Articoli | 09 September 2024 | Autore: Tommaso Caravani

MAHLE Aftermarket Italy: le attrezzature per l’autoriparazione stanno cambiando

Non solo evoluzione tecnologica, ma anche prodotti nuovi, innovativi e soprattutto servizi. Il mondo delle attrezzature sta subendo una rivoluzione strutturale, dal modo in cui vengono distribuite (sempre più argomento di discussione) fino al prodotto, sempre più ibrido tra strumentazione fisica e servizi da remoto.


Incontriamo Daniele Colzi nella sede di di Parma di MAHLE Aftermarket Italy, l’headquarter del gruppo tedesco che punta a diventare un riferimento nel mondo del post vendita.

Con oltre 30 anni nel mondo dell’attrezzatura, da SPX a Bosch e una storia che trasuda esperienza, sia di prodotto nel mondo dell’elettronica sia di vendite, Colzi è la persona corretta per scandagliare ed esplorare come si sta modificando questo settore. Il tutto considerando che MAHLE, dopo l’acquisizione di BRAIN BEE del 2017, ha decisamente investito nel settore della diagnosi e delle attrezzature e punta a diventare oggi uno dei protagonisti in questo mercato.

Quando MAHLE ha acquisito BRAIN BEE fu dichiarato che l’azienda sarebbe diventata uno dei principali, anzi si parlo proprio del principale, protagonista dell’aftermarket. A che punto siete di questo processo?
L'ambizione di MAHLE è diventare leader e già da diversi anni ci stiamo muovendo in questa direzione. Oggi siamo un fornitore a livello globale nel mondo del ricambio, come si può vedere anche dai rapporti con i grandi gruppi di distribuzione, e stiamo consolidando velocemente anche il settore delle attrezzature, in cui ci stiamo ritagliando un ruolo da protagonisti. In quest’ottica, l'acquisizione di BRAIN BEE è stata effettuata nel solco della nostra decisione di diventare leader a livello globale.

Per tornare alla domanda, oggi abbiamo differenti fattori che ci pongono, a mio avviso, a un livello migliore rispetto a quello che c’è sul mercato. A partire dagli investimenti, perché il gruppo sta investendo fortemente nello sviluppo, soprattutto nella parte diagnostica.

Rispetto alla tabella di marcia siamo a un ottimo punto, anche considerando che MAHLE non sviluppa prodotti “under the wheel”, cioè assetti, equilibratrici e tutto il settore del servizio ruota. Nonostante questo, oggi siamo tra i più grandi produttori di attrezzature per l’autoriparazione a livello globale.

L’auto elettrica è ancora lontana, almeno in Italia, ma per un produttore di autodiagnosi, legato molto alle funzioni del motore, questa tecnologia sarà una sfida o una minaccia?
Senza dubbio è una sfida, che abbiamo già ampiamente accettato e che ha portato l’azienda a investire ancora di più. La diagnostica nel mondo dell’elettrico per noi non è solo uno slogan da utilizzare nelle presentazioni. Abbiamo già sviluppato e commercializziamo prodotti destinati a questa tecnologia, con un approccio molto aperto: basti pensare che il prodotto sicuramente più accattivante non riguarda la diagnostica in sé, ma la stima della vita utile della batteria.

È indubbio che le vetture elettriche cambieranno le modalità di operare nella manutenzione, ma questo non vuol dire che non ci sarà bisogno di nuovi servizi. Per esempio, noi crediamo molto che sarà fondamentale, nell’arco del ciclo di vita di un’auto, stimare più volte quali sono le prospettive della batteria, perché da questo dipenderà il valore del mezzo. Ecco perché abbiamo sviluppato un sistema proprietario molto avanzato che permette di fare l’analisi con la vettura sotto carica e rilasciare una certificazione dello stato di salute (SoH) della batteria.

Nonostante ciò, non diamo mai nulla per scontato, compresa la transizione elettrica. Per questo, come MAHLE, siamo attenti a tutte le tecnologie. Ad esempio, stiamo studiando anche i sistemi per il primo impianto di idrogeno.

Lei ha una storia importante nelle vendite, eppure sembrerebbe che il settore della distribuzione di attrezzature stia attraversando un periodo turbolento con l’arrivo di molti nuovi player della distribuzione ricambi, che guardano a questo settore. Come sarà, dunque, il futuro?
Nessuno può avere, ad oggi, una visione certa del futuro in qualsiasi settore. Quello che possiamo fare è analizzare il presente e capire cosa sta succedendo. Per farlo bisogna iniziare col dire che l’Italia è storicamente un paese molto diverso dal resto d’Europa per quanto riguarda la distribuzione di attrezzature. Nel nostro paese, per una serie di ragioni storiche, esistono distributori specializzati nella gestione completa del prodotto attrezzature: dalla vendita all’assistenza. Nel resto d’Europa, invece, la distribuzione è da molto tempo in mano a grandi gruppi, che si occupano di ricambi.

Solo in Italia abbiamo una distribuzione così capillare. E questo si vede guardando la struttura distributiva di tutti i produttori di attrezzature: hanno una struttura differente solo per il nostro paese.
Oggi, ovviamente, si parla molto del settore della distribuzione di ricambi come possibile player per le attrezzature anche in Italia ed effettivamente qualche attività è già iniziata. Per noi, tuttavia, si tratta di un cambiamento non trascurabile perché la distribuzione di ricambi ha sicuramente il vantaggio di vedere il cliente molto più spesso rispetto allo specialista, ma in molti casi non riesce e non può garantire lo stesso livello di servizio nel post vendita.

