Giuseppe Nanula, ricambista e gestore di un blog del settore, in questa intervista racconta la sua visione delle trasformazioni future del mercato aftermarket.
Dal suo punto di vista, nelle vesti di ricambista e gestore di un blog del settore, come vede il futuro del mercato aftermarket e l'ingresso di nuovi big player?
Per quanto riguarda il futuro a medio e lungo termine credo che nessuno possa prevedere scenari più o meno attendibili. Proprio il prossimo decennio, infatti, sarà cruciale, e ogni giorno arrivano input anche molto pessimistici in tal senso:
Si guadagnerà sempre meno.
Sarà necessario riuscire ad investire su linee di prodotto non ancora molto diffuse, ma con potenzialità interessanti.
I “big player” faranno “mambassa” dei piccoli.
È molto probabile che accada, ma non necessariamente ovunque. Come è evidente a tutti, lo Stivale presenta condizioni economiche e culturali differenti. Nelle aree più ricche i piccoli ricambisti potrebbero essere letteralmente spazzati via dalle multinazionali. Ma in altre zone ci sarà ancora bisogno di piccoli imprenditori locali.
Con le auto elettriche siamo destinati al fallimento.
In questo caso probabilmente si tratta di un eccesso di pessimismo, certo, l’auto elettrica arriverà, ma ci vorranno anni.
Da anni si parla di filiera a tre passaggi (distributore - ricambista - officina) e filiera a due step. Oggi, però, qualcosa inizia a muoversi: secondo lei il futuro sarà di distributori che acquistano ricambisti o di ricambisti associati tra loro?
Sono sincero: tra i ricambisti al dettaglio credo siano quasi impossibili partnership spinte. Troverei le cause nella scarsa informatizzazione e nell’italico individualismo.
Avendo lei un negozio di ricambi, quali sono le evoluzioni che vede negli autoriparatori? Cosa servirebbe oggi per supportare le attività nel futuro?
Nel nostro mercato è evidente una sorta di strana metamorfosi. A dispetto degli studi che prevedono da trent’anni la scomparsa delle micro officine, personalmente noto una loro crescita, a dispetto di quelle di piccola-media grandezza. Non più di due-tre addetti, con attrezzatura moderna e gestione rapida e forse più umana del cliente.
Aggiungerei che non basta disporre della diagnosi computerizzata per affermare di essere un “meccatronico”. Gli autoriparatori dovranno adattarsi alle nuove tecnologie proposte dalle case automobilistiche e alle esigenze della clientela. Penso alla riparazione e alla ricalibrazione dei sistemi ADAS, ma anche alle piccole nicchie, come l’installazione di apparecchiature di aiuto per i diversamente abili, che necessitano di strumentazioni molto costose e personale altamente qualificato. Il claim “evolversi per non estinguersi” funziona sempre.
Cosa deve fare un ricambista oggi per rimanere competitivo?
Sarei banale nel riassumere tutto in “innovarsi e adattarsi ai tempi”. Tra le tante, la principale arma a disposizione del ricambista è quella di investire nelle novità, ma anche nel nostro core business: il magazzino
Oggigiorno, a mio avviso, molti ricambisti non hanno più il coraggio di “fare magazzino” come si dice in gergo. La velocizzazione dei trasporti invoglia ad affidarci alle giacenze dei nostri distributori, impoverendo le nostre. Questo si traduce in servizio meno efficiente che alla lunga potrebbe essere un danno.
Quali sono oggi le leve per conquistare un'officina?
Fargli capire che la nostra figura è indispensabile. Oggi bisogna proporre un servizio a 360 gradi, qualunque cosa che un portale web, un distributore regionale o nazionale non sia in grado di fornire: da una analisi dello stock, calibrata sulle esigenze della clientela, al rapporto umano.