L’inchiesta sulle opinioni di nove importanti distributori indipendenti si conclude affrontando le questioni legate alle strategie di marketing e all’uso delle nuove tecnologie informatiche.
Esaminiamo i temi dell’uso dell’informatica nei processi aziendali e della comunicazione commerciale nella parte conclusiva dell’intervista ad alcuni distributori indipendenti iniziata nel numero di febbraio 2004 di Notiziario Motoristico.L’esperienza insegna che i messaggi commerciali non possono essere scatole vuote, specialmente in un settore come quello automobilistico. Occorre qualità del prodotto ma anche del servizio reso dal riparatore. La tecnologia che caratterizza oggi anche i modelli di auto più modesti somiglia più a quella di un aereo da turismo che a quella di un auto media di 20 anni fa. Siamo proprio sicuri che tutti i meccanici siano all’altezza? State facendo qualcosa, e che cosa, per la formazione, soprattutto per quel che riguarda l’elettronica? In fondo le case auto lo stanno facendo, proprio per accaparrarsi l’assistenza post-vendita.
Amura: Quest’anno abbiamo investito, solo per l’organizzazione e la realizzazione di giornate formative, più di 150.000 euro. C’è ancora molto da fare, ma con il sostegno dei nostri fornitori di formazione, oltre che del nostro personale interno (al momento disponiamo di sei tecnici di elevato livello professionale che operano quotidianamente con gli autoriparatori) saremo in grado di assolvere al meglio al nostro compito. Attualmente, per esempio, stiamo presentando in collaborazione con Bosch i moduli Bosch-Point Service che prevedono, tra l’altro, un’interessante opportunità di crescita professionale che qualifica ulteriormente i nostri autoriparatori.
Baruffaldi: Stiamo investendo tantissimo nella formazione, tramite professionisti interni al progetto Point Service e tramite organizzazioni esterne quali Bosch, Informcar, eccetera. È di questi giorni la presentazione del progetto moduli da parte di Bosch, che prevede per le officine Point Service un’offerta di attrezzatura, formazione e targa Bosch Point Service attestante la qualificazione raggiunta.
Bruni: C’è necessità di formazione continua per chi vuole continuare a rimanere sul mercato. Ciascuno deve quindi investire su sé stesso. La formazione non deve però essere soltanto apprendimento tecnologico, deve anche capire i veri bisogni del cliente. Tutti i bar servono lo stesso caffè, ma alcuni sono pieni, altri vuoti...
Cancelli: A tal proposito abbiamo sottoscritto un contratto con Texa e Consulauto con cui diamo alle officine l’opportunità non solo di usufruire delle attrezzature di un leader nel settore, ma anche di poter partecipare ai loro corsi tecnici di formazione. Le officine possono seguire corsi di formazione specifici su argomentazioni di volta in volta diversi, che coprono a 360 gradi la componentistica auto.
Corona: La seconda società che detiene la mia famiglia, della quale svolgo la direzione amministrativa, è un concessionario Bosch. Noi, per esempio, facciamo formazione dagli inizi degli anni ’80. Da qualche mese abbiamo attivato il progetto GService di Giadi in Sicilia, con l’intento di fidelizzare al nostro partner GStore (rivenditore) i suoi clienti autoriparatori. Questo compito sarà suddiviso tra la nostre strutture formative (tecnici, aula, officina) e l’aiuto importante che ogni singolo fornitore ci potrà dare, “sfruttando” il know-how che ha sul prodotto.
Mazza: Nonostante il miglioramento tecnologico delle auto nuove, nella sostanza certe cose non sono cambiate: le pasticche freni durano di più, ma si cambiano più o meno allo stesso modo di sempre. Sull’elettronica è vero che ci sono problemi di diffusione della conoscenza. In questo caso è necessario andare dal convenzionato, ma mi sembra che non capiti così spesso. Non è questo che “fa mercato”...
