A volte occorre tornare nuovamente su un tema, anche se già affrontato più volte, perché si tratta di una problematica ancora aperta. Anche se temo che questo mio editoriale rimarrà fra i tanti “ma io ve lo avevo detto” che riempiono la storia di molteplici occasioni perse di cambiare il proprio modo di agire, così come cambia il luogo dove si agisce.
L’accelerazione del cambiamento, imposto dalle nuove tecnologie, è spesso così veloce da non dare il tempo alle persone di accorgersi che ormai quello che si fa tutti i giorni da sempre (e ha sempre funzionato), è diventato vecchio, così obsoleto da essere imbarazzante. In particolare, mi riferisco a quella categoria professionale che ha la responsabilità di far circolare veicoli capaci di raggiungere velocità impressionanti, nella massima efficienza e sicurezza: gli autoriparatori. I “veicoli computer”, azionati da propulsori ad alta potenza e tecnologia, sempre più complessi da riparare anche in caso di interventi che un tempo erano banali, vengono riparati da operatori che preferiscono “regalare” la loro professionalità (mano d’opera) e invece far pagare, e cari, i ricambi sui quali non hanno altra responsabilità se non quella di sceglierli per qualità o prezzo dal loro ricambista di fiducia. E allora capita sovente che nelle fatture, ricevute o bigliettini vari, si leggano i prezzi dei ricambi rigorosamente a prezzo pieno e la mano d’opera scontata, e a volte “regalata”.
Questo modo di lavorare è superato, sbagliato, concettualmente pericoloso.
La persona che si occupa della pulizia domestica della mia abitazione mi costa 20 euro l’ora lordi; gli accordi con le flotte mi pare riconoscano ai riparatori 24/27 euro l’ora. Chiedere di più si teme possa far perdere clienti. Di cosa stiamo parlando? Mi volete dire che un lavoratore che ha una responsabilità enorme, civilmente e penalmente perseguibile, non ha la capacità di farsi giustamente riconoscere dalla clientela la propria professionalità? Se fosse così saremmo di fronte a una delle peggiori capacità comunicative che una categoria professionale abbia mai realizzato per se stessa. Certo nell’era del guadagno facile e del ricambio per la riparazione con grandi marginalità era facile, quasi obbligato, scontare la mano d’opera piuttosto che il ricambio. Più dalla parte del cliente di così: “mi tolgo i soldi di tasca per accontentarti, ma non è colpa mia se il prezzo del ricambio è così alto.”
Oggi tutto è cambiato. Il più forte canale di informazione mai messo a disposizione del consumatore finale, internet, mette a nudo il prezzo del ricambio, scontandolo frequentemente anche del 60% sul suo prezzo di listino. E allora? Allora tutte le abitudini del passato devono finire, e cambiare velocemente verso un nuovo approccio alla preventivazione, in particolare per il costo orario. La capacità del riparatore di fare questo sforzo lo porrà nei confronti del proprio cliente in una posizione professionale più forte, in cui verrà riconosciuto il valore della sua conoscenza e della sua capacità riparativa; non perché regala la propria mano d’opera (ma poi c’è qualcuno che ci crede ancora?). Cambiare la descrizione di “mano d’opera” in unità lavorativa (1 UL= 5 min.) inserendola a fianco di ogni lavorazione frammentandola, e non come voce riepilogativa alla fine della fattura, permetterà ai riparatori di poter accogliere i clienti con il sacchetto dei ricambi in mano e con il sorriso sulle labbra.
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