I consorzi fra concessionari auto per la distribuzione dei ricambi originali devono parte del loro successo anche alla domanda "dal basso" di ricambi marcati dalla Casa; auto sempre più sofisticate e costose hanno generato anche automobilisti mediamente più consapevoli ed esigenti.
Unificare il molteplice è un esercizio piuttosto impegnativo persino in filosofia. Realizzarlo nella pratica è ancora più complesso. Ci sono volute tante idee, riflessioni, impegno e diversi anni per diffondere il fenomeno dei consorzi ricambi fra concessionari. Organizzazioni capaci di collegare il singolo riparatore indipendente con tutte le specifiche competenze necessarie a intervenire, praticamente, su tutta la gamma di marche e modelli di automobili. Alla fine i consorzi si sono allargati a tal punto da attirare l’attenzione di operatori, esperti di settore e persino docenti universitari. I circa 120 milioni di euro di fatturato, raggiunti in soli 10 anni, potrebbero parlare da soli. E quanto esposto e discusso fin’ora dovrebbe fornire un’idea piuttosto precisa delle caratteristiche del fenomeno e della sua diffusione (vedi Notiziario Motoristico ottobre 2003, pag. 74 e seguenti). Crediamo tuttavia opportuno completare la nostra analisi con ulteriori considerazioni. Soprattutto per confrontare estensione e intensità del presente fenomeno con quelle che, a nostro avviso, sono le sue potenzialità. Che dovrebbero essere realizzate aumentando l’attenzione al consumatore finale di ricambi, ossia l’automobilista. Mettendo in pratica quella definizione secondo cui “Il marketing è l’impresa vista con gli occhi del consumatore”. Poiché il mercato è il regno del consumatore.
Nonostante cifre più che lusinghiere, abbiamo infatti ragione di ritenere che il fenomeno sia ben lontano dalle sue potenzialità. Anzitutto perchè i tassi di crescita continuano a essere a due cifre, nonostante la stagnazione economica italiana di inizio millennio. Ciò significa che questa idea imprenditoriale sta soddisfacendo un bisogno reale di clienti e concessionari, ma probabilmente anche degli automobilisti. Del resto, su un fatturato nazionale ufficiale ricambi di circa 10 miliardi di euro, solo il 30% è coperto dagli originali che passano dalle concessionarie. Di questi tre miliardi di euro, la metà è utilizzata direttamente dalle officine dei concessionari, il resto è diviso fra vendite ad officine autorizzate (17%), indipendenti (13%) e ricambisti (20%). C’è dunque ampio spazio di crescita per l’originale, anche perchè è già discretamente posizionato su tutti i possibili canali di sbocco.
Non dimentichiamo poi che i principi cardine del regolamento Monti non potranno che aumentare o consolidare lo spazio disponibile all’iniziativa, in quanto:
1. i concessionari non saranno più obbligati a effettuare servizi di riparazione e manutenzione, perché i produttori di auto non potranno più imporli;
2. verrà meno il legame esclusivo fra officina autorizzata e casa madre;
3. l’accesso alle informazioni tecniche degli indipendenti dovrà avvenire a parità di condizioni con le officine autorizzate;
4. i riparatori indipendenti (e i consumatori finali) potranno liberamente acquistare i ricambi originali: le clausole delle case produttrici che vietavano la vendita a soggetti non autorizzati si annullano.
5. sarà più semplice identificare i pezzi di ricambio originali: sarà consentito alle case produttrici di distinguersi con loghi e sarà semplificata la loro individuazione per mezzo del ricorso all’autocertificazione da parte del produttore.
Inoltre, non è ancora stata realizzata una robusta campagna informativa rivolta al consumatore finale. Cosa che, a nostro avviso, potrebbe considerevolmente spostare verso l’alto la curva di penetrazione di questo servizio, moltiplicando ulteriormente la diffusione dei consorzi attraverso il riconoscimento immediato della loro presenza sul territorio. Un forte brand nazionale sarebbe molto rassicurante per lo stesso automobilista.