Negrini: Come altri distributori indipendenti anche la Giadi, società della quale siamo parte integrante e che opera a livello nazionale nel mercato ricambi, promuove la formazione delle officine meccaniche.
Scammacca: La formazione professionale post-vendita relativa all’elettronica applicata è già gestita in collaborazione tra costruttore e distributore. Non essendo tutte le officine all’altezza, è compito del distributore scegliere quelle meglio attrezzate per completare una valida rete di assistenza locale. L’informazione relativa alla qualità del prodotto compete al costruttore, mentre quella relativa alla formazione professionale è un compito che solitamente viene assolto in collaborazione tra componentista e distributore.
Vicini: L’aspetto formativo è il presupposto perché il processo in atto dia benefici al settore indipendente, ma deve esserci la disponibilità, non solo di chi mette a disposizione i corsi tecnici ma anche di chi li dovrebbe frequentare. La tecnologia applicata all’auto è in continua evoluzione e la casa automobilistica ha il vantaggio di conoscere perfettamente il modello che ha costruito e quindi di poterne divulgare le informazioni tecniche ai suoi addetti. Per questo l’indipendente dovrebbe spendere molto di più in formazione di quanto faccia un’officina di marca automobilistica, anche perché il suo background tecnico è richiesto su più marchi.
Se siete d’accordo sul dare maggiore enfasi all’advertising per il consumatore, come credete che questo debba essere impostato: più informazione o più “emozione”? Quali mezzi di comunicazione di massa ritenete siano più idonei per colpire l’attenzione del fruitore del messaggio: radio, televisione, riviste auto o cos’altro?
Amura: Indubbiamente il mezzo più idoneo è la televisione, soprattutto se il messaggio pubblicitario è supportato da un’appropriata attività di merchandising sul punto vendita. Molto, poi dipende dalle risorse disponibili, pertanto anche gli altri mezzi possono avere adeguata efficacia in relazione al rapporto costi-benefici.
Baruffaldi: La comunicazione deve essere effettuata su più mezzi, compreso quello televisivo, e deve toccare sia l’emotività sia il cervello dell’automobilista. Il nostro obiettivo è raggiungere velocemente uno standard qualitativo sufficientemente elevato, in termini di qualità e visibilità stradale, per essere in grado di programmare una campagna pubblicitaria che comprenda anche il mezzo televisivo.
Bruni: Oggi il consumatore è bombardato da messaggi troppo indistinti. Forse dobbiamo raffinare la nostra metodologia di comunicazione, che al momento è troppo grossolana. Punterei soprattutto sulle riviste auto.
Cancelli: La televisione è sicuramente il mezzo più diretto, anche se sono perplesso sul rapporto costi/benefici. Attualmente siamo concentrati sull’essere maggiorente visibili sul territorio nazionale attraverso le officine che partecipano al network Giadi.
Corona: Solo poche aziende possono permettersi spot televisivi rivolti all’automobilista. Al momento dobbiamo utilizzare media meno costosi. Non credo, inoltre, che un concetto debba escludere l’altro.
Mazza: L’unica cosa che il privato recepisce immediatamente è la durata della garanzia dell’auto. Le Case stanno giocando questa carta perché, sostanzialmente, gli costa poco. Sanno che, in linea di massima, nei primi due-cinque anni i guasti sono rari. Oltretutto i tagliandi se li fanno pagare profumatamente... Sui ricambi, invece, non spenderei una lira da nessuna parte, se voglio raggiungere l’utente finale. Quello, al massimo, legge Quattroruote. E lo legge perché gli interessano le auto. Noi cosa gli andremmo a dire?
Negrini: Non deve essere tralasciato niente, in un momento così delicato.
