Luca Martini (EY Parthenon) fa un’analisi della situazione economico finanziaria in Europa alla luce dell'attualità.
I recenti avvenimenti in Ucraina, che hanno suscitato sgomento e apprensione in tutto il mondo, la guerra e le sanzioni economiche imposta dall’Occidente alla Russia hanno scosso i mercati, minacciando in alcuni casi la fragile ripresa post pandemia.
Il conflitto in Ucraina, infatti, ha già avuto un impatto, più o meno evidente, sui consumatori, ma soprattutto sulle imprese, che si trovano a operare oggi in un momento economico e geopolitico complicato tra inflazione, aumento generalizzato dei prezzi, crisi energetica e interruzioni della supply chain.
A colloquio con Luca Martini, Head of EY-Parthenon for Central, Eastern and South Europe (CESA), analizziamo dunque la situazione economico finanziaria attuale e vediamo come la cronaca attuale stia impattando l’economia reale, le materie prime e i prezzi.
Iniziamo parlando di energia: l’Europa sarà mai in grado di trovare il giusto equilibrio energetico sfruttando le risorse rinnovabili? Oppure, come dice Elon Musk (CEO di Tesla), sarà necessario risvegliare le centrali nucleari dormienti in Europa per evitare l’attuale dipendenza energetica dalla Russia?
Quello che dice Musk è solo parzialmente vero. Infatti ci sono diverse aziende in Europa, soprattutto nel settore agricolo, che si stanno rendendo sempre più indipendenti in termini energetici, tanto che arrivano anche a vendere energia. Questo settore grazie non solo agli impianti fotovoltaici che utilizza sfrutta anche gli scarti biologici per la produzione di energia. Anche in Italia ho visto che si sta creando una nuova filiera, che si sta occupando proprio del trattamento dei rifiuti agricoli organici per la produzione di energia.
Il vero problema di queste fonti di energia “pulite” è che nascono da combustibili a bassa intensità energetica e non possono essere utilizzate in tutti i settori. Ad esempio trovano un buon impiego nell’industria del cemento. Questo, infatti, deve bollire a bassa temperatura e questi combustibili sono perfetti per le temperature richieste. Se ci pensi, però, i cementifici sono dei grandissimi “inquinatori” e l’utilizzo di queste fonti di energia li sta aiutando molto.
Per contro, laddove l’industria manifatturiera ha una forte produzione di emissioni CO2 non possono rappresentare un’alternativa ad altre fonti energetiche. Credo che la dichiarazione di Musk sia legata proprio a questo.
In questo contesto, qual è la situazione per l’Italia?
Con il conflitto attuale in Ucraina, che sarà a medio lungo termine, il framework legislativo deve cambiare a favore dell’e-mobility e deve detassare gli investimenti. A mio avviso è necessario agevolare chi ha intenzione di investire sulle fonti di energia rinnovabili, ma per prima cosa è fondamentale semplificare il processo legislativo italiano e l’iter burocratico.
Ci vogliono, dunque, governi intelligenti in grado di fare leggi intelligenti. Sicuramente il conflitto attuale ha cambiato le carte sul tavolo da gioco, siamo troppo dipendenti dal gas russo, e credo perciò che le istituzioni adotteranno nuove normative. Sicuramente troveremo il gas, non è un problema, è ovunque. Dobbiamo solo sviluppare nuovi accordi: ovviamente, però, il costo dell’energia è destinato a essere più elevato.
Oggi ci troviamo in una situazione complessa. La guerra in Ucraina come impatta sull’economia reale, sulle materie prime e sui prezzi?
Come possono immaginare tutti, ha un forte impatto. Mi spiego meglio: la supply chain di un’azienda viene colpita praticamente in tutti i suoi passaggi: dall’approvvigionamento dell’energia alle materie prime, e i costi di tutto ciò alla fine si riversano sul cliente finale in termini di aumento dei prezzi, altrimenti i margini si comprimono. Questo si vede su tutta la catena sia nel mondo B2B sia in quello B2C.
Facciamo un passo indietro e vediamo quanto di questo è contingente e quanto è duraturo. La parte contingente è il costo del petrolio. Ad esempio abbiamo assistito ultimamente a un’impennata dei prezzi alla pompa, ma non è un rincaro sostenibile e sicuramente si tornerà ai prezzi pre crisi. Tutti sappiamo che l’Iran adesso riprenderà a produrre petrolio e la Russia continuerà a venderlo e probabilmente abbasserà anche i prezzi. Insomma, io ritengo che il prezzo del petrolio andrà al ribasso e questo è positivo.