Un’efficace campagna informativa otterrebbe anche l’effetto non secondario di spiazzare in parte la grande distribuzione organizzata, che tanto sta puntando sugli accessori e ricambi auto. Per ora solo a livello di grossolano “fai da te”. Ma quando gestirà direttamente la distribuzione carburanti nulla le impedirà, come sta già succedendo soprattutto in Francia, di creare accanto ai distributori anche officine di veloce manutenzione. Dove si potrà lasciare l’auto per una “controllatina” dopo il pieno di carburante erogato a prezzo assai ridotto rispetto alla rete ordinaria, mentre la famiglia si reca a fare la spesa. E durante lo shopping, con l’officina dell’ipermercato immediatamente disponibile, la propensione all’acquisto di accessori e ricambi che di solito non si è capaci di montare da soli, non può che aumentare... Ma se esiste un’alternativa diffusa, che può vantare livelli di professionalità impossibili per la grande distribuzione (dato il suo approccio necessariamente generalista), le cose cambierebbero considerevolmente.
Altri fattori, di ordine più strutturale, dovrebbero portare al consolidamento dell’iniziativa. L’aumento del periodo di garanzia dell’auto nuova, la maggiore durata media dei ricambi, la considerazione del trasporto individuale quale prima necessità per il normale svolgimento delle attività familiari quotidiane, la crescente percezione del mezzo quale concentrato di tecnologia efficiente da conservare, la maggiore attenzione alla sicurezza sono tutti fattori che tendono a sostenere considerevolmente la domanda di ricambi originali. Che deve essere soddisfatta nel minor tempo possibile, perchè nella società moderna è sempre più difficile fare a meno dell’auto. Favorire al massimo la fruibilità e la gestibilità dei ricambi originali anche ai riparatori indipendenti non può che assecondare tutti questi bisogni diffusi legati al bene-auto. Oltretutto, proprio perché l’auto è più vissuta come una necessità, è altrettanto logico attendersi maggiore attenzione del consumatore ai prezzi finali dell’auto stessa e del relativo mantenimento. Il contenuto ludico dell’acquisto e del successivo rapporto con la propria automobile sta facendo, di conseguenza, sempre più spazio alle componenti razionali. Perchè bisogna ormai lavorare diversi mesi all’anno per mantenere il mezzo. Tende a scomparire l’aureola che, nell’immaginario collettivo, avvolgeva le quattro ruote. Solo pochi decenni fa il consumatore non avrebbe mai acquistato l’auto in un supermercato. Oggi tale pratica è, in Germania, una realtà piuttosto diffusa. La “dissacrazione” generale dell’immagine del prodotto auto, influenza ovviamente anche la propensione alla spesa per la sua manutenzione, che tende ad avvicinarsi sempre di più alla dimensione del necessario. Nello stesso tempo calano i profitti delle case auto e dei concessionari sul prodotto finito.
È quindi automatico cercare di rifarsi attraverso i ricambi. Anche conquistando spazio abbassando i prezzi degli originali stessi (vedi caso Ford), e adattarsi alle sovresposte esigenze del consumatore. Ma questo i concessionari non possono farlo da soli e le case auto dovrebbero avere ognuna la propria capillare rete logistica e amministrativa territoriale. Con conseguente moltiplicazione dei costi e riduzione della competitività dei propri ricambi. La rete unificata di distribuzione aumenta senz’altro le possibilità dell’originale, portandolo in diretta competizione con l’alternativo e rendendolo velocemente disponibile a ogni riparatore servito dal consorzio. Anche se l’originale rimarrà più costoso, potrà sempre contare su un’immagine incomparabilmente migliore e sulla garanzia che il riparatore verrà assistito direttamente da esperti dalla casa madre.
