Un’indagine fatta in un’importante zona del mercato italiano dei ricambi, ci ha permesso di valutare concretamente, riguardo alla distribuzione selettiva, quali sono gli interessi in gioco e le reazioni degli operatori investiti dall’azione delle Case.
L'interpretazione restrittiva data dalle case auto al regolamento Monti consentirebbe alle Case stesse di fornire i ricambi originali ai soli autoriparatori (generici o autorizzati), escludendo dunque i rivenditori indipendenti dalla filiera distributiva. Ciò è in aperto contrasto con il principio cardine della legge stessa, che vorrebbe promuovere la libera concorrenza fra gli operatori del settore automotive, a vantaggio del consumatore finale, aumentando per quest’ultimo le possibilità di scelta. Possibilità che, in caso di artificiali colli di bottiglia nella distribuzione, sarebbe gravemente compromessa. A nostro avviso l’interpretazione restrittiva delle case auto rischia, a lungo andare, di danneggiare non solo il ricambista indipendente, ma anche, se non soprattutto, proprio i costruttori, che da tale iniziativa si attendono probabilmente un pò troppo. Abbiamo dunque deciso di indagare sulle conseguenze che l’implementazione della distribuzione selettiva potrebbe comportare. A tale proposito abbiamo condotto una ricerca di mercato valutando concretamente, in un’importante zona del mercato italiano dei ricambi, quali potrebbero essere gli interessi in gioco e le reazioni degli operatori investiti dall’azione delle Case.Abbiamo concretizzato la nostra idea grazie alla collaborazione di un importante distributore di ricambi di carrozzeria della Romagna, la Cent.a.r. (Centro Autoricambi Romagna) di Pievesestina (FC), che a nostro avviso rappresenta un “caso pilota” dell’argomento trattato per diverse ragioni, prima tra tutte l’importanza che avrebbe sul suo business l’interpretazione restrittiva, visto il forte potere monopolistico che le Case detengono nel settore carrozzeria. L’azienda rappresenta inoltre una realtà particolarmente radicata sul territorio in cui opera. Contesto aziendale e di mercato
La Cent.a.r. è stata fondata nel 1976 dai Fratelli Fusconi nella zona industriale di Pievesestina, nei pressi di Cesena. Fin dall’inizio ha avuto una missione aziendale molto precisa: costituire un centro per la distribuzione di ricambi per carrozzeria organizzato, comune a più aziende, in grado di effettuare consegne giornaliere ai propri associati. Attualmente la struttura si compone di 6.500mq di capannone, 7m di altezza utile e 5.500mq di area esterna. Dispone di sei mezzi per il trasporto delle merci e sette muletti per la movimentazione interna. Sono alle dipendenze dirette di Centar 21 lavoratori. Fra questi, sostengono i soci, è molto difficile distinguere fra personale dirigenziale e manovalanza: si tratta sempre di mansioni impegnative e in costante evoluzione. La continuità della loro formazione è essenziale. Basti pensare che Cent.a.r. codifica circa 59.000 articoli. Si organizzano periodicamente corsi di aggiornamento e formazione per i dipendenti (anche per quelli delle aziende dei singoli soci). Il fatturato aziendale si aggira attorno ai 6,7 milioni di euro all’anno, per l’80% rivolto agli stessi soci Cent.a.r. (otto aziende di ricambisti al dettaglio: Autoricambi e Accessori, Repubblica di San Marino; Autoricambi Ravenna, Ravenna; De Angelis, Urbino; F.lli Fusconi, Cesena; Mondoauto, Forlì; Nuova Italricambi, Fano; Nuova Italricambi, Pesaro; Punto Auto, Rimini).
La metratura totale dei magazzini dei singoli soci ammonta a 12.000m2, i dipendenti sono 90 e gli automezzi circa 30 che servono in tutto, oltre ai consumatori finali, un migliaio di clienti carrozzieri. Tali operatori di mercato collaborano attraverso Cent.a.r. per reperire velocemente il materiale per conto del carrozziere, cliente dei singoli punti vendita, e sfruttare al meglio le economie di scala derivanti dall’accentramento logistico e degli acquisti. Si mettono in comune le esperienze delle rispettive zone operative, si alleggeriscono i magazzini dei singoli punti vendita indipendenti risolvendo il problema del materiale obsoleto. Generalmente le consegne sono giornaliere. Ogni socio svolge un lavoro capillare sul proprio mercato: visita due volte al giorno i propri clienti carrozzieri, raccogliendo sistematicamente gli ordini e consegnando la merce, propone un servizio completo per tutti i modelli, le marche di auto e i ricambi di carrozzeria, dal cofano alla graffetta di fissaggio. Il parere di due generazioni
Per meglio approfondire quanto già emerso dai dati e dalle notizie basilari sull’azienda, abbiamo organizzato uno scambio di opinioni con alcuni protagonisti della sede di Pievesestina. Sono intervenuti nella discussione: Renato Fusconi, 57 anni, socio-segretario di Cent.a.r. e proprietario, assieme al nipote Antonio Fusconi, dei punti vendita al pubblico dell’azienda di famiglia; Antonio Fusconi, 39 anni, laureato in economia e commercio, segue la parte amministrativa e finanziaria di Cent.a.r.; Paolo Brunelli, 55 anni, responsabile acquisti e vendite della Cent.a.r. Come si è evoluto il vostro lavoro negli ultimi anni?
