Articoli | 01 November 2004 | Autore: David Giardino

Favarimeazza, distributori ricambi per vocazione da generazioni

La Favarimeazza è da quasi mezzo secolo una realtà importante della distribuzione ricambi in Lombardia. Abbiamo incontrato Walter e Paolo Nidasio per conoscere più da vicino la loro attività e le prospettive del mercato della distribuzione indipendente in questa importante regione italiana.

La Favarimeazza è stata fondata nel 1957 dai signori Favari e Meazza e sino agli anni ’80 l’attività principale dell’azienda è stata caratterizzata dalla distribuzione di ricambi per veicoli industriali. Nel ’78 l’ingresso in Favarimeazza di Walter Nidasio, proveniente da una significativa esperienza come direttore Vendite in Pitteri & Violini, avvicina l’azienda al mercato dei ricambi auto.
Walter Nidasio è artefice del nuovo corso in azienda; in poco tempo l’attività si specializza nel settore dei ricambi per auto, lasciando progressivamente quello dei veicoli industriali. Due marchi in particolare permettono il successo di questa iniziativa: Sigmauto, produttore di ganasce freno e Autokit per il settore dei cuscinetti distribuzione. Nel ’89 Walter Nidasio rileva interamente le quote della Favarimeazza e nel ’95 trasferisce l’azienda nella sede di Pero. Abbiamo incontrato Walter e Paolo Nidasio per vivere “in presa diretta” la realtà del mercato, con l’importante contributo di chi lo ha vissuto negli anni migliori e di chi lo sta vivendo in un periodo non certo esaltante.

Quali sono i principali cambiamenti che si possono rilevare nel vostro lavoro?
Walter Nidasio: Di cambiamenti ce ne sono molti. Potrei individuare differenze nel modo di lavorare di trent’anni fa rispetto ad oggi in tutti gli aspetti. Il principale cambiamento che noto è soprattutto nei rapporti interpersonali. Oggi la velocità e la frenesia del lavoro non permettono alle persone di conoscersi a fondo, di far nascere magari un’amicizia. Quando ho iniziato a lavorare in questo settore i rapporti umani erano importantissimi, oggi non è più così e solo chi ha vissuto quel periodo può capire la differenza.

Variazioni soprattutto nei rapporti umani, non nel lavoro quindi...
Paolo Nidasio: Anche il lavoro è cambiato ovviamente, bisogna essere estremamente veloci nelle consegne e supplire i nostri clienti ricambisti con un adeguato magazzino, che si è sviluppato negli anni orizzontalmente. Quello che è cambiato sostanzialmente è il circolante e questo ha comportato un incremento considerevole dei codici per famiglia di prodotto. I nostri clienti non riescono ad avere tutto il materiale presso il loro punto vendita e tocca a noi supplire a questa necessità in tempi estremamente rapidi. Per questo motivo abbiamo aperto a marzo 2001 una filiale Favarimeazza a Brescia; mentre a Pero ci siamo strutturati con un magazzino di 2.500mq e a Brescia di 1.100mq; movimentiamo complessivamente circa 20.000 articoli su tutte le referenze.

Notate una contrazione del numero dei ricambisti in Lombardia? E’ aumentata la sofferenza nel credito?
Contrariamente a quanto sento e leggo, non posso confermare una variazione significativa del numero dei nostri clienti, anzi ne abbiamo un numero consolidato e da tempo sopra le 400 unità. Non so se questo sia un fenomeno esclusivamente lombardo e se le altre regioni italiane abbiano delle difficoltà maggiori. Come un po’ in tutti i settori, le più grandi realtà sono destinate a crescere e quelle minori a soffrire maggiormente. Per quanto riguarda il discorso sul credito, sin dagli inizi della nostra attività per politica aziendale non ci siamo sostituiti al lavoro delle banche e a fronte di un servizio qualificato chiediamo la stessa correttezza dai nostri clienti.

Riuscite ad avere la collaborazione dei vostri clienti ricambisti per aiutare l’officina a crescere qualitativamente?
Abbiamo la collaborazione dei nostri clienti, anche se a volte ci accorgiamo che hanno difficoltà a capire le priorità alle quali devono far fronte. Spesso sono molto occupati nella vendita e non è facile distoglierli da questa occupazione che per loro è fondamentale. È certo comunque che le informazioni tecniche avranno sempre maggiore importanza e molti componenti si potranno vendere solo con esse, ma questo accadrà nel futuro e anche se si tratta di un futuro ormai prossimo, riceveremo la dovuta attenzione solo all’ultimo momento. Anche le officine per la maggior parte sono disattente a queste problematiche ed è molto faticoso riuscire a coinvolgerle in serate di approfondimento tecnico.