Scammacca: L’advertising più efficace per un distributore di ricambi è quello che viene fatto nei confronti del ricambista e del riparatore. Per quanto riguarda, invece, accessori e componenti di grosso consumo, va fatta pubblicità per il consumatore finale. Nel primo caso sono valide le riviste specializzate del settore; nel secondo caso radio e televisione sono i mezzi di comunicazione più efficaci. L’advertising per i riparatori i consumatori deve basarsi su una corretta informazione commerciale. La comunicazione è uno strumento indispensabile per lo sviluppo dei fatturati; tuttavia, in assenza di un organo ufficiale che tuteli e rappresenti gli interessi di tutti gli operatori indipendenti, la semplice informazione locale è insufficiente per incrementare i consumi dei ricambi di qualità equivalente.
Vicini: La televisione sicuramente è il mezzo più efficace e più facilmente assimilabile, insieme ad altre forme di comunicazione più mirate. Comunque non sarà facile catturare l’attenzione dell’automobilista su un aspetto così lontano dal suo desiderio e motivazione di acquisto.
Quali sono i mezzi di comunicazione più usati attualmente dalla vostra attività: passaparola, advertising postale, marketing telefonico, fiere?
Amura: Sono diversi i mezzi che utilizziamo per rendere efficace la nostra comunicazione: le convention nazionali e regionali, i meeting tecnici/commerciali rivolti ai ricambisti e agli autoriparatori, il nostro house organ, Point Service News, che viene distribuito in 15.000 copie tre volte l’anno. Non manca il direct mailing che utilizziamo anche per le attività promozionali realizzate in esclusiva per la nostra rete. Le riviste di settore, la partecipazione a fiere come Autopromotec e, infine, il nostro sito, che viene aggiornato settimanalmente, completano il panorama dei mezzi più utilizzati.
Baruffaldi/Bruni: Ovam è un grossista che vende ai ricambisti. Nei loro confronti il messaggio è veicolato dalla forza di vendita, col supporto pubblicitario e promozionale su riviste di settore. Usiamo molto anche il mailing.
Cancelli: Utilizziamo le riviste per la comunicazione nazionale. Regionalmente, in accordo con il distributore, affiniamo la più efficace strategia per ciascuna realtà.
Corona: L’informazione data dai nostri agenti, il mailing e le e-mail promozionali. In un prossimo futuro, con l’utilizzo del nostro sito anche per il B2B (guida con contatti giornalieri da parte dei clienti) struttureremo un servizio di news su molteplici argomenti.
Mazza: Non usiamo nessun metodo, tranne regalare qualche tuta da lavoro. Ma sono convinto che anche se ne regaliamo di più, non si spostano le vendite di mezza virgola. È diventata una consuetudine: se non gli dai la tuta, il cliente te lo rinfaccia. Ma se non gli viene offerto il prodotto e il servizio al prezzo che si aspetta, va altrove. L’unico argomento forte che possiamo mettere sulla bilancia è la professionalità.
Negrini: Attualmente ci serviamo di una rete di agenti che ci promuove presso la clientela, non dimenticando l’importanza del marketing telefonico.
Scammacca: Un distributore bene organizzato e consolidato nel proprio territorio utilizza i propri venditori come mezzo più efficiente per comunicare.
Vicini: Per quanto riguarda il settore degli operatori usiamo il passa parola. In aiuto in questi ultimi anni è arrivato anche il sito web, il marketing telefonico e altre iniziative promozionali.
Quanto spendete in promozione e marketing in rapporto al fatturato?
Amura: Circa il 2% del fatturato realizzato con i fornitori partner.
Baruffaldi/Bruni: Circa il 2-3% del fatturato. Di solito operiamo con iniziative in co-marketing con i nostri fornitori e le spese sono divise al 50%.
Cancelli: L’investimento di Giadi è concentrato sul progetto officina, per quanto riguarda i singoli distributori che fanno parte del network la percentuale destinata alle promozioni varia dal 2 al 3% del fatturato.
Corona: Attorno al 3% del fatturato.
Mazza: Niente.
Negrini: Tra il 4 e il 5% del fatturato dell’azienda.
