Articoli | 03 September 2001 | Autore: Karl Greco

Ricambi elettrici, un mercato pronto al cambiamento

Tra Hi-Tech e nuove soluzioni, assistiamo all'auto che cambia e si evolve. Mentre alcuni componenti meccanici sono destinati a sparire definitivamente, per quelli elettrici c'è più "speranza". Le aziende del comparto ricambi elettrici sembrano pronte ad assecondare le eventuali nuove opportunità di mercato.

Con l'evolversi della tecnologia applicata all'auto sta cambiando un po' alla volta anche il disegno generale dell'auto stessa. Senza arrivare alla tecnologia "by wire" o ad altre soluzioni avanzate e per il momento ancora prototipali, nelle auto di oggi, a livello del funzionamento di base dei vari sistemi interni, la meccanica ha ampiamente lasciato spazio all'elettronica. Comandi flessibili e meccanismi ad ingranaggi sono stati superati da funzioni controllate dalle varie centraline. Anche il numero assoluto di componenti elettrici che equipaggiano un veicolo si è ridotto, mentre la loro durata nel tempo si è allungata. Questi due elementi hanno ovviamente interessato di riflesso il mercato dei ricambi, allertando e in certi casi preoccupando le aziende di questo comparto. Abbiamo pertanto intervistato alcune di queste aziende per avere una testimonianza delle rispettive opinioni e soprattutto delle loro speranze e aspettative.

Restare competitivi in Aftermarket
Dalla nostra indagine presso le aziende dell'Aftermarket è emerso che per "correre ai ripari" le strade intraprese sono principalmente due ed entrambe complesse, seppur per motivi diversi: la prima è quella di elevare al massimo la qualità dei propri prodotti, per potersi proporre come fornitore direttamente alle case auto o ai fornitori di primo livello. Poter operare per il primo equipaggiamento sappiamo bene che permette di realizzare contratti molto importanti in termini di pezzi richiesti e che assicura il massimo utilizzo delle macchine e degli stampi (il cosiddetto ammortizzamento degli investimenti), ma porta con sè il problema dei margini di guadagno "ridotti all'osso". La seconda è quella di ampliare e approfondire la gamma della propria offerta. Tradotto in pratica, ciò significa per esempio allargare la gamma anche ad auto giapponesi e coreane o più in generale estendere la gamma anche ai modelli meno diffusi. Ciò rappresenta un'evoluzione naturale che segue di pari passo la trasformazione in atto del parco circolante (sono ormai lontani i tempi in cui la Fiat deteneva oltre la metà del circolante italiano ed un elettrauto tenendo in stock i ricambi per i venti modelli di auto più diffusi si garantiva la copertura dell'80% dei suoi interventi di riparazione). Inutile dire che anche questa seconda scelta comporta grandi investimenti per le aziende produttrici, senza peraltro alcuna certezza sull'esito di questi investimenti (che invece hanno le aziende che lavorano "su commessa" per il primo impianto).

Minori riparazioni, minore richiesta di ricambi
Tornando al discorso della contrazione del mercato dei ricambi, oltre a motivi legati alla trasformazione tecnologica delle auto, interviene pesantemente la riduzione del lavoro prodotto presso le officine indipendenti. Le officine autorizzate delle case auto ed ora in parte anche i centri di riparazione rapida, hanno sottratto nel tempo sempre più lavoro ad elettrauto e meccanici indipendenti. I motivi sono ben noti a tutti: da un lato la politica di fidelizzazione messa in atto dalle case auto (garanzie sempre più estese, sevizi assistenza "tutto compreso", ecc.) dall'altra un livello di equipaggiamento in attrezzature delle officine indipendenti inferiore rispetto a quello delle officine targate e quindi inevitabilmente un servizio di livello professionale inferiore. Ciò fa sì che l'automobilista si abitui a portare sempre la macchina presso la concessionaria, anche quando il guasto è di entità ridotta e qualunque officina potrebbe risolverlo. In due parole, la situazione si sta trasformando in un fatto di mentalità e cultura: una mentalità che porta a fidarsi solo di chi è "ufficiale" (le Case auto) e non di chi è indipendente (l'elettrauto e il meccanico generico) e una cultura che spinge a considerare in grado di eseguire la riparazione di un oggetto solo chi ha prodotto l'oggetto stesso (in questo caso l'auto).

