Diamo uno sguardo al sistema frenante: quali sono le indicazioni oggi per un intervento di manutenzione a regola d’arte e quale sarà il futuro di pastiglie e dischi freno con un circolante che va verso la mobilità ecosostenibile.
È, infatti, forse uno dei pochi elementi di cui un guidatore si occupa e preoccupa, tanto che anche in questi mesi di rallentamento globale delle attività ha conosciuto – a detta dei principali produttori di dischi e pastiglie per l’aftermarket – un calo di fatturato decisamente contenuto (si parla di 6-8% in meno rispetto allo scorso anno).
È dunque un dato di fatto che il sistema frenante è ritenuto da tutti uno degli elementi fondamentali per la sicurezza di chi guida, così come che la sua regolare manutenzione sia tra gli interventi da eseguire a regola d’arte.
Se gli autoriparatori oggi hanno piena consapevolezza di quanto sia assolutamente necessario utilizzare prodotti di qualità e certificati (leggi le omologazioni ECE R-090 e 090-2 per pastiglie e dischi freno), l'offerta di prodotti aftermarket è talmente ricca e composita che alle volte può essere difficile consigliare quale possa essere il prodotto più idoneo per una vettura.
A maggior ragione, pensando alle trazioni ibride ed elettriche, ci si domanda cosa succederà dell’impianto frenante così come lo conosciamo e cosa stanno mettendo in campo i componentisti specializzati in questo settore.
Omologazioni pastiglie e dischi
È cosa oramai nota, perché la normativa è in vigore da diversi anni, che le pastiglie e i dischi freno devono essere omologati, ma cosa significa esattamente?Innanzitutto partiamo dalle pastiglie, che per essere vendute e montate in Europa dal 2001 necessitano di essere omologate secondo la norma ECE R90, un regolamento che punta a creare una standardizzazione a livello internazionale dei requisiti e delle prestazioni degli elementi del sistema frenante. La normativa si inserisce in un contesto legislativo più ampio che risale al 1998 e che successivamente è stato aggiornato e integrato e che nel 2016 ha previsto l'obbligo di omologazione anche per i dischi e tamburi freno (ECE R90-02) destinati al ricambio per i veicoli di nuova immatricolazione.
In sintesi, per essere omologate, le pastiglie devono superare severi test che ne mettono alla prova l’efficienza di frenata. Durante il controllo, infatti, vengono valutati i coefficienti di attrito nelle diverse condizioni di utilizzo e le proprietà fisiche del prodotto per validarne i requisiti in termini di funzionalità, sicurezza ed efficienza, garantendo così che abbiano le stesse prestazioni dei prodotti di primo impianto.
Tutti i prodotti aftermarket omologati sono quindi marchiati, così da essere facilmente riconoscibili come equivalenti all’originale.
ADAS e frenante: il sistema AEB
Quando si parla di sicurezza in auto, dobbiamo tenere conto che l’Unione Europea ha intrapreso una serie di provvedimenti per ridurre gli incidenti e abbassare il numero delle vittime della strada. In quest'ottica vanno visti i regolamenti che rendono obbligatori sui veicoli una serie di dispositivi di assistenza alla guida (gli oramai ben noti ADAS).Per quanto riguarda il sistema frenante, la novità più recente è il sistema AEBS (Advanced Emergency Braking Systems), cioè il sistema di frenata automatica di emergenza, che in Europa è reso obbligatorio dal 2022 per i veicoli di nuova immatricolazione.
Si tratta di un dispositivo di sicurezza che grazie all’impiego di radar, telecamere e sensori, permette al veicolo di “frenare da solo” quando la velocità e la presenza di ostacoli o pedoni sulla sua traiettoria fanno ipotizzare un elevato rischio di collisione. Di fatto, il sistema interviene se il guidatore è in quel momento distratto e non ha ancora frenato.
La Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite afferma che l’introduzione di questo sistema, secondo gli studi effettuati da Euro NCAP, dovrebbe portare a una riduzione degli incidenti dovuti a tamponamenti di circa il 38%, comportando la possibilità di salvare 1.000 vite all’anno in Europa.
In un recente comunicato pubblicato da ACI il 2 novembre 2020, Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Automobile Club d’Italia, ha dichiarato: “I sistemi ADAS sono il presente e il futuro della mobilità responsabile e ACI è stato il primo a sottolinearne, fin da subito, l’efficacia e l’imprescindibile esigenza di poterne contare alla guida. Per Euro NCAP oggi sono un parametro fondamentale nella valutazione della sicurezza dei veicoli e la Fondazione Filippo Caracciolo di ACI ne ha misurato l’impatto positivo sull’incidentalità: un’auto con più di 15 anni di età presenta quasi il 50% di probabilità in più di essere coinvolta in un incidente grave rispetto a una immatricolata da due anni. Il solo sistema di frenata automatica AEB è in grado di scongiurare fino a 1 tamponamento su 2”.