Spesso proprio la mancanza di figure specializzate fa sì che i clienti di questo tipo di strutture si trovino meno seguiti, e sicuramente il focus di questi distributori non è l’attrezzatura, che rappresenta più un completamento di gamma. Per questo, in quei paesi dove questo modello ha il sopravvento, le aziende di produzione come noi affiancano il distributore sia nella vendita sia nel post vendita. Quindi bisogna prevedere personale dedicato e una struttura in grado di seguire questi clienti.

C’entra il fatto che in Italia la distribuzione ricambi sia ancora a due livelli? Con distributori e ricambisti?
Non credo che questo sia il motivo principale; penso che sia più legato a ragioni storiche inerenti al tipo di servizio che ci si aspetta dall'autoriparatore. Nonostante tutto, in Italia abbiamo ancora i distributori specializzati e, nonostante l'arrivo dei nuovi player, non penso che scompariranno.

Tuttavia, sarà sempre più difficile per queste realtà rimanere sul mercato senza avere le dimensioni adeguate, soprattutto quando arrivano grandi gruppi che differenziano il rischio e dispongono di grandi capitali. La mia opinione è che rimarranno le realtà specializzate più importanti e in grado di effettuare investimenti, e parallelamente crescerà la distribuzione tramite i venditori di ricambi. Senza contare che si stanno affacciando anche nuovi modelli distributivi, e molti sperimenteranno formule più simili alla distribuzione semi-diretta, perché anche la realtà riparativa si sta consolidando con grandi player. Detto questo, credo che per molto tempo il nocciolo duro della distribuzione rimarrà in mano agli specialisti.

Uno dei fenomeni meno pubblicizzati, eppure più impattanti sul mercato, è la crescita dei servizi di assistenza remota attraverso interfacce EOBD, è la fine degli strumenti di autodiagnosi?
Assolutamente no. I servizi a valore aggiunto stanno sicuramente crescendo ed è anche vero che oggi sviluppare la diagnosi ha dei costi, e nessuna azienda di attrezzatura diagnostica può vantare una copertura totale del mercato.

Oggi c’è la necessità di arrivare dove non possiamo, soprattutto perché alcuni servizi non possiamo fornirli in quanto sono appannaggio esclusivo delle case automobilistiche. Per questo motivo, anche MAHLE ha sviluppato un hardware che permette di accedere da remoto all’auto e fornire questo tipo di servizi. È una grande sfida perché richiede personale preparato e strutture ad hoc per gestire questo tipo di interventi, oltre a soluzioni che permettano una comunicazione efficace. Per questo motivo penso che l’hardware resterà sempre fondamentale e noi puntiamo molto sul fornire questo tipo di supporto all’interno dello strumento di diagnosi. Possiamo dire che il futuro sono i servizi, ma affiancati da strumenti evoluti che permetteranno al meccanico di essere il più autonomo possibile.

Producendo attrezzature avete una visione privilegiata sul mercato dell’autoriparazione. Il futuro sarà multiservice o resteranno le specializzazioni?
In generale credo che ci sarà una riduzione del mercato. Questo sia perché manca personale sia perché le tecnologie cambiano e richiedono investimenti. Ancora oggi, sono pochissimi gli operatori in grado di riparare auto elettriche in Italia. Questo è un dato di fatto.

Credo anche, a differenza di quello che pensano in molti, che il motivo non sia dovuto a una mancanza di capacità della nostra rete autoriparativa, ma piuttosto dalla dimensione degli investimenti necessari a questo tipo di intervento, che spesso rappresenta il vero limite per la specializzazione in Italia.
È un dato di fatto che le case automobilistiche abbiano ormai deciso che si andrà nella direzione dell’elettrico, e questo non solo perché esistono dei piani europei che lo prevedono, ma perché gli investimenti che ognuno ha fatto su questa tecnologia sono importanti e sarebbe veramente difficile tirarsi indietro a questo punto.

Tutti questi fattori porteranno a un inevitabile assottigliamento del numero di autoriparatori e credo che il futuro sarà proprio legato a realtà multiservice, perché questi centri hanno semplicemente dimensioni maggiori e per fare investimenti serve fatturato. Quindi se dovessi scommettere oggi direi che i multiservice avranno più possibilità di investire in attrezzature e formazione.

Il mercato dell’auto viene spesso paragonato, fatte le dovute proporzioni, a quello della telefonia. Con l’auto elettrica dovremo abituarci all’idea di centri di assistenza gestiti da stranieri altamente tecnologici?
Il parallelo è affascinate, ma anche molto fuorviante. L’auto non è un telefono, sia perché è il secondo bene a valore di una famiglia dopo la casa sia perché è composto anche da parecchi componenti meccanici. Quindi sicuramente gli investimenti saranno un grande limite per gli operatori improvvisati, oltre al fatto che la riparazione di un’auto impatta direttamente sulla sicurezza, quindi è un settore molto più controllato.

Quindi no, non penso che il futuro dell’assistenza sia paragonabile a quanto accaduto con l’elettronica di consumo, mentre sono convinto che ci saranno nuovi servizi, molto differenti da quelli offerti oggi dal mondo dell'autoriparazione e credo che dovremo entrare nell’ottica che questi servizi andranno anche pagati bene.

Se proprio vogliamo fare un paragone con il mondo della telefonia mi viene da pensare alla connettività. Oggi in Italia quasi la metà del circolante è in qualche modo “connesso”: magari non nativamente, ma in futuro l’auto sarà sempre più agganciata alla rete. Come sul telefono, quindi, anche sull’auto prevedo si svilupperà un ecosistema e una serie di servizi dedicati, alcuni dei quali molto connessi con il mondo dell’autoriparazione e con la manutenzione e la diagnosi predittiva.

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Tags: Mahle diagnosi brain bee autodiagnosi

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