Marco Martina, partner di Deloitte, tratteggia lo scenario che attende gli operatori del settore nei prossimi anni: cosa funzionerà e cosa è destinato a fermarsi, con un occhio al post-vendita, vera possibile opportunità per il mercato.
Cambieranno i rapporti nelle filiere: tra case auto e dealer, tra distributori e ricambisti e tra tutti gli operatori e gli automobilisti, perché la verità è che il Covid-19 ha messo in discussione il nostro stile di vita, con l’aggravante di renderci tutti anche un po’ più poveri economicamente.Ecco allora che con Marco Martina, partner della società di consulenza Deloitte ed esperto del settore automotive, abbiamo provato ad analizzare, settore per settore, come il mondo dell’auto dovrà ripensare la sua filiera per ripartire e rimanere competitivo sul mercato.
Ma se la distribuzione auto sembra essere dominata dalla pandemia, tutto l’aftersales sembra avere ottime opportunità.
Qual è lo scenario nel quale ci troviamo e come vede l’evoluzione del mondo automotive?
Siamo di fronte a grandi cambiamenti che si vanno a innestare su trasformazioni che erano già in corso. Se prima tutti gli operatori erano concentrati sugli ADAS, le connected car, il powertrain ibrido e le soluzioni di mobility, con quello che è successo alcune priorità cambieranno.
Sostanzialmente, abbiamo due grandi impatti e non solo nell’automotive: la percezione del cliente e il crollo della capacità di spesa.
Questi due fattori sono destinati a ridisegnare il comportamento dei clienti.
Quali saranno i primi impatti diretti sul “mondo che conoscevamo”?
La mancanza di prossimità, tanto per fare un esempio, avrà effetti negativi sul mobility sharing, che è stato uno dei grandi trend degli ultimi anni.
Su questo comparto peserà in particolare il tema dell’igiene, che sarà sempre più importante. Ovviamente igienizzare i veicoli sarà un must, ma questo avrà ripercussioni sul costo del servizio che sarà destinato ad aumentare, rendendo quindi meno appetitosa l’offerta.
E riguardo il cliclo di vita dell’auto di proprietà pensa ci saranno cambiamenti?
È evidente che una maggiore povertà per l'Italia porterà una grande attenzione al denaro, intesto come “tutto e subito”. La priorità, insomma, sarà quella di salvare il portafoglio, con la conseguenza che aumenterà il ciclo di vita dell’auto.
Bisogna poi aggiungere che tendenzialmente faremo meno chilometri, quindi avremo auto più vecchie con chilometraggi relativamente più bassi rispetto a prima della pandemia.
Questa analisi ci porta quindi delle notizie negative per chi vende auto, ma positive per chi si occupa di assistenza. Infatti, potrebbero crescere i ricambi post garanzia e l’aumento dovrebbe essere superiore al calo dovuto al minor numero di chilometri percorsi.
Per chi si occupa di post vendita poi, e in particolare dell’indipendent aftermarket, ci sono altri fattori positivi di cui tener conto.
Ad esempio?
Il primo è legato alla distribuzione delle auto nuove. Un certo numero di concessionarie falliranno, è un dato di fatto. Probabilmente sarà messo in discussione anche il modello di “concessionaria” e si potrebbe ipotizzare un ritorno alle commissionarie, o almeno è una delle ipotesi più suggestive in questo periodo, anche perché nessuno vuole più alte esposizioni del rischio capitale.
Quindi, se fino a ieri avevamo un mercato di auto a km 0 con un “drogaggio” dal 5 al 10 %, già solo questo cambiamento potrebbe portare a un calo delle vendite del 10% .
Alcuni dealer, quindi, falliranno. Ma questo porterà un inedito problema di geolocalizzazione del servizio ed ecco allora che l’IAM potrebbe giocare un ruolo da protagonista nell’assistenza.
Ma questo succederà se i service indipendenti sapranno almeno confederarsi.
Dico questo perché quelli che negli Stati Uniti chiamano i “mama and papa shop” cioè le officine a conduzione familiare, sopravviveranno, dato che hanno costi di gestione minimi, ma dovranno avere accesso a servizi e formazione da grandi aziende e ciò si ottiene solo facendo squadra. Non ultimo, chi lavora con diagnostici multimarca è destinato a veder scendere i costi e a guadagnare sempre più flessibilità con l’invecchiamento del parco circolante.
E i fornitori?
Probabilmente i Tier 1 (le aziende fornitrici di primo impianto n.d.r.) staranno in piedi, mentre sarà più complicato per i Tier 2 (i sub fornitori di primo impianto n.d.r.); con molta probabilità quindi ci saranno più aggregazioni.
Per quanto riguarda I ricambi equivalenti diventeranno sempre più un elemento significativo.
Inoltre, bisogna considerare che probabilmente molti costruttori cercheranno di portarsi a casa modelli come il “pay per use“ rispetto alla vendita del nuovo e allora la stessa casa auto potrebbe acquistare ricambi equivalenti per mantenere le proprie auto con costi minori. Già oggi vengono usati i ricambi equivalenti per gestire le garanzie, spesso in concorrenza con il reparto aftersales della stessa casa auto.
Allora potrebbe verificarsi che il ricambio stesso potrebbe non essere marchiato con il brand della casa auto. Però nulla vieta che, a questo punto, si potrebbe arrivare ad utilizzare anche ricambi aftermarket.
Ha detto che molti dealer sono destinati al fallimento, ma questo non creerà un problema distributivo, anche per i reparti aftersales?
Sicuramente, infatti, l’altro aspetto che credo cambierà a breve è proprio quello relativo al fatto che il dealer sia l’unico distributore di ricambi originali. Questo modello prevede costi molti alti, perché gli stock periferici li paga sempre qualcuno. Se invece avessimo stock virtuali ci sarebbero altissimi risparmi.
Non solo, in termini di ottimizzazione, se il mercato riuscisse a mettere in campo una fase pre-diagnostica, si potrebbe conoscere in anticipo almeno l’80% dei ricambi necessari, gestendo molto meglio gli eventi e consentendo un grande risparmio.
Oggi, purtroppo, la logistica paga le imprecisioni delle officine.
E per quanto riguarda i negozi di ricambi?
Questo punto è piuttosto complesso da analizzare. La distribuzione, nel nostro paese, è sempre molto dipendente dall’opportunità fiscale offerta. Se non ci fossero opportunità, è ovvio che tutta la logistica giustificherebbe vantaggi di tipo aggregativo. D’altro canto stiamo assistendo, proprio a causa del Covid-19 a un estremo revamping dei negozi di prossimità e questo dovrebbe portare alla creazione di tante nuove catene, ma ovviamente il condizionale resta d’obbligo.