Articoli | 01 June 2007 | Autore: Tommaso Caravani

Speciale ricambi rigenerati - Non chiamatela “vecchia carcassa”

Le previsioni sul rigenerato si sono rivelate esatte: oggi le parti rimesse a nuovo sono una realtà importante del mondo del ricambio e la tendenza è ancora in crescita. di tenuta di strada; il mercato, invece, patisce l’evoluzione tecnologica e l’ammortizzatore vende sempre meno.

Un mercato in crescita, ma che in Italia stenta ancora ad affermarsi come fenomeno generalizzato. Come sempre, quando si prova a risalire a delle responsabilità ci si trova di fronte al solito “scaricabarile” all’italiana: ogni attore di questo mercato (azienda di rigenerazione, distributore, negozio di ricambi e autoriparatore) dà la colpa agli altri, questo nonostante il mercato sia comunque in crescita, ma i numeri potrebbero essere molto maggiori.
È un dato di fatto che in nord Europa, negli Stati Uniti e addirittura in Spagna, questi ricambi rappresentino una solida realtà, mentre in Italia si tratta ancora di un fenomeno di nicchia. Eppure le opportunità ci sono: i costruttori di automobili, infatti, sono costretti a realizzare vetture sempre più riciclabili (circa 85% dovrà esserlo entro il 2015) e l’unica maniera di centrare un così ambizioso traguardo sarà quella di progettare i componenti già in funzione di un loro possibile reimpiego.
Analizziamo allora vantaggi e svantaggi dei ricambi rigenerati, tenendo sempre presente che tra questi ricambi e quelli nuovi la differenza non è solo il prezzo.

Il ricambio“on demand”
Il primo vantaggio della rigenerazione dei ricambi è sicuramente la gamma. Se un cliente porta in officina una vettura di una certa età, magari non troppo diffusa ai tempi della commercializzazione, sicuramente trovare i ricambi necessari per la riparazione non sarà impresa facile. Per molte parti, però, esiste l’alternativa dei ricambi di rotazione, o della rigenerazione del componente stesso.
Nonostante la terminologia non aiuti, infatti, tra i due tipi di ricambi, esiste una differenza: i ricambi di rotazione sono quelli che talune aziende prelevano dal mercato e rigenerano presso la loro sede, creando così un magazzino di stock che serve per venire incontro alle esigenze di rapidità dell’autoriparatore. Unica condizione è che, una volta consegnato il componente e installato dall’autoripatare, venga restituita la carcassa della parte sostituita, in modo da tenere rifornito il magazzino del rigeneratore.
Se però il ricambio non è presente in magazzino, è possibile un’ulteriore possibilità, a discapito ovviamente del tempo: l’autoriparatore può provare a consegnare il componente direttamente alla società di rigenerazione, che provvederà a ripristinarlo rendendolo indistinguibile dal nuovo.

Rigenerato: ecologico, ma soprattutto economico
Il secondo vantaggio nell’utilizzo dei ricambi di rotazione è meno immediato rispetto al precedente, ma rappresenta un punto di forza da non sottovalutare. La società è sempre più attenta alla tematica ecologica dei processi produttivi. In particolare l’auto, denigrata spesso in maniera esagerata rispetto al reale impatto che ha sull’ambiente, è sempre più vista come un prodotto dannoso per la salute dell’uomo, specialmente nei centri urbani. A questo proposito è importante sottolineare come l’utilizzo di ricambi di rotazione rappresenti un grande contributo alla salvaguardia dell’ambiente: produrre un ricambio nuovo, infatti, ha dei costi energetici molto superiori al ricondizionamento di uno vecchio. Per fare un semplice esempio, basti considerare le emissioni di CO2, cioè l’anidride carbonica. Stante che questo gas non inquina, ma contribuisce all’incremento del famigerato “effetto serra”, la rigenerazione di un motorino di avviamento produce circa un chilogrammo di anidride carbonica, mentre la produzione dello stesso pezzo nuovo arriva a circa dieci chilogrammi.
Se tuttavia l’aspetto ecologico di questo tipo di ricambi può essere visto come non decisivo per il loro impiego in luogo di quelli nuovi, analizziamo un fattore che di certo rappresenta un’attrattiva molto più concreta e di sostanza: il prezzo.
Proprio questa leva è quella che dovrebbe far sì che i ricambi di rotazione diventino a breve uno dei principali mercati dell’autoriparazione in Italia. Il risparmio nell’utilizzo dei ricambi rigenerati è infatti notevole: si passa da un minimo del 20% in meno per alcuni prodotti più complessi a oltre il 50% per quelli di maggiore diffusione.
Ma da cosa dipende l’oscillazione del prezzo? Ovviamente dal tipo di lavorazione cui deve essere sottoposto il componente. Non solo, nel conto, infatti, finiscono anche le spese per la movimentazione del reso la domanda di quel tipo di ricambio: più è alta, minore sarà il suo prezzo.