Antonio Fusconi: In Romagna, fino a dieci anni fa, avevamo un forte picco di domanda in estate. La manodopera del carrozziere italiano costava meno e il turista straniero ne approfittava. Il periodo estivo era quello di più intensa attività. Oggi tutto questo è finito: il costo del lavoro non è più così competitivo e anche il turista è più accorto nello spendere.
Addirittura a ferragosto le carrozzerie di Rimini e Riccione chiudono per ferie, come nei grandi centri. Oggi, inoltre, l’automobilista è più esigente: ha bisogno dell’auto entro poco tempo, per oggettiva necessità. Anche la massaia usa la vettura praticamente ogni giorno.
Renato Fusconi: Nonostante i veloci cambiamenti, riusciamo a soddisfare tutte le esigenze particolari della clientela anche perché facciamo questo mestiere da 40 anni vendendo non solo ricambi, ma anche tutti i servizi annessi e connessi, consulenza compresa. Le case auto stanno cercando di allargarsi con forza nel settore del ricambio, anche negando il rifornimento del ricambio col marchio della Casa ai rivenditori. Non credete che stiano rischiando di occuparsi di un business che non è il loro? In fondo vendere ricambi è cosa ben diversa che costruire il bene auto. Dico costruire perché anche per venderla hanno bisogno del concessionario...
Antonio Fusconi: Infatti quando si compra un ricambio, lo si fa perché “costretti”. L’atteggiamento è quasi diametralmente opposto a quello che si ha quando si acquista un’auto. Questo diverso approccio lo conosciamo bene e abbiamo imparato a rapportarci di conseguenza. Siamo radicati direttamente sul nostro territorio con un’efficiente struttura di 21 dipendenti della quale la casa auto non sostiene alcun costo. Il magazziniere di un solo concessionario fa molta fatica a gestire il suo stesso piccolo magazzino. Come può curare completamente le esigenze dell’officina allo stesso modo di come lo facciamo noi?
Renato Fusconi: Senza contare la disponibilità minimale di ricambi dei concessionari. Se si vuole fare una distribuzione ben fatta e al passo coi tempi occorre investire parecchio nel magazzino. Perché le case auto non sono in grado di lavorare bene come voi: la loro struttura creerebbe diseconomie di scala o cos’altro?
Antonio Fusconi: Ovviamente il nostro è un punto di vista interessato. Ma la forza insita nel radicamento territoriale del distributore indipendente forse non viene compresa agli alti livelli dirigenziali delle case auto. Le loro idee sono certo grandiose, ma seguire capillarmente il carrozziere che telefona arrabbiato perché il pezzo non è arrivato in poche ore, non credo sia il loro mestiere. Noi riusciamo ad abbinare le economie logistiche derivanti dalla centralizzazione in Cent.a.r. con l’azione quotidiana dei punti vendita personali dei soci che presidiano il territorio in prima persona. Siamo quotidianamente a contatto coi nostri clienti e coi loro problemi. Inoltre, parliamo fra noi e sviluppiamo tutte le vicende aziendali dei soci almeno una volta al mese. Ci scambiamo idee ed esperienze in continua evoluzione, sempre al passo coi tempi. Oltretutto siamo meglio calati nella realtà in cui operiamo. Talvolta, per esempio, dobbiamo verificare la correttezza dell’ordine direttamente in officina, poiché tanti carrozzieri fanno fatica a distinguere esattamente il tipo di vettura. Se succede questo in una realtà avanzata e ad alto reddito come quella della Romagna, cosa succede in altre parti del Paese?
Antonio Fusconi: Uno dei grandi vantaggi competitivi del distributore indipendente consiste proprio nel fatto che l’Italia è un Paese “lungo e stretto”. Esistono tanti mercati sub-regionali che nessuno meglio dell’indipendente è in grado di conoscere e servire, perché nella maggior parte dei casi è nato nel luogo in cui opera. Lo verifichiamo continuamente anche alle riunioni del Corit di Torino, il consorzio nazionale di cui facciamo parte.
Renato Fusconi: Crediamo, in definitiva, che difficilmente le case auto possano essere a contatto due volte al giorno con lo stesso cliente come facciamo noi, raccogliendo gli ordini e ascoltando le esigenze espresse. Direi che il nostro servizio è, per quanto possibile, addirittura personalizzato.