Il sistema AEBS è già presente su molte vetture di alta gamma da anni, ma la normativa si propone di stabilire uno standard tecnologico che ne assicuri l’efficienza, indipendentemente dal modello di veicolo. In particolare, vengono imposti requisiti rigorosi e armonizzati a livello internazionale per l'uso dell'AEBS a basse velocità, anche in situazioni complesse e imprevedibili come il traffico nelle aree urbane. Il regolamento stabilisce i criteri da soddisfare e requisiti per i test di utilizzo di AEBS a una gamma di velocità diverse, da 0 a 60 km/h.
Oltre alle auto, il regolamento sarà applicabile a tutti i veicoli commerciali leggeri (furgoni e minibus con meno di nove passeggeri).
Con questo regolamento in vigore, la maggior parte dei sistemi esistenti dovrà essere aggiornata per soddisfare requisiti più severi; i mezzi immatricolati prima del 2022 avranno ancora due anni di tempo per adeguarsi ai nuovi standard.
Si tratta quindi di un sistema che sarà a breve molto diffuso e che rientrerà quindi fra gli interventi di calibrazione ADAS che gli autoriparatori si troveranno a dover gestire.
Auto elettrica e consumo freni
Sebbene il passaggio a una mobilità puramente elettrica sia ancora di là da venire, oggi sono già in circolazione numerosi veicoli ibridi ed elettrici e il progressivo aumento di queste motorizzazioni è una realtà.Le nuove immatricolazioni del 2020, nonostante il calo generalizzato dovuto alla pandemia Covid-19, registra un costante aumento dei veicoli ibridi ed elettrici. Lo studio ANFIA sul mercato delle alimentazioni alternative in Europa nei primi nove mesi del 2020 segnala: “Da gennaio a settembre 2020, oltre un consumatore su cinque ha optato per l’acquisto di modelli a trazione alternativa, con una scelta preponderante per i modelli elettrificati, portando le quote di mercato al 9,0%per le ricaricabili, all’11,5% per le ibride tradizionali”. E ancora: “La crescita del mercato eco-friendly è determinata soprattutto dalle vendite di auto elettrificate (ECV+HEV), che triplicano quasi i volumi immatricolati, triplicando la loro quota in un mercato in pesante contrazione”. Certo, a livello numerico sono cifre ancora basse (secondo i dati del Ministero dei Trasposrti in Italia si parla di un circolante a novembre 2020 che conta poco meno di 500.000 veicoli ibridi ed elettrici), ma in ogni caso si tratta di un trend in aumento.
Ora, tornando al sistema frenante presente sulle auto ibride ed elettriche, ci sono due domande da fare: il sistema frenante funziona allo stesso modo che su un’auto con motore a combustione? E quale sarà l’usura di dischi e pastiglie? In altre parole: il lavoro dell’autoriparatore cambierà?
I fattori da considerare sono diversi e partono da una premessa: anche l’auto elettrica deve essere frenata e l’autoriparatore deve poter operare in sicurezza quando cambia dischi e pastiglie.
Partiamo dalla sicurezza: “prima di intervenire anche per operazioni di routine come la sostituzione di dischi e pastiglie – sottolinea Delphi in una recente pubblicazione online a proposito dell’incremento delle auto ibride ed elettriche e la loro manutenzione - i tecnici devono mettere in sicurezza l'auto. Per fare ciò, è necessario scollegare la batteria ad alto voltaggio. Inoltre, poiché l'alta tensione impiegherà un po 'di tempo per dissiparsi, fino a 10 minuti, occorre attendere prima di procedere. Infine, il tecnico dovrebbe verificare che i cavi ad alta tensione e i componenti elettrici siano scarichi prima di eseguire qualsiasi lavoro sul sistema”.
Se poi consideriamo che il motore a combustione e quello elettrico lavorano in sinergia, sicuramente il sistema frenante avrà un comportamento diverso e i suoi elementi un’usura differente rispetto a un sistema montato su un veicolo a trazione tradizionale benzina o diesel.
Questo perché da un lato si frenerà meno, grazie al sistema di recupero di energia in frenata, ma d’altro canto, proprio per questo, i freni saranno azionati in condizioni non ideali, cioè molto più spesso da freddi; inoltre, avranno un peso importante anche l’azione di ruggine e contaminanti che si depositano sulle superfici, con conseguenze sulla durata dei componenti. In particolare, a causa del minor utilizzo, ruggine e contaminanti possono accumularsi più rapidamente, con effetti negativi per le superfici di attrito del disco e influenzare anche il montaggio di pastiglie e pistoni guida delle pinze freno.
Il minor utilizzo del sistema frenante “tradizionale” è dovuto all’azione della frenata rigenerativa, che trasformando l’energia cinetica in elettrica, porta a un rallentamento del veicolo senza azionare l’impianto frenante. In pratica, in determinate condizioni, si potrebbe arrivare quasi a non toccare i freni, se non per frenate di emergenza, lasciando il compito del rallentamento del veicolo alla sola azione del motore elettrico. Si tratta ovviamente di considerazioni generali, in quanto lo stile di guida, le condizioni del traffico e il tipo di percorso diventano fattori ancora più decisivi nel determinare l’usura dell’impianto frenante nel suo complesso.