Scammacca: Le iniziative promozionali con regalie varie sono state talmente sfruttate che non allettano più nessuno. Solo le tute da lavoro (messe in promozione dai nostri fornitori e da noi trasferite alla clientela) rimangono ancora apprezzate. Pertanto, non sosteniamo alcun costo. Spendiamo però parecchie energie per articolare un’efficiente politica di marketing, che possa applicarsi ai diversificati canali presso cui operiamo.
Vicini: Le spese in promozioni e marketing sono intorno al 2% del fatturato. Ancora poco, ma questo è dovuto al fatto che dobbiamo sostenere altre spese generali che hanno un’incidenza ben maggiore.
Pensate che in futuro il mercato italiano sarà più “europeo”, ossia più focalizzato su case auto e grossi distributori?
Amura: La tendenza è quella. Tuttavia, talune peculiarità del nostro mercato resisteranno ai mutamenti.
Baruffaldi: L’Italia sarà anche in futuro diversa dal resto d’Europa. Le differenze saranno, tuttavia, sempre meno marcate.
Bruni: Col regolamento Monti, l’Europa è entrata in Italia. Dobbiamo fare in modo che quest’ingresso sia gestito soprattutto dagli operatori italiani.
Cancelli: La tendenza sembrerebbe premiare le strutture più grosse, ma è anche vero che l’Italia si differenzia dall’Europa per la catena distributiva molto lunga. La figura del ricambista in Italia è molto radicata e difficilmente sostituibile.
Corona: Penso di sì. Le aziende produttrici ascoltano di più i loro clienti di notevoli dimensioni. Già alcuni di essi si sono presentati sul mercato italiano e altri lo faranno in futuro.
Mazza: Per anni, guardando i mercati esteri, li reputavo molto più avanti di quello italiano. Oggi alcune importanti nazioni come Germania, Francia e Spagna, stanno cominciando ad assumere connotati italiani. Si sta attraversando una fase di redistribuzione di certi valori. Forse è proprio il mercato a spingere verso questo, a dispetto delle esigenze dei produttori e di noi distributori.
Negrini: Al momento la tendenza ci porta verso questo tipo di mercato.
Scammacca: La progressiva trasformazione del mercato ha già fatto diventare più europeo il mercato italiano; tuttavia la particolare conformazione geografica non lo renderà mai del tutto simile a quello di altri Paesi. Nell’ipotesi in cui i grossi distributori europei dovessero avere il sopravvento, avranno sempre la convenienza ad appoggiarsi alle strutture dei distributori indipendenti locali, che meglio conoscono la clientela.
Vicini: Potrebbe esserci questo rischio. Mi rendo conto sempre di più che i margini delle aziende diminuiscono e quindi occorre fare economie di scala e avere una massa critica economica e finanziaria sempre più grande.
Rispetto a cinque anni fa, com’è cambiata la vostra dotazione di capitale tecnologico e la relativa gestione del processo produttivo: molto, poco o per nulla? E, nei prossimi anni, contate di aumentare ulteriormente il livello di automazione e informatizzazione?
Amura: i.di.a ha solo tre anni di vita. Per quanto attiene ai soci che compongono i.di.a Group posso affermare che stanno vivendo una radicale trasformazione rispetto agli ultimi 5-10 anni.
Baruffaldi/Bruni: Oggi la nostra azienda è molto cambiata rispetto a cinque anni fa. La trasformazione più evidente non è solo nel livello di automazione e informatizzazione raggiunto, ma si manifesta soprattutto nel coinvolgimento che oggi tutti i collaboratori di Ovam hanno nell’utilizzo quotidiano di questi strumenti. Cinque anni fa i processi aziendali automatizzati erano molto pochi. Adesso sono assai aumentati.
Cancelli: L’informatizzazione è, negli ultimi quattro anni, assolutamente presente in tutti i distributori Giadi.
Corona: È cambiato molto. Nel corso del primo semestre 2004 attiveremo l’e-commerce.