Eppure, quando parliamo ai rappresentanti delle case auto delle problematiche specifiche della zona che noi conosciamo bene, molte volte non veniamo ascoltati. Parlano solo di budget, non si preoccupano se e come è possibile raggiungerlo. Quali sono le informazioni che voi ritenete importanti per le case auto e che queste non vogliono ascoltare?
Antonio Fusconi: Si tratta di informazioni di marketing riguardanti le sensibilità relative ai tempi di consegna e ai prezzi di una determinata zona rispetto a un’altra o, più semplicemente, sul tipo di prodotto che il mercato richiede. Molte Case ci hanno, per esempio, obbligato a mantenere in magazzino prodotti che si vendevano pochissimo. Se domani non ci vendono più l’originale, questo rimane nei loro magazzini, e le informazioni relative ai mercati locali dovranno cercarsele da soli e dovranno costruire strutture di distribuzione a proprie spese.
Ma nonostante i loro immensi mezzi, non conoscono il territorio come chi ci è nato. Sono inoltre abituati a vedere il concessionario non come un partner col quale vendere ricambi, ma come uno a cui accollare milioni di euro di merce che, magari, rimane invenduta. È già successo che, a causa delle eccessive giacenze e al tempo stesso per non potersi permettere di assumere il personale necessario per gestirle al meglio, alcuni concessionari siano falliti. Voi, ad esempio, che trattate solo i ricambi di carrozzeria, quanto capitale avete investito in magazzino?
Antonio Fusconi: circa un milione e mezzo di euro, con un indice di rotazione che oscilla da tre milioni e mezzo a quattro milioni e mezzo, secondo il periodo...
Renato Fusconi: Investiamo tanto proprio perché vogliamo mantenere alto il livello di servizio. Il nostro indice di rotazione potrebbe esser ancora maggiore se gestissimo solo i prodotti più richiesti. Ma non vogliamo farlo proprio perché abbiamo creduto, e continuiamo a credere, nella specializzazione.
Antonio Fusconi: Possiamo farlo perché siamo in tanti soci. Se ognuno fosse da solo, i rispettivi magazzini dovrebbero essere moltiplicati. I soci fondatori di Cent.a.r. hanno avuto l’idea di sfruttare le economie logistiche di scala quasi 30 anni fa, quando nel nostro settore quasi nessuno sapeva che cos’erano.
Renato Fusconi: Consideriamo inoltre che ogni socio ha magazzini di proprietà di 1.000/2.000m2. Non capisco che vantaggio abbia una casa auto a smobilitare strutture come le nostre che, oltre a funzionare bene, non le costano nulla. Non c’è il pericolo che, data questa politica delle case auto, il distributore al quale non vengono più passati gli originali, da partner si trasformi in concorrente?
Renato Fusconi: Ovviamente, se c’è un solo modo per salvarci, lo metteremo in pratica. Sfruttando tutte le conoscenze che possediamo del territorio e della nostra clientela. Abbiamo già valutato la qualità dei vari prodotti sostitutivi e l’opportunità di proporli più spesso ai nostri clienti, nonché quali marche proporre a seconda del pezzo. Qual’è attualmente la quota di ricambio originale sul totale del fatturato?
Renato Fusconi: Siamo attorno al 70%. Qual’era la quota di 10 anni fa?
Renato Fusconi: Circa il 60%. Perché questa tendenza di crescita dell’originale?
Antonio Fusconi: Oggi i modelli di auto in circolazione sono molto più numerosi e cambiano spesso. I costruttori di prodotto equivalente faticano di più a rifornire il mercato.
Paolo Brunelli: Fra la prima e l’ultima Fiat Punto, ad esempio, ci sono 25 tipi di paraurti.
Antonio Fusconi: C’è da aggiungere che, negli ultimi quattro anni, c’è stata una forte riduzione del differenziale di prezzo fra il prodotto originale e quello equivalente. Dieci anni fa la distanza era del 50-60%, se non maggiore. Oggi che il gap è molto inferiore, il carrozziere pensa che sia meglio montare l’originale per andare a colpo sicuro nei confronti del cliente, pur mantenendo un buon margine di profitto. Oltretutto, nella maggior parte dei casi, negli interventi di carrozzeria entrano in scena le Assicurazioni. Queste non incentivano l’equivalente e, di conseguenza, per togliersi ogni problema, il carrozziere ordina l’originale: tanto paga l’Assicurazione... Sulla carrozzeria, dove la tecnologia contenuta è inferiore rispetto alle parti motore o elettroniche, le case auto non rischiano di perdere le altissime quote di mercato attualmente occupate anche grazie all’azione dei canali indipendenti, se questi saranno poi costretti e fortemente motivati a proporre solo l’equivalente?