Sicuramente l’impianto frenante continuerà a essere soggetto a interventi di manutenzione ordinari e regolare e i componentisti stanno immettendo sul mercato prodotti specifici per le auto elettriche e ibride.
Frenata e inquinamento
Un discorso a parte è quello dell’inquinamento dovuto alle polveri sottili. Siamo abituati a sentirci dire che gli scarichi dei veicoli sono una fonte di inquinamento tra le più dannose, perciò si potrebbe pensare che i veicoli elettrici rappresentano una soluzione nell’abbattimento del PM10.In realtà, si tratta di spostare l’attenzione su un fenomeno diverso, cioè le polveri generate in fase di frenata e che vengono rilasciate nell’aria. Questo è un fenomeno che si verifica in qualsiasi veicolo, perché è dovuto all’attrito delle pastiglie sul disco; la dispersioni delle polveri è dunque diventato un tema centrale nello sviluppo di nuove prodotti, tanto che fra le caratteristiche prestazionali di dischi e pastiglie, i componentisti sottolineano proprio l'elevata percentuale di riduzione delle polveri sottili. Non bisogna però dimenticare che esistono anche altri componenti che contribuiscono - anche in maniera importante – all'insorgere di questa problematica: uno fra tutti è l'usura del pneumatico.
Per capire quanto questo tema sia cruciale, segnaliamo che esistono anche progetti di ricerca comune, come quello concluso da poco e inserito nel programma dell’Unione Europea Horizon 2020 denominato LOWBRASYS - acronimo di Low Environmental Impact Braking System -, dove componentisti specializzati in sistemi frenanti, istituti di ricerca e centri universitari hanno collaborato per ridurre l'emissione di micro polveri e particelle e i suoi effetti dannosi per la salute e l'ambiente (www.lowbrasys.eu/en).
Attenzione a non scivolare sull’olio Una delle componenti più sottovalutate nella manutenzione dell’impianto frenante è il circuito idraulico, che serve ad azionare pistoncini e pastiglie. Se infatti l’attenzione di quasi tutti gli operatori si concentra sulla sostituzione di dischi e pastiglie, spesso viene poco considerata la complessità che sottende una frenata. Il liquido freni, infatti, così come il circuito (che è prevalentemente realizzato in gomma metallo) sono responsabili della frenata allo stesso modo dei materiali di attrito. Un liquido freni degradato, per esempio per la presenza di acqua, può allungare notevolmente gli spazi di frenata, così come la cedevolezza delle parti in gomma, che posso creare dei pericolosi “effetti palloncino”. Secondo Unigom, azienda produttrice di tubi freno per l’aftermarket, il liquido freni andrebbe sostituito ogni due anni, questo perché all’interno del circuito, ma in particolare nei punti di contatto con la pinza, l’olio raggiunge temperature elevatissime, aumentando di conseguenza l’effetto igroscopico dell’olio, che è direttamente proporzionale alla temperatura. Secondo gli studi effettuati nel laboratorio di Unigom, lo spazio di frenata può addirittura raddoppiare in cinque anni per motivi direttamente collegati alla qualità dell’olio. Non solo, la presenza di acqua nel liquido freni può portare anche all’ossidazione (sotto forma di ruggine) di alcuni componenti, peggiorando considerevolmente una situazione già pregiudicata. Se un tempo l’olio si cambiava solo in caso di una perdita, oggi è fondamentale verificare lo stato del liquido freni almeno ogni due anni. A questo proposito, sul mercato esistono parecchie attrezzature (ad prezzo più che affrontabile), che permettono di calcolare il punto di ebollizione del DOT4 in modo da sapere la quantità di acqua presente. Non solo. Un secondo elemento spesso poco considerato dell’impianto frenante riguarda il circuito in sé, ossia i tubi e i connettori che permettono all’olio di azionare le pinze. A differenza che in passato, anche per la presenza di sistemi elettronici sempre più evoluti, i tubi freno hanno ormai dimensioni prestabilite con punti di fissaggio che devono essere rispettati. Se un tempo i tubi potevano essere venduti “da assemblare” con molle e raccordi forniti sciolti, nessun grande produttore propone oggi questa soluzione, proprio per evitare che ci siano errori nel montaggio. Un errato posizionamento di un raccordo o di un punto di ancoraggio, infatti, può pregiudicare il funzionamento di tutto il sistema. C’è poi da considerare un altro aspetto: l’impianto frenante è un elemento di sicurezza, quindi in caso di problemi, l'autoriparatore è direttamente responsabile. Nel momento in cui lui assembla un componente, diventa di fatto un “produttore” di quel componente, rendendo quindi più complicato risalire alle responsabilità (che in questo caso possono essere anche penali) su un eventuale funzionamento. Il consiglio fornito da Unigom quindi è quello di selezionare sul mercato solo operatori di qualità, non cercando il primo prezzo su questi componenti e conservare comunque i documenti di provenienza del ricambio (ad esempio la fattura) per risalire a un eventuale responsabilità a monte. |
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