Sappiamo benissimo, però, che se il petrolio si abbassa il prezzo della benzina, ad esempio, non si abbassa in egual misura. C’è un certo gap, ma credo che nell’arco di un anno, un anno e mezzo potremmo rivedere il petrolio a dei valori abbastanza normali e di conseguenza tutti i prezzi dei carburanti.
Diversa è invece la questione del gas. Possiamo immaginare che la situazione di tensione con la Russia e le sanzioni dell’Occidente porteranno a una situazione che non sarà di breve periodo. Tutti i principali analisti, infatti, la vedono come una situazione di medio/lungo periodo o per lo meno fino a quando ci sarà il governo di Putin. Finché questo non succede le tensioni con la Russia e le sanzioni rimarranno.
Quali sono dunque le implicazioni? Sicuramente la guerra del gas, come la chiamano, continuerà e sicuramente altri noti fornitori di gas, come l’Australia, giocheranno un ruolo chiave e possono prendere il posto di altri. Ovviamente, però, portare il gas dall’Australia fino a qui da noi ha un costo importante: l’importazione del gas dalla Russia, attraverso il gasdotto, aveva sicuramente un costo sicuramente inferiore rispetto al trasporto via nave. Quindi non credo che si possa prevedere un abbassamento del costo del gas ai livelli pre guerra.
Tutto ciò avrà un forte impatto sull’industria perché il gas viene utilizzato un po’ per tutti i processi produttivi. Dove c’è bisogno di calore c’è bisogno di gas ed elettricità e le due cose vanno a braccetto, e quindi significa che il costo medio di produzione aumenta e di conseguenza, per non ridurre i margini, bisognerà aumentare i prezzi e questo si riflette su tutta la filiera.
Nessuno vuole vedere i propri margini comprimersi. Tutto questo porta di fatto a un’inflazione vera: in Europa in alcuni settori i costi dei fattori produttivi sono quasi raddoppiati e il prezzo non è raddoppiato. Diminuiscono quindi i margini, diminuisce la crescita, diminuisce il PIL con tutte le implicazioni del caso.
In linea di massima, possiamo dire che l’aumento dei costi delle materie prime porta a un rallentamento economico perché se la gente è costretta a spendere di più sui servizi è meno propensa a spendere nei beni di consumo. Tutto questo però non si pareggia con la ripresa post Covid?
Il livello di investimenti iniettato da tutti gli stati durante questa crisi è tale che ovviamente ha innestato un motore che sta andando sempre più su di giri. Noi lo vediamo ad esempio sulla disoccupazione e sulla produzione: ogni indicatore è positivo. La macchina, quindi, sta andando e sta girando, però mantenendo l’analogia con la macchina, si sta surriscaldando e i prezzi salgono. La brutta implicazione di questa guerra è che quasi tutte le aziende devono rivedere i propri approvvigionamenti per spendere il meno possibile oppure cercare altri mercati dove vendere.
Ogni cambio di approvvigionamento e ogni cambio della supply chain comporta tipicamente un aumento costi, sempre: non ho mai visto cambi che vanno al ribasso. Ancora una volta, quindi, questo porta a una contrazione dei margini e a un aumento dei prezzi, che si riversano sull’utente finale. Secondo me questo è uno scenario che ci dobbiamo aspettare per i prossimi due anni di sicuro poi dopo è tutto un punto di domanda.
Parlando del settore automotive prevedo che nei prossimi due anni vedremo un automobilista che spenderà meno e che sarà sempre più attento.
Quindi quali saranno i trend del futuro a livello energetico?
Io penso che ci sarà una fortissima attenzione sulla produzione di elettricità con fonti alternative. L’Italia è forse uno dei paesi in cui è più difficile costruire impianti di energia alternativa perché abbiamo ancora procedure molto farraginose rispetto ad altri stati europei, mentre penso che sicuramente a livello europeo ci sarà un cambio di passo.
Questa crisi con la Russia ci ha fatto capire quanto siamo “nudi” dal punto di vista della produzione energetica. Ci sarà sicuramente una spinta europea in questa direzione, ma i tempi saranno piuttosto lunghi.
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