Articoli | 09 June 2023 | Autore: David Giardino

​10 cose che non cambieranno per l’automotive nei prossimi 10 anni

Le macro trasformazioni economiche e geopolitiche e il mondo automotive: ne parliamo con Luca Martini, responsabile Centro, Est e Sud Europa di EY Parthenon.


Se normalmente a un imprenditore di successo viene chiesto come vede il futuro e cosa cambierà nell’arco di una decina d’anni, quando questa stessa domanda è stata posta Jeff Bezos, fondatore di Amazon, lui ha risposto che la domanda giusta che un imprenditore si deve porre non è cosa cambierà nei prossimi 10 anni, ma cosa sarà stabile nel proprio business nei prossimi 10 anni.

A fronte di questo stimolo abbiamo intervistato Luca Martini, responsabile Centro, Est e Sud Europa di EY Parthenon, una delle più grandi società di consulenza strategica globale, per sapere dal suo punto di vista di professionista dallo sguardo internazionale cosa si prevede non cambierà nei prossimi 10 anni. 

Cinque macro temi strategici

“Per rispondere alla domanda - spiega Luca Martini – ho stilato una lista in 10 punti su cosa è prevedibile non cambi nel prossimo decennio, dove cinque sono dei macro temi generali e cinque sono specifici per il mondo automotive. Poi ciascuno potrà fare le sue valutazioni in base al proprio business”.
Si tratta di argomenti interconnessi fra loro e con ricadute e ripercussioni gli uni sugli altri, tanto da rendere difficile alle volte parlare di uno senza menzionare l’altro; ma andiamo con ordine.

“La prima osservazione riguarda la situazione geopolitica, che non cambierà – afferma Martini - soprattutto per quanto riguarda la sua deriva sull’energia”.
Dopo quanto successo dallo scoppio della guerra in Ucraina, spiega Martini: “l’Europa ha imparato la lezione molto bene, ha capito che ogni paese si dovrà svincolare dalla Russia e purtroppo la strada per raggiungere questo obiettivo è ancora molto lunga; il processo non sarà indolore e avrà molte implicazioni soprattutto sullo spending dei governi. Questo processo sarà dunque lungo, costoso e penso senza ritorno. In altre parole, non vedo un paese in Europa che comprerà ancora gas dalla Russia o si legherà a doppio filo con la Russia”.

Il secondo tema è correlato a questo. “La migrazione energetica – spiega Martini - non è solo un problema dei paesi, ma anche delle aziende. Tutte le imprese, dalle più piccole alle più grandi, hanno toccato con mano che il costo dell’energia è drammaticamente importante e in alcuni settori diventa uno dei costi principali”.
Per questo diventa strategico per le aziende trovare delle soluzioni che comportino un costo dell’energia minore, ad esempio attraverso i PPA (Power Purchase Agreement, gli accordi di acquisto a prezzo concordato n.d.r.), o grazie a nuove forme di produzione autonoma di energia. “L’Europa ci aiuta con un framework di deregulation abbastanza amichevole – dichiara Martini – ma questo non basta. Di fatto il problema macro, che abbiamo visto nel primo punto, si riverserà anche sul problema micro e questo purtroppo non cambierà. Perché abbiamo visto precedentemente non è che domani mattina l’energia diventa più accessibile, e questo continuerà a essere così”.

Il terzo punto ha anch’esso una implicazione di natura geopolitica. Afferma Martini: “io penso che la postura nei confronti della Cina non cambierà, anzi. Il nuovo ministro degli esteri cinese proprio lo scorso marzo ha iniziato ad attaccare gli Stati Uniti dicendo che questo porta alla guerra. Il confronto con la Cina dunque rimane. Tra l’altro, le aziende cinesi, nei i vari settori in cui operano, hanno tra il 25 e il 45% di quota del mercato locale, una percentuale che è in forte crescita, a doppia cifra. Quindi significa che il mercato cinese sarà sempre più competitivo, sempre meno attrattivo e strategicamente meno importante. Il tema cinese, quindi, comincia a diventare estremamente delicato. E anche questo sarà un tema che rimarrà per i prossimi 10 anni” conclude Martini.

Poi c’è un quarto punto che, come dichiara esplicitamente Martini “è ancora peggiore: tutti noi siamo più poveri. Tutti pensano che l’inflazione diminuirà, ma non è così: è il tasso di crescita dell’inflazione che diminuisce, ma l’inflazione, quando c’è stato un picco, poi non scende”. “Facciamo un esempio – spiega Martini - il tasso medio dell’inflazione nei paesi europei è del 9% (che va dal 19% della Repubblica Ceca al 4-5% della Germania). Se aumenta il costo del pane o del pezzo di ricambio a causa dell’inflazione, non è che poi il prezzo diminuisce. Purtroppo l’89% dei cittadini europei pensa invece che i prezzi torneranno più bassi e l’inflazione diminuirà. È vero che l’inflazione diminuirà, ma per quanto riguarda i prezzi, quello che c’è stato in passato non cambierà, quindi non scenderanno e noi saremo tutti più poveri”.

“La disponibilità di spesa della persona media è più bassa – continua Martini -. La retribuzione media di un dipendente, che rappresentano comunque la maggior parte dei contribuenti in Italia, non è aumentata parimenti, quindi significa che i soldi sono di meno e continueranno a essere meno. L’inflazione rimarrà, rimarrà a livelli salutari, si stima attorno al 2%, ma il costo del denaro gratis che abbiamo visto per 20 anni non ci sarà più. E questo non solo ci sarà per i prossimi 10 anni ma anche di più, e a meno di una grande recessione, questa cosa è destinata rimanere”.

