Dopo anni di successo del modello delle aggregazioni di distributori con vincolo territoriale, anche i network più affermati stanno vivendo (chi più chi meno) una “crisi di identità”.
Se è pur vero che, da un lato, è “sempre verde” la logica secondo la quale aggregando i fatturati, anche a livello internazionale, si riescono a spuntare condizioni economiche più vantaggiose e premi incondizionati da parte dei componentisti (sempre più insofferenti a sottostare a questa formula), dall’altro lato il vincolo territoriale imposto, se non legato a delle performance di penetrazione, rischia di essere un grosso problema per lo sviluppo delle realtà più competitive appartenenti allo stesso network, avvantaggiando come naturale conseguenza un concorrente. Questo fenomeno è sicuramente acuito dalla perdita delle esclusive dei principali marchi e dalle nuove possibilità offerte dalla tecnologia, che allungano il raggio potenziale di azione di ogni distributore, comportando una sovrapposizione territoriale con altri colleghi sino a ieri fisicamente distanti. Gli attriti periferici, gli stessi marchi rappresentati, le stesse condizioni economiche, sono tutti elementi che stanno surriscaldando le dinamiche della distribuzione, alzando il livello di competizione fra attori che hanno bisogno di aumentare le proprie vendite vedendosi abbassare la marginalità complessiva.
Avere un polo logistico territoriale è strategico per crescere e per dare un servizio alla distribuzione sottostante e la possibilità di sviluppo senza questo tipo di investimento sembra limitata.
Lo dimostrano i noti casi di aperture di filiali distaccate, dotate di un magazzino strutturato e ben fornito, che hanno visto triplicare il loro fatturato in meno di tre anni, nonostante la crisi e nonostante i concorrenti territoriali che certo non mancavano. Non mi risulta abbiano avuto lo stesso successo coloro che invece hanno affidato al solo strumento informatico e al prezzo il proprio tentativo di sviluppo in altre regioni.
L’aggregazione virtuale prima e sostanziale poi di distributori regionali omogenei, il controllo diretto del ricambista (esperienza non nuova, ma che non ha ancora esaurito il proprio fascino e sicuramente vivrà ancora una nuova stagione), sono solo alcune delle possibilità di evoluzione del mercato della distribuzione in Italia, laddove il modello che ha garantito la crescita per più di un decennio sembrerebbe ormai aver esaurito la propria capacità propulsiva.
In questo nuovo dinamismo territoriale, il miglior amico di oggi potrebbe diventare il peggior nemico di domani e, per non rischiare di fare la fine di Giulio Cesare con la nuova luna di marzo, è meglio non dare la schiena a nessuno.
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