Il mercato della riparazione tradizionale si mostra distratto, al contrario non sembra che gli autorizzati stiano con le mani in mano: consorzi di concessionari sono l’esempio di un tentativo di conquistare nuove fasce di clientela.
La preoccupazione maggiore è l’inerzia del mercato indipendente, più che l’attività di quello autorizzato. I consorzi di concessionari non sono una novità assoluta: operano ormai già da qualche anno, ma non incidono sul lavoro del nostro cliente in modo significativo.

Nel mercato indipendente sono nati dei consorzi di distributori con il progetto “officina”; come considera queste realtà?
In linea generale trovo che siano iniziative positive, anche se cercare di unire realtà disomogenee fra loro può creare più problemi che sinergie; mi riferisco ad esempio alla gestione di marchi in concorrenza. Giudicherei il progetto addirittura controproducente nel caso in cui l’unione venga vista solo come tentativo di ottenere migliori condizioni da parte dei fornitori. La nostra filosofia aziendale ci porta ad essere partner con i nostri fornitori; cerchiamo di rappresentarli al meglio e con coerenza commerciale e a loro chiediamo la stessa correttezza e aiuto. Grazie a questo nostro modo di operare abbiamo ottenuto dal mercato dei riconoscimenti sia in termini di immagine sia di fatturato. Ecco perché preferiamo percorrere la nostra strada autonomamente, liberi di scegliere i marchi da rappresentare nel rispetto di quelli che già possediamo.

Ritiene che i produttori di componenti stiano aiutando sufficientemente il mercato indipendente?
Mi sembra che, a parte rare eccezioni, manchi la volontà dei grandi componentisti di fare formazione all’officina. Solo loro sarebbero in grado di portare l’informazione tecnica all’officina indipendente, rendendola equiparabile a quella autorizzata.

Con l’introduzione del Regolamento Monti, le sembra che ci siano stati dei cambiamenti sulla percezione dei ricambi originali ed equivalenti da parte dell’autofficina?
Non ho notato nessun cambiamento. Nel tempo è stato il mercato stesso ad escludere i prodotti di bassa qualità e quindi oggi in Lombardia, come credo anche nel resto d’Italia, sono pochi i ricambi non conformi, a prescindere dalla dichiarazione del produttore.

Come valuta l’andamento del mercato?
Il nostro fatturato di quest’anno è il migliore di sempre: abbiamo superato i 7 milioni di euro. In generale mi pare che gli articoli meccanici stiano soffrendo come vendite, a causa di una maggiore affidabilità degli autoveicoli e di una minore percorrenza media. I materiali di consumo godono invece di migliore salute. Il fatturato è mantenuto su livelli soddisfacenti anche in conseguenze di un maggior prezzo medio dei ricambi. Grazie anche a questa situazione si riesce a far crescere i fatturati.

Quale fattore potrebbe aiutare il mercato indipendente a recuperare le quote perse nel tempo a favore delle reti autorizzate?
Per poter sperare in una crescita del mercato indipendente bisognerebbe che l’officina meccanica riuscisse a fare un cambio di qualità e di mentalità. Sono troppi gli operatori che hanno smesso di investire nella propria attività, presentandosi al pubblico con officine non sempre inappuntabili sia dal punto di vista estetico sia di attrezzature. Basterebbe saper vendere meglio la propria immagine; basti pensare che le reti ufficiali hanno inserito questo aspetto fra i primi parametri qualitativi della loro rete. Non dico che la forma equivalga alla sostanza, ma viviamo nell’epoca dell’immagine e sapersi vendere a volte conta più dei contenuti.

Basterebbe solo più immagine per le officine?
Certamente no. Le officine sono oggi in crisi; con le riparazioni elettroniche non basta più un ponte e degli utensili per poter lavorare e gli investimenti richiesti per riparare una macchina moderna sono importanti e continui. Per esempio, difficilmente chi non ha avviato il proprio figlio alla professione in officina ha la volontà di affrontare questi investimenti e tende a tirare avanti sino a fine carriera. Il problema molte volte è il ricambio generazionale.

Quali sono invece le principali difficoltà della distribuzione?
Le principali difficoltà le identifico nella sovrapproduzione di componenti. Tutte le aziende, dai produttori auto ai componentisti, hanno capacità produttive superiori all’attuale richiesta di mercato. Tutto questo materiale messo a disposizione crea delle difformità, delle politiche aggressive, che distruggono velocemente anche marchi affermati. Seconde e terze linee di produzione e di distribuzione sono un esempio all’ordine del giorno. Per questo, come ho già detto precedentemente, cerchiamo produttori che abbiano già nel loro modo di essere la nostra filosofia aziendale, atta più a crescere nel mercato con il marchio, trasferendo allo stesso la filosofia del produttore che rappresentiamo. Se si riesce in questo difficile compito, i quantitativi sono destinati a crescere con continuità; al contrario forti crescite normalmente generano forti tensioni e successivamente repentini crolli.

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