Dal reso al rinnovato
Il primo step che incide sulla realizzazione di un ricambio di rotazione è il processo di lavorazione. Non tutti i ricambi hanno necessità di lavorazioni omogenee. Basti pensare a un gruppo motore completo, in cui sono necessarie operazioni di rettifica e lappatura (entrambe costose e dai tempi non brevi), oppure a un’idroguida, che non solo richiede una revisione completa con la sostituzione di molte parti (cuscinetti in primis) ma, essendo un componente di sicurezza, necessita di impegnativi collaudi prima di essere reimmessa sul mercato. Stesso discorso per pinze freno, semiassi e tutti gli altri componenti meccanici. In questo frangente, ovviamente, un ruolo fondamentale è svolto dall’azienda di rigenerazione: se chi rigenera il componente è dotato di macchinari tecnologicamente avanzati al tempo stesso è in grado di abbattere i costi di rigenerazione e garantire la sicurezza del pezzo stesso.
Altra voce di costo del ricambio rigenerato è sicuramente la gestione del reso. In Italia, infatti, la movimentazione di parti meccaniche richiede il superamento di non pochi balzelli burocratici: dalla bolla di accompagnamento fino al trasporto di componenti potenzialmente dannosi per l’ambiente. È infatti proprio su questo punto che si giocano molti problemi relativi alla riconsegna della carcassa sostituita, condizione necessaria per innescare il circolo virtuoso del ricambio rigenerato. Alcuni ricambi, come le scatole guida, i cambi e i semiassi (solo per fare alcuni esempi), contengono lubrificanti e in ogni caso, non sono lindi e puliti come un ricambio nuovo al momento della restituzione. Per questo la legge impone l’utilizzo di speciali imballi che prevengano il rilascio di sostanze inquinanti nell’ambiente.
La soluzione che sempre più sta prendendo piede in Italia è quindi quella di fornire il componente rigenerato in un imballo specifico che poi, lo stesso autoriparatore, deve utilizzare per il rinvio del vecchio. Si tratta quindi di una soluzione leggermente macchinosa, che sta però dando i suoi frutti. Secondo molti attori sul mercato, tuttavia, la gestione del reso meriterebbe una maggiore attenzione da parte delle istituzioni, proprio in virtù della semplificazione di un processo che porta numerosi vantaggi all’ambiente.

Piccoli e grandi della rigenerazione
In Italia, ma anche in Europa, il mercato della rigenerazione segue un trend di crescita che non sembra arrestarsi. A dividersi il mercato si possono contare almeno tre diversi tipi di attori: le case auto, i componentisti e le società che si occupano esclusivamente di rigenerazione.
È significativo notare che la più grande azienda in termini di volumi di ricambi rigenerati in Europa sia il gruppo Volkswagen. Le case auto, quelle tedesche in particolare, hanno puntato molto su questo tipo di ricambio, sia perché con l’introduzione della end-of-life vehicle tutti i produttori di veicoli sono costretti a riciclare una quota molto ampia delle loro vetture, sia perché tale procedimento consente un buon margine di guadagno, nonostante il prezzo finale sia più basso di quello del nuovo.
Tuttavia il marchio della casa automobilistica è un plus evitabile. Oggi sono molte realtà, in Italia e in Europa, in grado di offrire ottimi lavori di revisione garantendo un alto livello qualitativo. Tra questi sicuramente compaiono componentisti di primo impianto: Valeo, TRW, Hella e Bosch sono nomi che propongono lavorazioni di alta qualità, considerando anche che molte delle operazioni di rigenerazione avvengono sulle stesse linee di produzione del primo equipaggiamento.
Oltre ai “soliti noti” poi, sono moltissime le aziende che effettuano rigenerazione con alti standard qualitativi. Per citare solo un paio di casi ricordiamo l’Officina A.Selva di San Lazzaro di Savena (BO), che si è specializzata nella rigenerazione di idroguide e servosterzi, con il risultato che oggi rappresenta una realtà internazionale specializzata in questi ricambi. Salendo più a nord si incontra General Ricambi, un colosso della rigenerazione che oramai acquista e vende in tutto il mondo. Tante realtà in grado di offrire servizi e prodotti, ma esiste comunque un limite che le aziende non possono superare: la tecnologia.