L’ultimo macro tema che ha una grossa implicazione su tutti questi punti è strettamente connesso a quanto appena detto rispetto alla disponibilità media alla spesa. “I clienti price sensitive – spiega Martini -  che ci sono e ci sono sempre stati, aumenteranno e diventeranno assolutamente strategici per tutti i settori, così come quelli premium, cioè quelli che hanno un po’ più di soldi, rimarranno. Quindi questo concetto della polarizzazione tra chi ha tanti soldi e chi ne ha pochi aumenterà sempre di più, perché la minore disponibilità tipicamente crea questa situazione”. 

I cinque temi per l’automotive

La situazione finora descritta, quando si parla dello specifico del mondo automotive, porta con sé una serie di “buone notizie” spiega Martini.

Il primo punto per il settore automotive è quello della mobilità elettrica e non. “L’elettrico andrà avanti – afferma Martini - ma le auto a combustione interna rimarranno in ogni caso preminenti; piace il motore a combustione rimarrà e questo tema sarà un leit motiv molto importante. La gente continua a dire che nel 2035 finirà l’epoca dei motori a combustione, ma non è assolutamente vero. Adesso vedremo come andrà l’esperimento nella Formula 1 con il passaggio al 100% di bio-fuel, probabilmente questa sarà un’evoluzione, ma direi che su questo punto non ci saranno stravolgimenti almeno per i prossimi 10 anni, anzi secondo me anche di più”.

“Il secondo punto, che è diretta implicazione di quanto abbiamo visto prima – spiega Martini – è che il segmento A (citycar) e B (utilitarie) rimarrà assolutamente prominente. Probabilmente ci saranno dei dominatori; penso ad esempio che in tutto questo FCA avrà un grandissimo impulso. Ad ogni modo ritengo che questo rimarrà un segmento molto importante, perché queste vetture sono molto più accessibili, richiedono una disponibilità economica minore e la gente vuole risparmiare”.

Inoltre, continua Martini: “il costo del denaro è, sarà e rimarrà comunque elevato e quindi si ipotizza un forte calo della domanda e dei prezzi super premium, mentre aumenterà la domanda del segmento più accessibile. E questo è molto importante, perché porterà alcuni comportamenti del consumatore che sarà indotto a tenere più a lungo le auto”.

Il terzo elemento che non cambierà riguarda la tecnologia, anzi, dichiara Martini: la tecnologia aumenterà probabilmente in modo esponenziale. Tutta la tecnologia su tutti i motori, quindi il self driving, tutta la tecnologia del driving support, tutto il tema legato alla connettività rimarrà strategico per i produttori.
Perché, come diceva anche Bezos, la componente servizio diventa molto più importante e nell’automotive la componente servizio e la digitalizzazione e tutta la connettività dell’auto, la manutenzione, gli allarmi, tutti gli aggiornamenti software sono tutte cose che non solo ci saranno, ma aumenteranno”.


Tutto questo porterà a un quarto tema molto importante che è il digital retailing. “Tutte le grandi marche – spiega Martini – si stanno spostando sul digital retailing e si stima che il 50% di chi comprerà l’auto sarà un cliente digitale. Il cliente digitale è colui che sceglie l’auto digitalmente, la configura digitalmente, invia l’ordine e poi fondamentalmente il produttore ha una relazione con l’acquirente attraverso canali digitali”.

Secondo Martini dunqueil cliente digitale diventerà assolutamente cruciale. E questo si vede su tutti i brand, dal più semplice al più complicato. Per fare un esempio, la Ferrari stessa vuole interagire con tutti i suoi acquirenti tramite una App, quindi non ci sarà più il rapporto con il dealer ma tutto sarà nel metaverso”.
Il quinto punto, che come sottolinea Martini “è molto interessante soprattutto per un paese come l’Italia, che ha uno dei più elevati numeri di auto pro-capite in Europa; rappresenta una bella opportunità. L’holding time, il tempo cioè che il possessore dell’auto tiene il veicolo aumenterà, proprio per effetto della mancanza di soldi”.
“E questo – continua Martini - porterà un aumento (che l’industria stima sarà un aumento molto importante) dei ricambi e dei servizi di officina. Tenendo di più l’auto, infatti, i servizi di officina aumentano. Interessante anche vedere come in Europa un terzo delle officine è già entrato a far parte di grandi network. Quindi si stanno formando grandi catene di officine specializzate (dalla verniciatura alla meccanica ai pneumatici al tuning) e un terzo comincia già ad essere un numero importante, che è destinato ad aumentare. Allo stesso tempo aumenteranno anche le nicchie, perché chi rimarrà fedele al motore combustione avrà sempre più bisogno di questi servizi, che le grandi officine ormai non fanno più a prezzi competitivi. Si apre quindi un mondo di servizi paralleli molto interessanti e le reti multibrand continueranno a crescere con lo stesso ritmo che abbiamo visto fino adesso”.

“Un altro aspetto di questa situazione – conclude Martini - che è molto interessante perché chi produce ricambi, è che i prodotti avranno una distribuzione molto più ampia e soprattutto che trascende il territorio domestico. Quindi se da un lato fare dei deal con grandi reti multibrand sarà più difficile, chi è più bravo avrà molto più successo e molta più domanda. Quindi, ancora una volta, buone notizie, che premiano chi sarà il migliore”.
 

Per l'apertura: foto di StarFlames da Pixabay.

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Tags: EY-Parthenon

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