata attraverso un processo termico in particolari stampi per dischi freno che goffrano anche i canali di raffreddamento a evolvente. Durante questa operazione la parte polimerica indurisce formando un grezzo rigido di disco in fibra di carbonio (CFK). I grezzi induriti sono successivamente carbonizzati in un forno pirolitico; ciò significa che tutti i composti polimerici non costituiti da carbonio puro sono trasformati in carbonio a temperature poco inferiori ai 1.000 gradi Celsius in atmosfera azotata. Se i dischi fossero destinati all'impiego in Formula 1 il processo finirebbe qui, perché il risultato è un disco freno in carbonio. Per trasformare questo disco in un componente di ceramica altamente resistente manca ancora un ultimo passaggio, che richiede una lunghissima esperienza nella manipolazione di materiali resistenti alle alte temperature. Il processo di silicizzazione nel forno a vuoto spinto deve tenere conto sia della dose corretta di silicio, sia della temperatura esatta, ossia superiore a 1.420 gradi di Celsius, pari al punto di fusione del materiale. A questa temperatura il silicio diventa liquido e viene assorbito dal disco di carbonio precedentemente forato come da una spugna. Dopo la fase di raffreddamento il prodotto ha una durezza quasi uguale a quella di un diamante; anche la durata è analoga. Numerosi test hanno dimostrato che il disco dura tutta la vita di un'automobile e raggiunge percorrenze fino a 300.000 chilometri. La durata estrema di vita è corroborata anche dalla resistenza alla corrosione del materiale impiegato. Il disco di ceramica è assolutamente insensibile al sale antighiaccio e ai sali liquidi impiegati ad esempio negli impianti automatici antighiaccio sui ponti autostradali. La tazza e i componenti di collegamento con il disco hanno la stessa durata. Per fare del PCCB un componente "lifetime" sicuro i tecnici Porsche hanno scelto l'acciaio nobile per la tazza. Rispetto alle pastiglie tradizionali quelle nuove hanno circa una durata doppia.