La Zuccheri Ricambi distribuisce ricambi per autoveicoli da quasi cento anni: abbiamo parlato con Massimo Zuccheri e con il figlio Alessandro, che ci hanno spiegato come è cambiata la distribuzione e cosa dobbiamo aspettarci per il futuro.
Non è facile incontrare aziende che operano nel mondo della distribuzione da quasi un secolo; ancora più difficile che una società di questo tipo sia ancora sulla breccia e pronta ad affrontare le nuove sfide proposte dal mercato. Chiediamo a Massimo Zuccheri e al figlio Alessandro di spiegarci, dal loro punto di vista privilegiato, la storia e il futuro della distribuzione automotive.Signor Zuccheri, può raccontarci la storia della vostra azienda?
Massimo Zuccheri: Abbiamo iniziato nel secondo decennio del 1900, gestendo all’inizio prodotti meccanici di quello che, all’epoca, si avvicinava più all’idea di autovettura: gli autocarri. Questa divisione è rimasta attiva fino agli anni Novanta, successivamente ci siamo dedicati solo ed esclusivamente alle autovetture. Il cambiamento ci ha consentito di ampliare la gamma dei prodotti offerti e dei modelli serviti, con una crescita costante: basti pensare che nel corso del tempo abbiamo cambiato quattro magazzini; siamo partiti dal centro storico di Roma per andare sempre più in periferia, in modo da trovare spazi più ampi, fino alla sede attuale adeguata per dimensione ai volumi trattati.
Cosa è cambiato nel tempo?
Massimo Zuccheri: Il servizio. Una volta era sufficiente acquistare nel modo più vantaggioso la migliore qualità, e poi cederla al mercato a un prezzo equo e giusto. Oggi questa è solo una delle componenti di questo tipo di commercio, bisogna dare al mercato il supporto per vendere a sua volta, in modo che il materiale non si accumuli sugli scaffali, fermando così tutta la filiera. Questo significa aggiornare il ricambista, fornendo cataloghi e costanti corsi di formazione. Così si velocizza il ciclo del materiale dall’origine al mercato.
Il contatto con i nostri clienti è molto più diretto, servono nuove strutture e attività prima sconosciute a questo settore. Questo si traduce nell’esigenza di avere un centro tecnico, fornire al mercato attrezzature di diagnosi per far lavorare l’autoriparatore nel miglior modo possibile e ospitare i propri clienti con una elevata frequenza nell’arco dell’anno per far vedere loro, personalmente, in cosa consiste l’assortimento del magazzino: i prodotti, le nuove linee, il servizio offerto; in un clima di completa trasparenza.
Può sembrare una operazione semplice, invece è un notevole impegno in termini di tempo, risorse umane e finanziare; nonostante ciò noi siamo i primi a ringraziare i clienti che partecipano a queste nostre iniziative. Il nostro interesse è che loro traggano la massima soddisfazione dal rapporto interpersonale tra la nostra e le loro aziende e, ovviamente, dal prodotto.
Suo padre ci ha raccontato le origini e i cambiamenti di questa professione, a Lei chiediamo invece di fare qualche previsione sul futuro.
Alessandro Zuccheri: Ci sarà sicuramente una forte concentrazione delle aziende, per aggregazione o per acquisto, come sta capitando ultimamente. Probabilmente aumenterà la disposizione di risorse da poter investire su un mercato che è già ora in estrema fermentazione. Le forme di aggregazione, dicevamo, possono essere come il gruppo che rappresentiamo, I.di.a., oppure formule di acquisto, come sta succedendo ad altre realtà, senza dimenticare i consorzi come EuroCME, che rappresentano una iniziativa sicuramente interessante.
A contraddistinguere un gruppo forte da uno debole sarà però la capacità di stare sul mercato in una determinata maniera, ad esempio con l’organizzazione di un progetto di officine estremamente professionali.
È per questo che avete deciso di associarvi al gruppo I.di.a.?
Alessandro Zuccheri: La Zuccheri è socia del gruppo I.di.a. perché crede estremamente in quelli che sono i valori del futuro mercato, fondato sull’efficienza di tutta la filiera. Fornitori estremamente capaci, che producano componenti di alta qualità; distributori con grandi doti commerciali, in grado anche di intrattenere pubbliche relazioni e di coinvolgere la catena distributiva al completo; ricambisti più tecnici e organizzati; officine estremamente preparate.
Personalmente ritengo che da qui a dieci anni esisteranno sei o sette differenti grandi reti di officine indipendenti, a cui l’automobilista potrà rivolgersi.