Mazza: Tantissimo. Anche se, nel nostro settore, siamo stati i primi ad acquistare un computer a Bologna: parliamo del 1970 e della tecnologia a nastri perforati. Per il prossimo futuro il nostro impegno dovrebbe salire ulteriormente. Spendiamo ogni anno dai 75.000 agli 80.000 euro in informatica. La quantità di informazione da gestire aumenta tutti i giorni in modo esponenziale. Solo due anni fa abbiamo rinnovato software e hardware: dovevano essere sufficienti a gestire la General Motors. Adesso siamo già “alla frutta”...
Negrini: Sicuramente molto e contiamo nel futuro di mantenere, se non aumentare, il nostro livello tecnologico.
Scammacca: Il livello di automazione e informatizzazione va necessariamente adeguato allo sviluppo del fatturato. Rispetto a cinque anni fa, la dotazione del nostro capitale tecnologico è aumentata poco, essendo già allora sufficientemente attrezzati.
Vicini: Le spese in tecnologia interna e quindi essenzialmente in informatizzazione, sono andate sempre aumentando e la previsione è di un ulteriore aumento. Con questi investimenti si crea efficienza, soprattutto in un settore complicato e articolato come il nostro.
Nuove tecnologie: cosa ha comportato e cosa comporterà la loro applicazione nella gestione delle scorte e degli ordini nella vostra organizzazione in termini di: evasi, soddisfazione del cliente, occupati, fatturato, eccetera?
Amura: È decisamente elevato il livello di automazione e di informatizzazione.
Baruffaldi: Il tasso di evasione è attestato oggi sul 94% dell’ordine ricevuto, calcolato sulla prima consegna. L’investimento informatico e tecnologico è indispensabile non tanto per migliorare questo dato, ma per mantenerlo, in quanto l’aumento dei codici e la necessità di abbreviare i termini di consegna sono la vera sfida dei prossimi anni.
Bruni: Una volta si gestivano 10 pezzi di ferro e un’informazione, oggi si gestiscono 20 informazioni e un pezzo di ferro. La nostra capacità di evadere ordini è salita in cinque anni di 20 volte. Ma il cliente ha sempre più esigenze. Il livello degli occupati e del fatturato è aumentato di diverse volte.
Cancelli: L’utilizzo dei sistemi informatici ha permesso ai distributori Giadi di elevare il servizio delle consegne e degli ordini al fornitori, ottimizzando al massimo il magazzino, che si traduce in una riduzione di costi in generale e una maggiore efficienza. Negli anni a venire queste saranno discriminanti essenziali.
Corona: Dovrebbe portare a un’ottimizzazione delle risorse umane e una maggiore trasparenza nei confronti del mercato.
Mazza: Per trent’anni abbiamo evaso col “pronto” il 96% delle richieste. Ciò presupponeva un magazzino perfettamente calibrato sulle esigenze del mercato. Ma tutto si evolveva molto lentamente: ci lasciava il tempo di stare al passo. Oggi no. L’informatica aiuta senz’altro, ma i codici sono esplosi. E per soddisfare il cliente ci vuole il prodotto materiale, non le “chiacchere”, anche se gestite dal computer.
Negrini: Abbiamo sicuramente ottimizzato la gestione dei magazzini e dell’evasione degli ordini. Questo modo di operare ha se non incrementato, almeno mantenuto il livello di fatturato. Nel contempo speriamo di aver aumentato la soddisfazione della nostra clientela.
Scammacca: Le applicazioni delle nuove tecnologie hanno determinato maggiore efficienza logistica e gestionale, che ha consentito di ottenere benefici effetti in termini di fatturato, evasioni ordini e soddisfazione dei clienti.
Vicini: Efficienza, razionalizzazione, tempestività e maggiore capacità di evasione in tempi più rapidi, miglioramento nella gestione degli acquisti.
Un recente sondaggio ha sorprendentemente rivelato che diverse piccole aziende ritengono internet sostanzialmente inutile, tanto sul piano della visibilità che su quello dell’informazione. Voi, che siete entità più importanti, siete della stessa idea? Spiegate i motivi della risposta.
