Paolo Morfino, CEO di Autodis Italia, ci ha raccontato come cambia l’azienda e quali sono gli scenari futuri dell'IAM.
Paolo Morfino è un manager con una importante esperienza tecnico-finanziaria in grandi gruppi internazionali, soprattutto in ambito automotive. Per capirlo basta vedere il suo curriculum: subito dopo la laurea entra in Renault, nel team che si occuperà dell’alleanza con Nissan, seguendo la genesi e l’evoluzione di tutti gli accordi che le due aziende posero in essere negli anni, compreso l’efficientamento della supply-chain.
Un’esperienza significativa, che lo porta a diventare in seguito CEO di importanti realtà nell’ambito della componentistica automotive, con qualche puntata anche nel mondo del lusso. Con un’esperienza internazionale, che si è sviluppata soprattutto tra Italia e Francia, dal 2017 guida Autodis Italia, con l’obiettivo, ancora una volta, di pilotare lo sviluppo di un gruppo in rapida evoluzione con importanti obiettivi di crescita, senza tralasciare l’efficientamento della gestione e dei processi.
Nonostante le premesse, Paolo Morfino è una persona pacata e disponibile, con un’alta considerazione del ruolo della distribuzione indipendente come attività di servizio al cittadino, o meglio, all’automobilista. Al di là del business, infatti, nel suo discorso traspare la consapevolezza di ricoprire un ruolo importante per garantire la mobilità delle persone e la solidità di una delle più importanti filiere economiche italiane ed europee.
Lo abbiamo incontrato per conoscere la sua visione sul futuro di Autodis Italia e dell’autoriparazione indipendente, proprio nel mezzo di una serie di cambiamenti societari che stanno ulteriormente trasformando il gruppo e, probabilmente, un’ampia parte di aftermarket italiano.
Iniziamo dall’assetto societario, al di là delle singole acquisizioni che stanno avvenendo e sono avvenute, qual è il punto di arrivo di Autodis Italia?
Oggi Autodis Italia è composta da nove società facenti capo a un gruppo internazionale. Abbiamo anche un’importante partecipazione nel consorzio Giadi e una centrale di acquisti con distributori affiliati dipendenti e indipendenti. Il nostro obiettivo è quello di centralizzare, alla fine del percorso, tutte le attività e tutti i progetti nella società più rilevante, cioè Autodis Italia. Centralizzare iniziative e operazioni è un processo complesso, che richiede molta cautela e tempo ma ogni distributore, controllato o affiliato, sa che questo porta il massimo vantaggio a tutta la filiera.
Oggi siamo già a un buon punto: tutti i distributori coinvolti hanno capito che questa sinergia porta solo vantaggi ed efficienza e che la gestione centralizzata degli accordi porta benefici a tutti, fornitori partners e clienti compresi.
Questa riorganizzazione è stata possibile poiché, parallelamente alla centralizzazione della gestione, è stato fatto un importante lavoro di definizione degli ambiti e dei ruoli tra tutti: dalla centrale, passando per le società controllate, sino ai singoli distributori Giadi non facenti parte di Autodis Italia.
Eppure, le grandi corporation sono spesso accusate di non essere abbastanza dinamiche sul mercato: come ovviate a questo limite?
La grande differenza tra un’azienda piccola e una corporation è che, per quanto riguarda le vendite, nel primo caso non esiste una standardizzazione. La fortuna per noi è che in una grande azienda come la nostra c’è una profonda cultura di controllo di gestione, che ci consente di individuare rapidamente gli ambiti ove c’è margine di miglioramento e definire i piani di azione per trasformarlo in realtà.
Nella nostra visione c’è un profondo rispetto dell’identità delle singole aziende, ma anche una reale alleanza, affinché tutti abbiano accesso ai benefici che porta una migliore organizzazione. Le aziende sono una comunità di persone, ci vuole tempo, perseveranza e soprattutto una profonda condivisione dei valori e degli obiettivi per fare in modo che intraprendano e percorrano un percorso evolutivo sinergico.
Autodis Italia crede profondamente nelle competenze e capacità manageriali dei fondatori, oggi soci di minoranza del Gruppo, delle società acquisite. Abbiamo mantenuto così una dimensione locale, che ci consente di adattare la nostra offerta di prodotti e servizi a ogni specifica esigenza delle regioni italiane.
Oltre al controllo di gestione però, è sul mercato che si gioca la partita del business. Quali sono i pilastri su cui pensate di far crescere Autodis?
Oggi vogliamo offrire un servizio di qualità: oltre a una logistica sempre più performante, quindi, bisogna pensare a migliorare i margini, calibrare i prodotti e far diventare più centrali Xenergy, il nostro private label, che sta ampliando sempre più la propria gamma prodotti, e Xmaster, la nostra divisione dedicata alla vendita e manutenzione delle attrezzature e alla formazione tecnica.
A livello progettuale intendiamo sviluppare un progetto officine che rappresenti una eccellenza nel mercato, facendo superare agli automobilisti la diffidenza che normalmente hanno nei confronti delle insegne “generiche”. Per questo siamo convinti che il progetto AD Service possa crescere ulteriormente e diventare un riferimento di qualità, assieme alla rete G-service, che sarà anch’essa sviluppata da Autodis Italia. I due network avranno un posizionamento differente e, con più risorse e competenze, siamo certi che saranno in grado di offrire un ottimo servizio agli automobilisti italiani.