Quindi officine più grandi e più specializzate…
Alessandro Zuccheri: Il futuro è il sistema tedesco o francese, in cui i meccanici operano in grandi spazi da 200, 500 o più metri quadrati e dove sono riunite quelle che oggi sono le nostre categorie di settore: gommista, carrozziere, meccanico. Quest’ultimo diventerà sempre più una figura polivalente, quella che nel nuovo gergo è definito l’autotronico: una persona in “camice bianco” capace di effettuare la diagnosi del veicolo, ripararlo e comunicare con il cliente, spiegando i guasti e la maniera in cui sono stati riparati. Solo in questo modo l’automobilista se ne andrà soddisfatto delle prestazioni ricevute.
Per effettuare un progetto di questo tipo c’è bisogno di risorse e formazione, sia per ricambisti sia per meccanici, un ruolo questo che storicamente tocca a distributori e produttori, voi come operate?
Alessandro Zuccheri: Qui nel Lazio abbiamo oramai creato da quasi due anni, anche grazie a Bosch e Dayco, dei corsi che sono mirati all’apprendimento di nuove tecnologie. Tenere un ciclo di giornate sull’elettronica è fondamentale, perché i problemi di una vettura sono sempre meno legati ad ammortizzatori, tiranteria o altre parti meccaniche; oggi, esclusi gli interventi di manutenzione ordinaria, la maggioranza dei problemi derivano dall’elettronica: che sia ESP o CAN-bus.
In questa ottica è fondamentale stringere accordi con i produttori. Nel nostro caso, ad esempio, Dayco, che progetta il fronte motore, e Bosch, che sviluppa le altre parti, siano esse Common rail oppure comfort, ci danno il supporto per fornire le dovute informazioni.
Il futuro è quindi nella comunicazione e nello scambio del maggior numero possibile di informazioni?
Alessandro Zuccheri: Direi di sì. Noi, come Zuccheri, distribuiamo per esempio un piccolo opuscolo conoscitivo in cui informiamo gli autoriparatori, in maniera estremamente semplice, sulle tecnologie che troveranno nelle nuove auto, in modo che l’eventuale installatore sia in grado di spiegare al cliente quale sia il problema nel caso si accendesse una spia. Qui nel Lazio ci troviamo di fronte a una classe di istallatori poco informata; c’è una grande fame di notizie.
Il circolante sta cambiando, come ha inciso sul vostro magazzino?
Alessandro Zuccheri: Sicuramente siamo passati dal tenere “pochi” articoli ad averne tantissimi. Le parti di ricambio sono sempre più differenti, non più solo in base alla vettura: oggi uno stesso modello è equipaggiato con sistemi diversi a seconda della versione. La stessa regola si applica anche a un motore: il nuovo 1.4 Hdi della Peugeot, ad esempio, può essere provvisto di sistema Siemens o Bosch, che sono estremamente differenti. Per ogni modello suggeriamo di chiedere anche il numero di telaio, dal quale dedurre il sistema montato. In questo modo riusciamo a fornire un servizio estremamente accurato al cliente finale.
I ricambisti fanno sempre meno magazzino, delegando alla distribuzione. Voi come gestite questa situazione?
Alessandro Zuccheri: Noi emettiamo moltissime bolle al giorno. Il distributore è praticamente il magazzino dei suoi ricambisti. Nella Zuccheri la gestione computerizzata aiuta molto, ma anche l’intera struttura del magazzino è concepita per accelerare i tempi di consegna: abbiamo una “torre di controllo” che smista gli ordini e coordina i lavori, mentre i due piani sono collegati da ascensori e nastri trasportatori.
Cosa pensa della BER a due anni dalla sua entrata in vigore?
Alessandro Zuccheri: La legge Monti ci ha dato una grande opportunità. Purtroppo le case auto hanno “blindato” le officine autorizzate e le concessionarie. Proprio queste, inoltre, sono notevolmente più aggressive sul mercato, al punto che alcune parti di ricambio, come ad esempio le cinghie della Opel o della Renault sono molto competitive nei confronti dell’Aftermarket.
Bisogna considerare, inoltre, che noi possiamo fare poco nei confronti delle case auto: hanno alle spalle delle risorse di cui sicuramente i distributori, ma anche alcuni produttori, non dispongono. L’unica soluzione che vedo quindi è quella di creare sinergie, avere una forte rete di distributori e di fornitori capaci di avere interessi comuni e portare conoscenza al mercato, in modo che l’automobilista sappia che anche da un autoriparatore indipendente può trovare professionalità, qualità e nozioni; elementi che corrispondono a una riparazione efficiente.
Come vede il 2005?
Alessandro Zuccheri: Per fortuna o per sfortuna il nostro è un settore con un andamento inversamente proporzionale alla ricchezza: peggio va e meno soldi ci sono per comprare auto nuove, quindi aumentano le riparazioni, anche perché con gli elementi di elettronica e con i materiali utilizzati oggi andare in giro con una macchina che non è efficiente comporta grossi rischi. Il bilancio quindi credo che sarà positivo.