Antonio Fusconi: Riprendendo il discorso sul ruolo delle Assicurazioni, se queste vorranno essere più competitive è ovvio che dovrebbero incentivare l’equivalente, se non altro per risparmiare. Se la globalizzazione e la concorrenza comincerà a colpire anche il settore assicurativo, forse qualcosa si muoverà. In altri Paesi, per esempio la Gran Bretagna, le Assicurazioni riconoscono la possibilità di montare ricambi equivalenti, e lo fanno nel loro stesso interesse. Cerchiamo di metterci nei panni delle case auto per capire la loro logica. Con la legge Monti sembra che, nell’interesse dei consumatori, venga liberato spazio a favore del ricambio equivalente. Il distributore non doveva aspettarsi un trattamento migliore dalle case auto, proprio per evitare che l’equivalente prendesse troppo spazio?
Antonio Fusconi: In effetti, al di là della preoccupazione che ne riceviamo, siamo rimasti sorpresi e delusi della novità di cui stiamo discutendo. Abbiamo una struttura già esistente che non costa nulla ai costruttori e questi, invece di agevolarci, ci tolgono il terreno da sotto i piedi. Non riusciamo proprio a capire che vantaggio possono trarre le Case da tale iniziativa.
Renato Fusconi: Probabilmente sperano di arrivare a una posizione di semi-monopolio, imponendo le loro condizioni per compensare le perdite che hanno sul mercato dell’auto, occupando fette maggiori di quello del ricambio. Ma alla fine, anche per questioni giuridiche riguardanti le leggi sulla concorrenza, dubito che potranno realizzare quello che si prefiggono. Riusciranno solo a danneggiare i distributori. Le case auto rischiano dunque di fare del male agli altri per farlo a se stessi, non riuscendo a comprendere i propri limiti?
Antonio Fusconi: La mentalità della casa auto è storicamente orientata al prodotto finito: non riuscirà a riadattarsi, attraverso strutture proprie o i concessionari auto, al settore ricambi. I dipendenti, giustamente, lavorano da dipendenti: non si può pretendere che si impegnino come se fossero interessati in prima persona. I concessionari devono pensare più che altro a vendere automobili. Fare a meno di strutture già esistenti, radicate sul territorio e di provata efficienza, non è molto comprensibile, nemmeno dal punto di vista delle Case. Poniamo che, in ogni caso, tutte le case auto decidano effettivamente di non rifornire più i ricambi originali a rivenditori e distributori indipendenti. Quali possono essere le vostre eventuali contromosse?
Renanto Fusconi: Alcune Case si sono già mosse in tal senso. Altre sono in attesa di prendere decisioni. Il 2004 sarà l’anno decisivo. Anche perché, giova ripetere, bisognerà verificare la correttezza giuridica dell’iniziativa che, ci sembra, vada in direzione diametralmente opposta allo spirito di liberalizzazione della legge Monti.
Antonio Fusconi: Potremmo cercare di spingere al massimo l’equivalente, magari sperimentando anche forniture da aziende straniere. Fino ad oggi abbiamo spinto sempre l’originale perché non pensavamo che le case auto avrebbero preso una decisione del genere. Incrementeremo i contatti con i costruttori di ricambi equivalenti per poter aumentare il livello di servizio. Anche portando il nostro cliente sul luogo di produzione, per dimostrargli in prima persona come si costruisce il pezzo, in modo da rassicurarlo sulla qualità dello stesso. Potremmo anche creare officine di proprietà, magari in franchising, su cui convogliare i nostri articoli. Cercheremo di informare meglio la nostra rete di clientela sulle possibilità e le caratteristiche tecniche del ricambio equivalente, attraverso varie iniziative di marketing e promozionali. Anche perché la qualità dell’equivalente è effettivamente assai migliorata. Alcuni prodotti di carrozzeria sono addirittura “perfetti”. Pochi riescono a distinguerli dagli originali. Credete che i progressi nella tecnologia di produzione e la maggiore presenza di parti in plastica della carrozzeria possano facilitare il compito ai costruttori di ricambio equivalente?
Antonio Fusconi: Certe parti di carrozzeria, per esempio i paraurti, richiedono ancora un investimento iniziale piuttosto elevato. È vero però che la globalizzazione aiuta molto: c’è maggiore possibilità di scelta rispetto a vent’anni fa. Oggi i ricambi si fanno anche in Cina, dove la qualità ha raggiunto veramente livelli “equivalenti”. L’informazione su chi fa che cosa, dove e a che prezzo è di più facile reperibilità. Potremmo allearci con altri ricambisti a livello nazionale (o anche internazionale) per ottenere condizioni più vantaggiose sui costi di commessa e su quelli di trasporto. Insomma: le possibilità ci sono. Se ci costringono a sfruttarle...