Amura: L’e-commerce è da tutti ritenuto uno strumento strategico per veicolare informazioni di varia natura in tempo reale.
Baruffaldi: Internet è uno strumento importante per il B2B. Nel mese di Ottobre Ovam ha presentato il suo progetto di e-commerce. La nostra opinione è che questo progetto possa coinvolgere da subito il 20-25% dei nostri clienti e mirando all’obiettivo del 30-35% degli ordini processati. Le aziende che non ritengono strategico questo tipo di strumento probabilmente operano con una tipologia di clienti a basso profilo informatico.
Bruni: Vediamo internet come standard per la trasmissione di informazioni. Da solo non fornisce soluzioni, sta a noi usarlo in modo produttivo.
Cancelli: Nel nostro mercato internet non ha portato grosse novità.
Corona: Assolutamente no. Il lavoro, nel tempo, è molto cambiato e l’utilizzo di internet ci aiuterà sempre di più anche nel campo dell’informazione. Per trasmettere dall’aggiornamento a catalogo alla news tecnica con immediatezza. Sono dei “plus” che devono essere tenuti in debita considerazione.
Mazza: Assolutamente sì.
Negrini: È decisiva l’importanza di questo strumento nella gestione della comunicazione ottimizzata con i nostri fornitori e con i nostri clienti.
Scammacca: Internet è utile dal punto di vista della visibilità e dell’informazione. Dal punto di vista commerciale appare uno strumento freddo che rischia di compromettere l’indispensabile dialogo tra fornitore e cliente.
Vicini: Noi investiamo abbastanza in questo, sebbene siamo consapevoli che, per adesso, è uno strumento poco utilizzato a cui si guarda con scetticismo. Ma permette di fare economia, avere velocità di trasmissione e accesso alle informazioni. Non penso che esista un altro strumento così efficace. È chiaro che tutta la filiera del nostro settore deve aprirsi all’utilizzo di internet perché questo possa avere successo. Anche i gestori della rete devono incentivare questo passo.
Rispetto a 5-10 anni fa state facendo più uso di internet e di gestione ordini on-line. Usate il web anche per pubblicità e informazione? Se sì, con quali riscontri?
Amura: Vedi risposta alla domanda precedente.
Baruffaldi: Al momento internet non viene usato per la pubblicità della nostra azienda e dei prodotti da essa commercializzati, pur essendo da tempo dotati di un sito che illustra sia l’una che gli altri. Entro pochi mesi potremo tuttavia offrire in modalità intranet un’offerta più completa al nostro cliente nel campo dell’informazione di carattere tecnico-commerciale, statistica e amministrativa. Una pubblicità tramite internet con banner, legati a portali di altissima consultazione, potrebbe essere abbinata a una campagna pubblicitaria nazionale della rete Point Service.
Bruni: Nei confronti dei nostri fornitori gli ordini automatizzati on-line sono nell’ordine del 90%. Qui il rapporto è fra organizzazioni che sono già strutturate in tal senso. Sul fronte della clientela la quota scende al 4%, ma in questo caso siamo partiti solo da poco e siamo in fase sperimentale.
Cancelli: Le aziende del gruppo Giadi si stanno adoperando per creare un servizio di e-commerce. Questo migliorerà l’immagine dell’aziende, ma per vederne i reali vantaggi occorrerà del tempo.
Corona: Per il momento lo usiamo per rivolgerci ad alcuni fornitori, ma proprio in questi giorni sigleremo l’accordo con una società di software per svilupparlo nei confronti della clientela. L’obiettivo non sarà solo la gestione degli ordini, ma anche la comunicazione di promozioni, dati statistici, news tecniche, l’estratto conto del cliente, gli aggiornamenti del catalogo e quant’altro possa essere sviluppato con tale mezzo.
