La storia di Palmerini Autoricambi insegna come sia importante guardare al mercato con lungimiranza, cogliere le occasioni e avere l’umiltà di chi non pensa di avere in mano la verità, ma cerca confronto e collaborazione al fine di creare le giuste sinergie per affrontare il futuro.
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Giuseppe Palmerini, entrato in azienda nel 1976 per lavorare a fianco del padre Rino e seguito dopo qualche anno anche dal fratello Antonello, ha portato con sé tutta la sua voglia di innovare e sperimentare, realizzando negli anni numerosi progetti che hanno segnato dei passaggi importanti per lo sviluppo e la crescita di quello che oggi è il gruppo Palmerini, un’azienda famigliare giunta alla terza generazione, grazie all’ingresso dei cinque figli di Giuseppe e di Antonello.
Oggi il gruppo Palmerini è un’azienda solida e ben strutturata, che sviluppa un fatturato di 20 milioni di euro e si dichiara pronta a scendere in campo per affrontare nuove sfide.
Giuseppe Palmerini ne è il portavoce, ma – ci tiene a precisare in questa intervista – “si deve cercare di creare valore aggiunto, insieme, e con la massima umiltà mettersi al lavoro, per portare avanti i progetti con grande soddisfazione e garantire un futuro anche alle nuove generazioni”.
Le novità che hanno segnato la storia
Non è facile riuscire a riassumere in breve una storia così densa di passaggi e tappe fondamentali, ma ciò che possiamo fare è cercare di identificare, anche alla luce delle trasformazioni del settore automotive, quelle che sono state le novità che hanno cambiato l’approccio al mercato della Palmerini, nata come un’attività di vendita di ricambi auto, moto e cicli.Innanzitutto Palmerini è stato un precursore del concetto di servizio all’officina: la prima novità introdotta da Giuseppe negli anni 70, infatti, fu quella di visitare l’officina e organizzare un sistema di consegna a domicilio, in un settore che era solito vendere esclusivamente al banco, includendo nell'offerta anche ricambi per vetture straniere: un generalista in un mondo popolato di specialisti.
Un’altra novità importante - e che possiamo dire abbia precorso i tempi – fu l’apertura di una nuova società basata sul moderno concetto di "One Stop Shop". Forse furono le difficoltà di approvvigionamento del territorio umbro che spinsero Palmerini, all'inizio degli anni 80, a creare una nuova attività di distribuzione interregionale, aprendo la società Seim Srl, che già allora trattava 15 diverse linee di prodotto. Di conseguenza fu costruita anche la nuova sede di Perugia, con 3.000 mq di magazzino, che per quei tempi erano spazi enormi, alla quale si aggiunsero altre filiali nelle regioni limitrofe: Toscana, Marche e Abruzzo, con un potenziamento importante a livello di logistica, gamma e portafoglio prodotti.
Negli anni 90 parte il progetto APS, Auto Parts Service, che cambia la prospettiva: si basa sul concetto di creare un’unica filiera comprendente distributore, ricambista, officina e automobilista, partendo dal basso per ottenere la soddisfazione del cliente, con una serie di servizi esclusivi che offrano all'automobilista la garanzia e l’assistenza post riparazione; all’officina indipendente una nuova immagine, con un programma di riqualificazione; al ricambista prodotti alternativi a marchio proprio, con un servizio di logistica dedicata e servizi per costruire una rete di fidelizzazione tra il distributore, il ricambista e l’officina.
In tutto questo Palmerini, sempre negli anni 90, si dedica anche al mondo delle revisioni, aprendo una società dedicata a questo settore, che oggi conta sei centri dislocati in Umbria e bassa Toscana.
Nel 2000 l’azienda si lega al gruppo spagnolo Cecauto ed espande i propri orizzonti con un network estero in Europa. L’azienda è oramai diventata un gruppo con tre diversi settori di riferimento: l’industria, seguita in prima persona da Rino Palmerini; la distribuzione ricambi, gestita da Giuseppe; il negozio con la vendita ricambi condotto da Antonello.
A seguito dell’entrata in vigore della prima Legge Monti, nel 2004, Palmerini stringe un accordo con General Motors per la distribuzione e vendita dei prodotti e servizi a marchio ACDelco; una collaborazione che poi sfocerà - per cause non imputabili al gruppo umbro - in una crisi e alla chiusura della partnership.
Da gruppo solido quale era ed è tuttora, Palmerini riparte con nuovi progetti con APG (Auto Parts Group) e stringe un importante accordo con il colosso Gazpromneft e lancia sul mercato i primi prodotti a marchio APG: una linea di lubrificanti e una di batterie.
In questi anni è continuata la crescita del gruppo, che si è impegnata nel consolidamento della struttura e delle diverse attività, in un’ottica imprenditoriale che ha messo in campo investimenti adeguati per rimanere competitivi e sempre pronti a rispondere alle nuove esigenze di un mercato che cambia.