Un caso esemplare
L’ultimo esempio in termini di tempo è quello dei turbocompressori. Questi prodotti hanno da sempre beneficiato di un allungamento della vita utile di lavoro grazie alla rigenerazione. È sufficiente riconsegnare una turbina (magari grippata) a una società di rigenerazione per vedersene fornire una revisionata. È di qualche mese fa però la notizia che uno dei più importanti produttori di turbine, che da sempre ha sostenuto la rigenerazione dei propri prodotti, anche supportando direttamente le officine meccaniche, ha stabilito che i nuovi gruppi di sovralimentazione non saranno più revisionabili. Questo perché la tecnologia utilizzata richiede dei processi troppo complessi per rendere il prodotto revisionato competitivo sul mercato. Ma non basta, il solo processo di assemblaggio che la turbina subisce durante la produzione, viene effettuato con macchinari talmente precisi che un’eventuale intervento potrebbe rovinare definitivamente la turbina.
Ovviamente questo problema si presenterà nel prossimo futuro, quando le nuove e tecnologiche turbine diventeranno uno standard su tutte le vetture. Eppure è bene tener presente come la sempre maggiore presenza di elettronica e l’aumento della precisione nella costruzione meccanica (con tolleranze alle volte inferiori al micron) rappresenti un limite per il processo di rigenerazione.

La resa del reso
C’è, infine, un ulteriore aspetto da analizzare nel processo di rigenerazione dei ricambi auto. In questo particolare settore, infatti, il ruolo di meccanici e ricambisti è particolarmente importante. Sono proprio questi attori a doversi far carico della riconsegna del reso, un’operazione che, come abbiamo detto, può risultare complessa e costosa in termini di tempo. Secondo molti produttori, infatti la “colpa” della poca diffusione dei ricambi di rotazione è proprio degli ultimi anelli della catena distributiva. Una situazione che però non è così aderente alla realtà. Il vero problema dei ricambi rigenerati è, infatti, negli spazi richiesti per la movimentazione di così tanta merce. Oltre alla tradizionale scorta di ricambi per la copertura degli ordini, infatti, l’azienda di revisione deve tenere in magazzino anche i resi da revisionare, con il risultato che i volumi impegnati sono il doppio di quelli di una normale azienda di distribuzione.
La soluzione che molte aziende hanno adottato è quindi quella di stoccare parte dei resi all’aperto, in grandi cassoni. Uno stratagemma che secondo Margarete Seitz, autrice del libro “Remanufacturing, supply chain managment and sustainability” crea numerose inefficienze produttive, con l’inconveniente di aumentare i costi di rigenerazione: in primo luogo i materiali all’aperto si rovinano rendendo più lungo il processo, in secondo luogo una non attenta catalogazione dei componenti in arrivo richiede un tempo maggiore per il ritrovamento di quello cercato.
Tuttavia esistono ancora altri fattori, sempre secondo la Seitz, che frenano la crescita dei rigenerati. Tra questi sicuramente la mancanza di un controllo qualità certificato.

Le regole che fanno bene al mercato
In questo caso il problema è che non tutti i ricambi rigenerati possono garantire la stessa qualità. Il problema è proprio che, a fronte di numerose aziende che effettuano i lavori in maniera perfetta, alcune, poche, sono invece più approssimative, con il risultato che il danno di immagine è molto diffuso e grave. Se, infatti, un autoriparatore utilizza un ricambio rigenerato e ha un problema, darà la colpa sicuramente al tipo di ricambio, cosa che invece non avviene se utilizza il nuovo.
Visto però che, al momento, non esistono regole certe per la rigenerazione dei ricambi (se non la loro sicurezza), è necessario che siano le stesse aziende a fornire ai clienti certificazioni in merito alla qualità dei propri prodotti, che possono, in maniera inequivocabile, dimostrare che il processo di rigenerazione è stato eseguito secondo norme precise e da tecnici qualificati e aggiornati.

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