Mazza: I fornitori ci spingono a fare l’ordine col computer. Ma dovrebbero operare su una piattaforma comune, soprattutto per chi ha decine di fornitori. Adesso, invece, ciascuno ha il proprio programma che, fra l’altro, cambia in continuazione. Senza contare i problemi provocati dal fatto che, ogni tanto, qualcosa si “inchioda” e si perdono dati e ordini. In questa eventualità sono le stesse case fornitrici a invitarci a riprendere in mano il telefono. Sul fronte della clientela, il nostro cliente medio fa fatica persino a inviare un fax. Il più delle volte detta l’ordine per telefono. Il piccolo ricambista non ha tempo, e forse nemmeno voglia, di passare del tempo al terminale. Deve stare dietro al banco dove, dall’altra parte, ci sono i meccanici che hanno sempre una gran fretta.
Negrini: Ci stiamo avvicinando a questo mondo. Purtroppo il livello informatico della nostra clientela non ci consente di ottenere grandissimi ritorni.
Scammacca: Internet, rispetto a 5-10 anni fa, è diventato uno strumento indispensabile, non solo per la gestione degli ordini con i fornitori, ma anche per la normale corrispondenza giornaliera. L’utilizzo del Tec/Com, dal punto di vista commerciale, si sta rivelando un prezioso strumento di informazione nel settore dei ricambi.
Vicini: Sono circa cinque anni che utilizziamo internet. Dal 2003 lo utilizziamo anche per verificare le disponibilità ed effettuare gli ordini on-line. L’utilizzo di internet come strumento di pubblicità e comunicazione è più difficile, perché non si possono creare automatismi. Occorre personale specializzato che sappia operare sulla rete, oppure affidare in outsourcing il tutto. Inoltre, anche il cliente dovrebbe essere dotato di collegamenti molto veloci ADSL o HDSL. I riscontri sono stati comunque superiori alle aspettative.
Dalla tavola rotonda virtuale che Notiziario Motoristico ha organizzato, emergono diverse considerazioni relative alla fase che sta vivendo il settore del ricambio indipendente. Abbiamo anzitutto avuto conferma che tutte le esperienze professionali hanno la loro validità: da quella dell’economista esperto in strategie aziendali e organizzazione industriale, con alle spalle prestigiose esperienze accademiche e professionali, a quella dell’imprenditore che si è “fatto da sé” e, magari senza nemmeno un diploma, è arrivato a costruire un’importante azienda e a sviluppare una capacità di ragionamento chiara e immediata. Tipica di che si è abituato a lavorare in giovane età.
Anche in questa sede l’economia si è rivelata una scienza empirica. Ogni ragionamento e ogni teoria perde il suo slancio se non riesce a misurarsi efficacemente con la realtà, spiegandola e magari anticipandola. Le risposte raccolte, anche se non soprattutto proprio quelle di coloro che hanno dedicato più tempo allo studio, dimostrano che il lusso d’eccessiva astrazione il nostro settore non potrà mai permetterselo. Troppe sono le prove a breve termine che deve affrontare e altrettante quelle a scadenza più differita. L’incertezza nel futuro è palpabile, ma ci è sembrato che altrettanto consistente sia la decisione nell’affrontare le nuove sfide.
Pur nella varietà delle idee, ciascuno ha fornito spunti interessanti su cui meditare e, probabilmente, sulle quali baserà la sua futura vita aziendale. Si sono registrate posizioni comuni, soprattutto per quel che riguarda le variabili finanziarie. Quasi tutti sono stati più o meno concordi nel prevedere un aumento del capitale aziendale di funzionamento necessario ai grossisti, per fronteggiare le esigenze di dettaglianti che tendono ad avere un magazzino sempre più risicato. Di contro, non sembra che il nostro sistema creditizio, fra i più esosi e inefficienti fra i Paesi industrializzati, sia funzionale alla situazione. Almeno finché quel settore rimarrà protetto dalla concorrenza internazionale e i suoi privilegi (a tutti i livelli) saranno immuni da quelle riforme strutturali che stanno investendo i comparti economici di tutti i Paesi. Non si possono vincere le sfide della globalizzazione se si ha a che fare con un sistema bancario feudale, che gode di tutti i diritti e sopporta pochi doveri. Oltretutto, dopo la piena e generale introduzione dell’accordo interbancario Basilea 2, le condizioni creditizie per i piccoli operatori dovrebbero peggiorare ulteriormente, salvo modifiche dell’ultima ora.