Ricambista e distributore: la terza via dell’indipendenza
Impresa famigliare, che si mette in gioco in prima persona, che crede nella necessità di “inventare” il proprio lavoro portando avanti progetti lungimiranti che vadano oltre la commercializzazione dei prodotti.L’esperienza Palmerini è quella di chi ha attraversato tutte le fasi di cambiamento dell’aftermarket indipendente e ciò gli consente di avere una visione a tutto tondo su questo mercato. Con Giuseppe Palmerini abbiamo dunque parlato delle trasformazioni in atto e dei nuovi progetti del gruppo.
Le trasformazioni in atto nel mercato della distribuzione ricambi e l’evoluzione tecnologica dell’auto hanno un forte impatto su tutta la filiera aftermarket: quale pensa sia il ruolo del ricambista oggi?
Il ricambista classico non esiste più o quanto meno andrà sempre più trasformandosi: non sarà più solo un tramite nella commercializzazione dei ricambi, ma deve essere parte di un progetto più grande, che tenga conto delle esigenze dell’autoriparatore. Come Palmerini anche noi abbiamo sempre dato un’importanza strategica al servizio, ma oggi è fondamentale mettersi in gioco, perché l’officina ha bisogno di avere molto di più: non solo ricambi, ma formazione e supporto.
Quali sono a suo parere le scelte e le decisioni a cui è chiamato un ricambista oggi per rimanere competitivo? In altre parole: è meglio rimanere indipendenti, affiliarsi a un gruppo / consorzio o esiste una terza via?
Come dicevo, oggi è sempre più necessario andare oltre e farsi portavoce di un progetto di largo respiro. Per quanto ci riguarda stiamo prendendo contatti con altre aziende per far partire un nuovo progetto, non vogliamo creare un nuovo gruppo d’acquisto, ma crediamo anche che rimanere da soli non sia la strada da seguire: ci vuole una vera alleanza fra imprenditori.
Mi spiego meglio. L’imprenditore è colui il quale si mette in gioco in prima persona, conosce le aziende, il mercato, le persone e il lavoro, non è semplicemente un manager finanziario che gestisce le risorse di altri e insegue un fatturato, ma è uno che collabora concretamente con gli altri, sposa un progetto e ci lavora.
Noi vogliamo aprire un dialogo con altri imprenditori, un po’ come succede già all’estero, per creare una realtà di massimo una trentina di aziende omogenee fra di loro, che condividono una stessa mentalità e modo di lavorare. Lo scopo è quello di creare un centro di servizi performante, che possa offrire un sostegno concreto alle officine su tutto il territorio, realizzando un network di qualità certificata.
Dobbiamo investire nelle officine perché il loro lavoro sta cambiando molto e hanno sempre più bisogno di un supporto. Vogliamo procedere un passo alla volta, partendo dal Nord per arrivare ad avere almeno un referente in ogni regione, coinvolgendo un migliaio di officine.
È fondamentale che le aziende siano omogenee come dimensioni e struttura, aziende famigliari, snelle e aperte, perché la vera difficoltà è mettere insieme tante teste pensanti e superare il tipico individualismo italiano.
Il nostro progetto coinvolge ricambisti con caratteristiche da distributore, per creare una logistica integrata, e officine qualificate multiservice, che sappiano offrire all' automobilista tutto quello che è necessario come assistenza e riparazione. Anche i fornitori verranno selezionati seguendo una logica di qualità del prodotto. La tipologia preferita è quella dei produttori, così da valorizzare gli imprenditori (più flessibili rispetto alle multinazionali), offrendo al massimo un paio di alternative per linea di prodotto e un private label legato al network.
Le parole chiave di questa realtà, che stiamo costruendo, sono alleanza e sinergia, perché ciascuno deve poter valorizzare le proprie competenze specifiche e metterle al servizio di tutti; dobbiamo dividerci i compiti e scegliere chi può portare avanti il gruppo anche in futuro.
Come vede il futuro dell’aftermarket in Italia e la vostra azienda in questo contesto?
Quello italiano è il secondo mercato di riferimento per il settore automotive e pertanto interessa a molti. Io penso ci sia spazio per tutti, ma per andare avanti bisogna pensare a delle realtà di servizi che includano anche la vendita di ricambi, superando il concetto tradizionale del ricambista separato dal distributore.
È importante cogliere le opportunità che questo momento di crisi e trasformazione del mercato ci offre, ma senza improvvisarsi. Bisogna saper scegliere i partner con cui collaborare, dare certezze concrete a chi lavora, investire nei progetti e mettersi in gioco.
Dobbiamo pensare anche alle nuove generazioni che entrano in azienda e ragionare in un’ottica di ampio respiro, guardando al futuro con forti motivazioni per diventare una realtà multiservizio.
Quello che stiamo facendo oggi è un primo passo in questa direzione.