Per affrontare l'aumento dei prezzi dell'acciaio e del costo del petrolio, occorrono nuove strategie e maggiori investimenti in ricerca e sviluppo. Le risorse finanziarie verranno da una più stretta e autentica collaborazione tra case auto e fornitori. In ArvinMeritor ne sono convinti.
Il mercato europeo rappresenta una realtà variegata, sulla quale la BER non ha prodotto effetti omogenei: Jesus Sanchez, amministratore delegato per l’Europa e il Sud Africa della divisione Light Vehicle Aftermarket di ArvinMeritor, parla del futuro del mercato e dell’industria automobilistica.Come giudica la situazione attuale dell’Aftermarket in ambito europeo?
In termini generali negli ultimi due anni l’economia europea ha recuperato il terreno perso nei due anni precedenti. Si deve però tenere in considerazione il fatto che l’Europa non rappresenta necessariamente un solo mercato. Se lo si analizza a fondo, ci si accorge che può essere suddiviso in varie aree: Inghilterra, zone peninsulari, Italia, Europa Centrale ed Europa del Nord, infine Europa dell’Est e Russia. Queste cinque realtà, non necessariamente interattive, presentano diversità di strutture economiche e maniere differenti di accostarsi al mercato. Mentre, infatti, l’Europa Centrale e Continentale, insieme al mercato iberico, hanno fatto registrare un processo di crescita molto più lento al principio del 2004 rispetto a quello degli ultimi due anni, nell’Europa Centrale e nelle regioni del Nord il mercato è rimasto stabile e nella seconda metà del 2004 ha avuto nuovamente una ripresa. In Italia, a partire dall’inizio del 2004, si è assistito a un significativo calo dell’Aftermarket.
Naturalmente queste considerazioni generali sono basate sulla somma degli andamenti dei diversi prodotti sul mercato. Molto dipende dall’elasticità della domanda: se per poter usare l’auto, è necessario cambiare il componente danneggiato, l’elasticità è zero; se, invece, si può continuare a utilizzare l’auto con il componente danneggiato per lungo tempo, l’elasticità è totale. Ad esempio, i componenti elettrici sono rimasti stabili, ma prodotti come gli ammortizzatori e i sistemi di scarico, che sono più elastici, hanno subito un calo: sul mercato spagnolo si è verificata una flessione di entrambi i prodotti, in Italia sono stati maggiormente colpiti i sistemi di scarico.
Quali sono le principali ragioni di questo andamento negativo?
Fondamentalmente una: l’utilizzo dell’acciaio inossidabile per i prodotti di primo equipaggiamento, dapprima in Europa Centrale, poi in Inghilterra e nel resto dell’Europa. In conseguenza del suo avvento, la durata dei prodotti OE si è estesa in maniera considerevole. Ad esempio, se la durata di un sistema di scarico non in acciaio inossidabile si aggira intorno ai quattro anni, lo stesso sistema in acciaio inossidabile può durare il doppio del tempo. A questo bisogna aggiungere che in Europa si è verificato anche un calo contenuto della durata di vita di un veicolo: se la media in passato era di quindici anni, oggi è scesa a dodici. La somma dei due fenomeni produce immediatamente una contrazione del mercato del 30 – 40%. Questa flessione si è già verificata in alcune zone dell’Europa: in Inghilterra, in Spagna e oggi anche in Italia.
Nel quadro che sta delineando manca ancora una protagonista dell’attuale panorama: la BER.
I cambiamenti dovuti all’introduzione della BER saranno graduali, non certo subitanei. Interesseranno due diverse aree di mercato. Innanzitutto, i distributori di OE, che dovranno cominciare a pensare in termini di livelli e dimensioni multiple: fino a oggi hanno avuto un solo fornitore, un solo prodotto, un solo prezzo; d’ora innanzi dovranno pensare in termini di molteplici fornitori, molteplici prodotti, molteplici prezzi. In secondo luogo i distributori indipendenti, che, in conseguenza della BER, dovranno accrescere le proprie conoscenze tecniche e occuparsi maggiormente della propria immagine. È chiaro che la BER non riguarda tanto il mercato degli ammortizzatori e dei sistemi di scarico, quanto piuttosto i ricambi più importanti: nel momento in cui si deve spendere una somma importante, se non si ha un’immagine forte del proprio fornitore, si torna al distributore OE. Per questi motivi ritengo che il cambiamento non sarà drastico.