Nuove opportunità
Le prospettive forse più interessanti a breve termine sono rappresentate dall'alimentazione a 42 Volt. Le richieste d'energia delle nuove auto, sempre più ricche di funzioni e accessori che necessitano di alimentazione elettrica, fanno pensare che la corrente a 24 Volt verrà progressivamente abbandonata in favore di quella a 42 Volt. La nuova tecnologia permetterà di aumentare la tensione degli impianti elettrici già esistenti, riducendo sia i consumi di corrente elettrica sia le dimensioni dei cablaggi, dei cavi e dei connettori. Non sarà forse una vera svolta epocale nella storia dell'auto, ma comunque offrirà nuove opportunità per soluzioni inedite ai progettisti, con l'utilizzo di nuovi sistemi, sottosistemi e relativi componenti. Proseguendo nello sforzo di immaginare il futuro, se i 42 Volt influenzeranno indirettamente altre funzioni dell'auto e con esse i singoli componenti, specialmente quelli elettrici, è possibile che per le aziende dell'Aftermarket si aprano nuove strade per diversificare la propria produzione e restare sul mercato.

La concorrenza estera
Di globalizzazione abbiamo sentito tanto parlare in questi ultimi mesi e anni, e spesso come se si trattasse di un'entità astratta, mentre chiunque svolga attività commerciali di livello internazionale sa bene a cosa ci si riferisce. Infatti vi si scontra regolarmente quando deve fare i conti con aziende concorrenti che si trovano dall'altra parte del mondo e delle quali "ignorava" l'esistenza fino a pochi anni prima; vi si scontra quando l'azienda del proprio vecchio e affezionato cliente viene acquisita da un'altra azienda più grande e più ricca che già possiede altri fornitori, vedendo così sfumare importanti affari e rapporti commerciali consolidati. Oggi la sfida è davvero planetaria, perciò l'importante è cercare di sfruttare questa situazione come una leva per ottenere maggiori opportunità commerciali e non viceversa subirla lasciando spazio ai propri concorrenti mondiali. Da quanto emerso da questa nostra indagine, fortunatamente le aziende italiane sono propense verso questo tipo di atteggiamento, come dimostra il fatto che tutte quelle da noi intervistate hanno decisamente aumentato le esportazioni durante gli ultimi dieci anni. Per l'esattezza, quelle che fino al 1990 realizzavano intorno al 30% del loro del fatturato all'estero, ora del 2000 hanno incrementato mediamente del 20% la proporzione e quelle che già fatturavano intorno al 70-80% all'estero hanno mantenuto stabile tale percentuale. Se poi parlassimo in termini di pezzi venduti anziché di fatturato realizzato, le percentuali salirebbero ancora, infatti per poter lavorare in certi paesi le aziende hanno dovuto ridimensionare i prezzi per restare concorrenziali. I paesi di destinazione dei ricambi elettrici italiani sono diversi e per alcune aziende si tratta davvero di decine di destinazioni nei cinque continenti. La costante comune a tutte le aziende resta comunque l'Europa, sia dell'est sia dell'ovest.
Abbiamo chiesto alle aziende anche un aggiornamento riguardo alla concorrenza dei paesi dell'estremo oriente e dell'area indiana, che storicamente hanno sempre fatto della concorrenza a prezzi irraggiungibili, in particolare sul materiale elettrico ed elettronico. Dalle risposte raccolte si evince che il problema persiste e la differenza stridente del costo della mano d'opera tra i paesi più industrializzati e quelli meno sviluppati è il vero problema. Questi presupposti non permettono assolutamente di misurarsi sui prezzi finali dei prodotti e gli sforzi che devono fare per esempio le aziende italiane devono essere tesi a evidenziare le differenze qualitative. Ma la novità rispetto al passato è che anche nei paesi più arretrati la qualità finale dei prodotti sta crescendo grazie ad un know-how generalmente più diffuso. La concorrenza si fa comunque più sentire proprio in quei paesi che non vantano una particolare tradizione produttiva in questo settore, ma rappresentano dei "consumatori", cioè paesi con un parco auto mediamente sviluppato. In tutto il nord Africa, per esempio, il parco circolante sta crescendo e la richiesta di ricambi è relativamente elevata, visto che si tratta di un circolante piuttosto vecchio. Il prezzo che gli automobilisti sono pronti a spendere per i ricambi è però molto ridotto, sia perché il costo della vita è mediamente basso e sia perché nessuno è disposto ad investire tanto su veicoli con aspettative di vita ormai brevi.
A complicare ulteriormente le cose vi sono poi le grandi aziende, in particolare le multinazionali, che fanno produrre per proprio conto in quei paesi dove appunto la manodopera costa significativamente meno, mettendo sul mercato prodotti realizzati con materie prime di buona qualità, ma a prezzi bassi.
L'insieme di tutti gli elementi descritti fa sì che il mercato risulti sempre più competitivo e caotico, perché sempre più privo dei parametri classici: listini, scontistica, scala distributiva, ecc. Ringraziamo le seguenti aziende per il contributo offerto alla realizzazione del presente articolo:
- Brecav
- Emmebi Ricambi
- Facet
- Ghibaudi Mario
- M.R.S.
- Menber's
- Nova Ditex
- Omar
- PDF
- Real
- Remp

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