Cambio, semiassi e mozzi: in un’auto la trasmissione di potenza è affidata a organi indispensabili di cui l’aftermarket non può fare a meno, eppure…
Eppure nel mondo della riparazione indipendente questi componenti stanno subendo un lento ma costante calo nelle vendite. Il problema principale è costituito dalla sempre maggiore difficoltà di intervento su questi organi: cambi automatici e il generale innalzamento dei livelli tecnologici, infatti, riducono i volumi di vendita di uno dei mercati storici della riparazione indipendente. Ma partiamo con ordine: ossia dal cambio.Automatismi pericolosi
La tendenza è iniziata nei primi anni Novanta, quando in Italia sono comparsi i primi cambi automatici. Si trattava, a dir la verità, di componenti assai lontani dagli attuali: lenti, inaffidabili e in grado, con le loro inerzie, di aumentare notevolmente i consumi. Si disse, all’epoca, che a differenza degli americani, gli europei non avrebbero mai rinunciato al piacere di cambiare le marce in manuale: così non è stato. La crescita dei cambi automatici, come schematizzato nella tabella, è stata assai rapida in Europa e in Italia. Eppure qualcosa di tale affermazione è rimasta valida; se è vero che gli italiani acquistano auto con cambio automatico, è anche vero che non rinunciano ai vari meccanismi di azionamento manuale e ciò è stato possibile grazie ai cambi robotizzati.
Per il mercato della riparazione questo ha comportato un serio problema, ovvero il dover affrontare una enorme mole di elettronica per poter revisionare un cambio. Così in Italia, il mercato delle revisioni ha subito un lento ma costante decremento, che ha costretto chi produceva i vari ingranaggi a rivolgersi verso mercati con un circolante ancora vecchio e non equipaggiato con gli ultimi ritrovati della tecnologia. Come in tutte le cose, però, a ogni mutazione del mercato, quando qualcuno sparisce altri prendono il suo posto o modificano la propria attività per sopravvivere. Se, infatti, la tecnologia è aumentata, ciò non vuol dire che sia impossibile procedere ugualmente con la revisione di un cambio, specialmente laddove i margini rendono il prodotto ricondizionato ancora competitivo nei confronti di quello nuovo, ossia sui mezzi pesanti, come i veicoli industriali e, specialmente, gli autobus.
Il mercato relativo ai cambi del futuro si configura quindi come un mercato dove il ruolo principale, se non esclusivo, sarà giocato dal cambio automatico. Di conseguenza agli autoriparatori saranno, presumibilmente, richieste maggiori competenze e formazione, che si tradurranno in forme di aggregazione in strutture di grandi dimensioni allo scopo di revisionare in serie i cambi automatici. Tale previsione non è molto lontana da quanto si sta già attuando in Italia. Solo strutture di grandi dimensioni e ben organizzate possono, infatti, permettersi l’onere di un personale tecnico altamente specializzato; un magazzino ricambi che tratta diversi marchi; la documentazione tecnica aggiornata, con la possibilità di collaborare con le case costruttrici sia del cambio sia del veicolo; le attrezzature adeguate, come banchi prova, tester e quelle attrezzature specifiche necessarie per la revisione e il collaudo.
Vecchia tecnologia nuovi problemi
Proseguendo l’ideale viaggio dal motore alle ruote c’è solo un altro componente cui viene deputato il moto (se parliamo di mezzi con trazione anteriore), ovvero i semiassi e i relativi giunti omocinetici (la cui velocità rotazionale agli estremi è uguale). In questo settore la tecnologia non ha conosciuto grandi cambiamenti negli ultimi decenni. L’innovazione risiede soprattutto nei materiali utilizzati o nei trattamenti termici cui sono posti i componenti per aumentarne la durata. È questa, infatti, l’unica vera grande differenza tra un semiasse completo di vent’anni fa e uno attuale: la durata. Questo mercato ha quindi subito un calo fisiologico legato principalmente alla maggiore affidabilità del prodotto più che ad altre turbative. Hanno contribuito anche la migliore viabilità italiana, che con meno buche e strade asfaltate con una maggiore frequenza evitano un invecchiamento precoce (non è un caso se nelle grandi città come Milano o Roma, con i rispettivi pavé e Sanpietrini, le sostituzioni di questi componenti siano più frequenti).
Un nuovo fenomeno sta però creando problemi a costruttori e distributori di questi particolari meccanici: l’importazione indiscriminata. Dai mercati che si caratterizzano per un basso costo del lavoro, arrivano in Italia, infatti, componenti molto competitivi in termini di prezzo, ma dalla qualità ancora dubbia. Questi prodotti hanno rappresentato nel tempo un’alternativa ai più costosi e qualificati ricambi europei, garantendo a chi li acquistava una elevata marginalità. Il risultato finale è che oggi l’offerta sul mercato è forse superiore alla domanda che lo stesso può assorbire, con evidenti problemi di over-stock e invenduto.
Il peso del mezzo pesante
Uno dei settori in cui il mercato dei componenti ha ancora una certa vitalità è, ancora una volta, quello dei veicoli industriali e degli autobus. Come per molti componenti meccanici, questo comparto risente in modo evidente degli alti costi dei ricambi originali completi. In considerazione dell’oneroso investimento iniziale, i proprietari dei mezzi si affidano ancora e spesso alle cure di riparatori indipendenti o comunque in grado di effettuare riparazioni al posto di mere sostituzioni.
Anche in questo specifico comparto dei componenti per trasmissioni di Aftermarket risulta però evidente come, al giorno d’oggi, per le piccole imprese sia sempre più difficile rimanere sul mercato. La concorrenza con i grandi marchi produttori di primo impianto è sempre più serrata e gli spazi sul mercato vanno restringendosi. Per queste realtà l’unica via di salvezza è rappresentata dall’espansione, che possono ottenere diventando fornitori OES oppure, ma in maniera ridotta, di aziende municipalizzate di trasporto o di flotte private. Il vero problema di questo, come di molti altri ambiti industriali di produzione meccanica, è che il settore è fermo sotto il punto di vista della ricerca. Tolti, infatti, i grandi produttori multinazionali, che equipaggiano il primo impianto e che realizzano, in stretta collaborazione con le case produttrici di veicoli, componenti innovativi, soprattutto per ciò che concerne il cambio e l’elettronica, le altre aziende si ritrovano solo a seguire costantemente ciò che viene sviluppato da altri, vedendo aumentare il gap tecnologico.
La vera differenza è rappresentata, come già accennato, dalla gestione elettronica degli attuatori del cambio. Dal punto di vista prettamente della tecnologia meccanica, invece, la ricerca é concentrata soprattutto sui materiali. Sulle geometrie di cambi e giunti, infatti, la ricerca, che pur procede nella direzione della riduzione di rumorosità e attriti, non ha portato stravolgimenti tali da tagliare fuori le aziende minori.