Una forte propensione all'export e presenza anche nelle nuove tecnologie: può oggi un produttore
di batterie locale sfidare i giganti del mercato?
Il frutto degli investimenti fatti negli anni passati ha portato questa azienda (che realizza l'85% del fatturato nelle batterie di ricambio auto all'estero) a essere presente in tutti segmenti: dalle classiche batterie a piombo acido (con le relative evoluzioni) fino a quelle cosiddette AGM (grazie alla creazione di una linea di produzione dedicata proprio a questa tecnologia).
In una recente visita in azienda, abbiamo incontrato Elisa Gonzato, export sales, per capire dove sta andando il mercato delle batterie e cosa deve aspettarsi il mondo della riparazione e della distribuzione dei ricambi dai nuovi scenari.
Tutti i principali produttori di auto sembrano oramai puntare a breve termine sullo Stop&Start.
Cosa cambierà per la riparazione da questa politica?
La tecnologia Stop&Start è il primo passo di una lunga rivoluzione che porterà all'auto ibrida e, probabilmente, all'auto elettrica.
Tuttavia, si tratta di passaggi molto delicati e che comportano scelte importanti. Nel nostro caso, ci basta osservare quello che sta accadendo ora con il relativamente semplice Stop&Start: da una parte i produttori italiani (cioè il gruppo Fiat) e quelli francesi (cioè il gruppo PSA) stanno puntando su batterie al piombo acido più performanti, dall'altra i tedeschi, con BMW e Volkswagen in testa, hanno scommesso sulle batterie AGM.
Perchè c'è questa differenza di tecnologia adottata?
Sicuramente le batterie AGM garantiscono delle performance maggiori, ma non tutte le auto di oggi ancora sono ottimizzate per questo tipo di batteria. Un esempio classico è il posizionamento dell'accumulatore all'interno della vettura: queste batterie devono tendenzialmente stare lontane dal calore eccessivo, quindi il cofano motore non è un ambiente ideale per posizionarle. Peccato che il posizionamento della batteria sia una discriminante di progettazione, quindi non può essere cambiato tra un modello e un altro, a meno di riprogettare l'intera struttura. Inoltre questo tipo di tecnologia (che sicuramente ha una resa e una durata maggiore) costa di più, anche se paragonato alle più performanti batterie a piombo acido. Se sulle auto di alta gamma tedesca questo problema è irrisorio, perché il prezzo non incide più di tanto sul valore finale del mezzo, sulle piccole utilitarie l'impatto è decisamente più evidente; per questo i produttori italiani e francesi hanno deciso di aspettare ancora, tuttavia è molto probabile che alla fine punteranno anche loro sull'AGM.
Questa scelta che tipo di ricadute avrà sull'aftermarket italiano?
Generalmente affrontiamo il tema in ottica europea, tuttavia l'Italia rappresenta un’eccezione in questo panorama: il nostro paese, infatti, è la nazione dell'Unione con il parco circolante più polverizzato; inoltre, in Italia, sono presenti moltissimi produttori di batterie che lavorano per l'aftermarket indipendente. Parlando di Italia, quindi, credo che negli anni assisteremo a una importante concentrazione dei produttori. Noi, ad esempio, sappiamo bene cosa significhi far partire una linea di produzione per batterie AGM e, considerando che lo abbiamo fatto in periodi pre-crisi, credo che oggi affrontare un simile investimento sarebbe impensabile. Inoltre, proprio per il fatto che l'Italia è il paese con il maggior numero di auto differenti, bisogna garantire ai distributori una buona copertura del circolante e, se non si hanno le AGM, sicuramente si taglia fuori una fetta importante di mercato. Dico questo con rammarico, perché molti costruttori sono rimasti indietro.
In Italia ultimamente si è molto parlato dell'obbligo per i rivenditori (e distributori) di batterie di avere un neutralizzatore di acido solforico; cosa ne pensate?
Non abbiamo un pensiero specifico, ci siamo esclusivamente organizzati per gestire questa richiesta. Più che altro, abbiamo dato tutte le informazioni necessarie ai nostri distributori, oltre ad aver fornito un servizio informativo costante e del materiale per conoscere meglio l'argomento. Su questo tema ci sono state varie polemiche, nelle quali non entro, sul tipo di materiale, sul fornitore eccetera. Trovo che siano sicuramente buone argomentazioni, ma rimane il fatto che l'Italia ha una scarsa attenzione all'ambiente e credo che questa norma, magari modificata, vada nella giusta direzione.
Uno dei temi classici, quando si parla di batterie è il mercato del fai da te, associato alla vendita nella grande distribuzione (i supermercati), che ne pensa?
Penso che la grande distribuzione non abbia molto futuro in questo segmento. Le batterie sono sempre più complesse, così come è sempre più necessaria una competenza specifica per effettuare le operazioni di sostituzione delle stesse.
Da parte di molti produttori, poi, c'è una parziale disaffezione a questo canale, perché i margini sono bassissimi e la tendenza delle vendite è prevista in calo sui nuovi modelli.
Un altro tema scottante riguarda il riciclo del piombo, voi come siete
organizzati?
Noi aderiamo al Cobat, il consorzio nazionale di raccolta delle batterie. Questo ci permette di inserire il p.f.u. direttamente in fattura, semplificando la vita di tutti. Anche in questo caso ci sono state delle aziende che sono uscite dal Cobat: non so se abbiano fatto bene o meno, in ogni caso, tornando al tema dell'ecologia, ciò che conta è avere una quota importante nel recupero sul territorio del prodotto esausto; noi viaggiamo sull'ordine del 92%.
Come siete strutturati per la distribuzione in Italia?
L'Italia è un paese su cui stiamo puntando molto, proprio perché crediamo che, grazie agli investimenti che abbiamo fatto, possiamo presentarci nel migliore dei modi. Oggi abbiamo dei distributori che operano nelle varie regioni a eccezione della Lombardia, che seguiamo direttamente. Tuttavia non è semplice riuscire a farsi spazio, soprattutto nel segmento tradizionale, dove manca una legislazione chiara. Oggi molte batterie che si trovano sul mercato hanno capacità molto distanti da quanto dichiarato, a vantaggio del mero costo. Quindi chi punta a fare qualità deve scontrarsi con concorrenti che spesso vendono un prodotto notevolmente inferiore a un prezzo di poco più conveniente, ma ovviamente il consumatore non lo sa.