Tutti sono stati concordi sul considerare l’avvento dell’euro quale fattore di impoverimento del consumatore italiano. Che sia concretamente vero o no è da dimostrare, almeno secondo l’Istat. In ogni caso, il ceto medio si sente meno abbiente. E, conseguentemente, tende a spendere meno: anche sull’auto. Certo è che la legge di Engels parla chiaro: all’aumentare del prezzo dei beni di prima necessità, a parità di reddito nominale, ne fanno le spese i consumi di tutti gli altri generi. In altre parole: se spendo di più per mangiare, mi rimane meno da spendere per l’auto... E il rincaro di questi generi è di certo innegabile.
Di fronte alla tecnologia, l’atteggiamento delle nostre aziende è senz’altro aperto, dimostrando un alto grado di adattabilità, ma condito di una buona dose di saggio scetticismo. Internet e l’informatica vengono sempre visti come strumenti di lavoro, non come magiche panacee di ogni problema aziendale. Con un notevole livello di empatia, ogni intervistato si rende conto che non tutti i potenziali acquirenti, rivenditori o consumatori finali che siano, sono laureati in ingegneria. La quantità di tecnologia immessa nel processo produttivo e commerciale è e sarà dosata sapientemente, soprattutto in funzione della preparazione e della sensibilità dei clienti che devono usufruirne.
Il Dna aziendale dei nostri operatori (almeno di quelli intervistati), sembra in grado di sviluppare le strategie di risposta più adatte alla propria situazione aziendale e di mercato. Mescolando sapientemente metodi nuovi e tradizionali, in funzione delle proprie specifiche esigenze. Persino nella comunicazione commerciale, dove le carenze della piccole imprese sono forse maggiori rispetto a quelle più grandi, i grandi colossi multinazionali cominciano a copiare i metodi promozionali più usati dalle PMI. Procter & Gamble, per esempio, sta fortemente investendo sul “passaparola”. Anche perché la spesa nella comunicazione di massa è sempre più elevata e la sua efficacia sempre minore: nel 1965 tre spot televisivi da 60 secondi raggiungevano l’80% dei consumatori americani. Nel 2002 per colpire lo stesso obiettivo erano necessari 117 spot, concentrati tutti in prima serata...
In effetti, come si può pensare di delegare tutto al Pc, alla Tv digitale e a interent, come teorizza a sproposito qualche ingegnere? L’errore di base degli approcci comunicazionali e organizzativi ipertecnologici è di non tener conto che il consumatore medio ha solo due occhi, due orecchi e, soprattutto, una sola testa. Che un giorno è formato di sole 24 ore, di cui almeno 10 da dedicare ad alimentazione, riposo e cura del corpo. Senza contare il tempo necessario al lavoro... Con tutti i suoi limiti, il nostro sistema sembra invece avere capito che anche la comunicazione, la promozione e l’organizzazione aziendale e industriale deve essere più calibrata a misura d’uomo. Bisogna insomma saper fare i conti con l’oste. Anche nel settore dei ricambi auto. Soprattutto in un momento in cui le case costruttrici si fanno e si faranno sempre più invadenti. Certo i problemi non mancano e non mancheranno. Tutti sono più o meno consapevoli che il cambiamento è l’essenza stessa del mercato. Chi vuole fare l’imprenditore sa che deve gestirlo quotidianamente nella giusta misura: senza esagerazioni per eccesso o per difetto. Oggi, come ieri e come domani. Del resto lo stesso Karl Marx definì il capitalismo quale sistema produttivo “costantemente rivoluzionario”...