Molti dei miei colleghi non condividono la mia opinione: mi è capitato di leggere in un articolo che, grazie alla BER, il mercato europeo dell’Aftermarket è cresciuto di 1,6 milioni di euro – se non ricordo male. Non credo che la BER abbia la capacità di rendere più ampio il mercato. Inoltre, in realtà, non incrementa le possibilità del settore indipendente. Questo perché anche le aziende dell’OE sono pronte a trarne vantaggio, avendo compreso che oggi si deve pensare in termini di molteplici prodotti e molteplici prezzi, come prima dicevo. In secondo luogo perché la BER non ha finora cambiato il modo in cui la gente sceglie il servizio auto in Europa: in alcuni Paesi il 75% dei possessori auto preferisce rivolgersi al concessionario; in altri il 75% si reca di preferenza dal riparatore indipendente – in quest’ultimo caso la BER ha effetti minimi.
Eppure in Italia, proprio in virtù di questa legge, sono sorte alcune reti di riparatori indipendenti...
Io penso che in Italia si stia semplicemente aprendo una nuova possibilità, a prescindere dalle opportunità offerte alla BER. L’Italia è stata fino a ieri uno dei pochi Paesi europei a non avere una forte organizzazione indipendente sul mercato. Penso che le opportunità per crearla siano sempre esistite.
Ci sono stati cambiamenti nei rapporti con le case auto?
ArvinMeritor ha una forte richiesta di sistemi di scarico, ammortizzatori e convertitori catalitici di primo equipaggiamento. I cambiamenti credo che avverranno soprattutto in futuro: i produttori auto sono destinati a trasformarsi sempre più in case tecniche, ingegneristiche, in organizzazioni finanziarie e centri di supporto tecnico per il marketing, lasciando ai fornitori di componenti il compito di costruire le vetture.
E visto che parliamo delle sfide del futuro, bisognerà prendere in considerazione anche la variante del costo del petrolio. Per capire quanto sia determinante il peso di questo fattore, basta considerare le evoluzioni tecnologiche verificatesi nell’industria automobilistica in occasione della prima crisi petrolifera: dopo il 1973 il consumo di carburante per chilometro è stato ridotto drasticamente. Oggi le nuove auto presentate da Honda e Toyota fanno 60km con un litro.
Ritiene che le case automobilistiche investano abbastanza in ricerca?
Non penso che la domanda debba essere posta in questi termini. Ritengo che gli investimenti nella ricerca dovrebbero essere suddivisi tra costruttori auto e componentisti. Come infatti dicevo, l’intero processo produttivo delle auto subirà grandi cambiamenti. Oggi siamo ancora lontani da una vera partnership tra produttori auto e fornitori. La buona notizia è che le risorse finanziarie non mancano.
A proposito: quali conseguenze ha portato l’impennata del prezzo dell’acciaio su tutti i mercati mondiali?
In questo momento l’aumento del prezzo dell’acciaio non ha ancora toccato i prodotti che i consumatori stanno acquistando oggi. D’altra parte credo che i prezzi siano destinati a permanere elevati per lungo tempo. A questo si deve aggiungere l’aumento del costo del petrolio: ancora non stiamo vivendo il suo impatto reale sul mercato. Consideriamo inoltre i prezzi delle auto: il prodotto finito sul mercato oggi costa meno al consumatore che nel 1961. L’efficienza e il progresso non possono arrivare così lontano. A questo punto bisognerebbe formulare la domanda successiva: ci saranno abbastanza soldi per supportare una maggior espansione del mercato in termini di costi? La visione attuale, improntata sulla riduzione dei prezzi, mostra i suoi limiti. Nutro sicuramente la convinzione che l’industria automobilistica, che fino ad oggi ha saputo far fronte alle sfide, saprà trovare nuove soluzioni.
È semplicemente giunto il momento di una svolta: bisogna essere pronti ad affrontare i necessari cambiamenti.