Non dobbiamo dimenticare che il nostro mestiere e quello di tutta la filiera è fondamentale per garantire la mobilità degli italiani. Per capire come si tratti di un settore essenziale è bene ricordare come, durante la pandemia, sia stato uno dei pochi comparti a non essere stato fermato. Tutto il settore dovrebbe essere più consapevole del ruolo che riveste e dell’importanza del nostro business nella società.
In Francia il vostro gruppo è molto riconosciuto dagli automobilisti, non solo nella meccanica ma anche nel settore carrozzeria, dove è presente una rete molto qualificata. Pensate a un progetto simile anche in Italia?
Il segmento carrozzeria è complementare a quello della meccanica e comprende ricambi sia originali sia aftermarket. Il vero punto è che la carrozzeria OE non è sostituibile, ma spesso per completare una riparazione può essere conveniente utilizzare anche ricambi IAM. Il problema è che fino a ieri si trattava di due canali distributivi separati. Riuscire a creare una fornitura centralizzata è una delle nostre missioni, e già da alcuni mesi, con la nostra controllata FGL, abbiamo avviato, con risultati molto incoraggianti, la distribuzione di ricambi di carrozzeria originali OE nel nord-ovest italiano.
Sulla carrozzeria IAM siamo già ben posizionati, con un’offerta completa, su tutto il territorio nazionale e un fatturato di oltre 10 milioni di euro e, nei prossimi mesi, andremo a estendere a tutto il territorio nazionale la distribuzione di ricambi di carrozzeria originali.
Per quanto riguarda tutti gli altri aspetti, compreso un eventuale network di carrozzerie, ci muoviamo con cautela, per non fare passi falsi. Anche poiché in Francia esiste una struttura distributiva che non gestisce solo il ricambio, ma tutto ciò che è necessario a queste strutture per funzionare correttamente: dai consumabili alle vernici, passando per le attrezzature specifiche, i cristalli, la formazione e l’assistenza tecnica specializzata.
Oltre alla rete il vostro gruppo si contraddistingue all’estero anche per un proprio private label, per una serie di servizi offerti alla rete (come il software gestionale Autossimo) e l’e-commerce Oscaro. Esistono delle sinergie per cui questi progetti possano arrivare in Italia?
Al momento pensiamo di no. Come ho detto la distribuzione è nazionale per definizione e sicuramente tra un paese e l’altro esistono differenze che non permettono la permeabilità di tutti i progetti, a meno di non ripensarli completamente. Venendo ai singoli casi citati posso dire che sicuramente, almeno per il momento, non esiste un’ipotesi che l’e-commerce Oscaro sbarchi nel nostro paese.
Per quanto riguarda il private label, invece, sta forse avvenendo il contrario, cioè che potrebbe essere Xenergy a sbarcare all’estero piuttosto che un nostro brand estero arrivi qui. Questo perché Xenergy è un marchio che non prevede compromessi sulla qualità, pur mantenendo un livello di prezzo aggressivo. In Francia, invece, il loro private label attuale, ISOTECH, si posiziona in una fascia più alta e copre anche una vasta gamma di complementari. Oggi in Italia non c’è ancora spazio per un private label di alto livello, mentre all’estero manca un prodotto più aggressivo.
Anche dal punto di vista informatico oggi in AD Service abbiamo un ottimo prodotto IT, ma faremo una serie di riflessioni, anche perché in Francia il loro software Autossimo rappresenta l’eccellenza del settore, con standard qualitativi e prestazionali molti alti, ai quali anche noi puntiamo.
Da circa vent’anni si parla di distribuzione a due o tre step piuttosto che di attori in grado di gestire tutto il processo di assistenza alle vetture centralmente. Qual è la vostra visione sul ruolo del ricambista, della distribuzione e dei consorzi?
In Italia crediamo che il ricambista svolga un compito difficile e che non sia sostituibile da altri. Il ricambista conosce meglio le esigenze del mercato e questo è un valore aggiunto importante, perché se non conosci bene il tuo cliente non sei in grado di aiutarlo al meglio.
D’altronde il mercato ha iniziato a modificarsi e ci sono cambiamenti evidenti. Valutiamo molto positivamente il fatto che i ricambisti abbiano iniziato a strutturarsi in realtà più importanti, vuoi con consorzi o acquisizioni. La novità che mi sembra maggiormente interessante, più che i consorzi, sono proprio i grandi ricambisti. In Italia siamo ancora indietro, ma è un processo che credo si strutturerà in qualche decennio.
Ritengo probabile un consolidamento generale, a tutti i livelli, e non è detto che anche i componentisti rivedano le proprie politiche distributive, specie sulle distribuzioni nazionali, partendo da una prospettiva continentale.
A mio avviso non ha molto senso che ogni produttore abbia uno o più hub per ogni nazione: probabilmente nel medio/lungo termine i componentisti si affideranno a distributori continentali, liberando così più risorse da destinare allo sviluppo e produzione del prodotto. Potranno così delegare tutta la distribuzione ai distributori, che dovranno proporre una soluzione non solo nazionale ma continentale.
In un’ottica di distributori continentali, quale sarebbe il ruolo dei gruppi internazionali?
I gruppi d’acquisto internazionali, quali AD International ad esempio, sono molto utili nel medio e lungo periodo, perché consentono di avviare collaborazioni con nuovi fornitori, acquisire una visione di insieme a livello transnazionale e stringere le relazioni con il top management dei principali componentisti.
Sostanzialmente permettono di avere un respiro internazionale, molto utile nella definizione delle strategie a lungo termine.
Nella foto di apertura: Paolo Morfino, CEO di Autodis Italia.