Specializzazione del lavoro
Poiché la commercializzazione del ricambio è cosa assai diversa di quella dell’auto, dovrebbe essere affidata a soggetti più specializzati in questa funzione. È forte, per i costruttori, la tentazione di controllare strettamente le fasi di commercializzazione. Ma sarebbe opportuno considerare quanto accaduto in altri importanti settori, in occasione di analoghe questioni. Le compagnie petrolifere ad esempio, da oltre un secolo hanno sempre fallito nell’organizzare efficacemente le funzioni “non oil” nelle stazioni di servizio e, spesso, hanno fatto buchi nell’acqua anche nelle funzioni tradizionali della stazione stessa. Questo perché una formula rivelatasi assai efficace in un determinato settore o in un preciso punto della filiera, tende sempre a essere replicata in maniera automatica anche in altri settori o punti diversi della filiera stessa. Questo è sempre stato un grave errore, soprattutto in quei mercati dove il radicamento territoriale è componente essenziale. La vendita dei ricambi richiede un marketing ben diverso da quello delle quattro ruote. E un’organizzazione molto più complessa, se vogliamo che tutto sia disponibile contemporaneamente a tutti. Vendere ricambi somiglia più alla commercializzazione di farmaci che a quella di auto. Che cos’è infatti il meccanico se non il dottore dell’auto? Se la figura del meccanico generico viene nobilitata in qualche modo da un’organizzazione esterna, oltre che dalla professionalità, il suo consiglio diventa ancora più credibile e viene seguito dall’automobilista senza tante esitazioni. Naturalmente, un consumatore già informato sulla possibilità di ottenere ricambi originali (leggi farmaci di marca), montati come si deve, vede moltiplicata la sua propensione ad ascoltare il meccanico o addirittura a richiedere egli stesso il “farmaco” non generico. Dal canto suo, il riparatore che ha montato ricambi originali seguendo le istruzioni di prima mano del costruttore, si presta senz’altro (a torto o ragione) a minori critiche rispetto a chi si è comportato diversamente. Dunque, almeno secondo questo aspetto, il riparatore dovrebbe essere già incentivato a consigliare l’originale. Del resto, è ovvio che il cliente del consorzio rimane, contemporaneamente, un concorrente dello stesso. Infatti potrebbe benissimo proporre l’alternativo in luogo dell’originale se, ad esempio, la sua convenienza fosse maggiore o se il cliente volesse per forza risparmiare. D’altro canto, non sempre il ricambio originale è superiore all’alternativo. Senza contare che tanti marchi che appaiono alternativi agli occhi del consumatore, sono in realtà originali di prim’ordine. Basti pensare a Brembo, Bosch o NGK/NTK. Marchi fortemente impegnati anche sul primo impianto e che, probabilmente, potrebbero anch’essi aumentare le vendite attraverso il nuovo canale distributivo. Anche se sul contenitore del ricambio ci fosse il logo della casa auto. Se questo dovesse peraltro frustrare il marketing del costruttore di ricambi, nulla vieterebbe di adottare il doppio marchio.
In ogni caso, il tutto deve essere organizzato tenendo ben presente che il consumatore, oltre al prodotto e al servizio di montaggio, sta acquistando anche affidabilità. Può sopportare una spesa un po’ superiore per l’originale a patto che, alla fine, sia convinto che ne valga la pena. E che possa trovare ciò che gli interessa senza rimanere a piedi troppo a lungo e senza spostarsi troppo da casa. Solo così l’originale può conquistare considerevoli quote di mercato, con un automobilista che è sempre più convinto di sostenere costi esagerati, per il mantenimento di auto anche modeste. Atteggiamento razionalmente giustificato, poiché collegato a un bene che, in tutte le società avanzate, è da considerare di prima necessità.
Radicamento territoriale, conoscenza diretta dei riparatori e, attraverso questi, dell’automobilista, costituiscono momenti essenziali di una strategia di diffusione dell’originale che difficilmente organizzazioni come i costruttori potrebbero efficacemente controllare.
Conclusioni
Dovevamo verificare se il sistema dei consorzi ricambi fra concessionari può incrementare o meno la quota di mercato dell’originale. La risposta è senz’altro positiva. Abbiamo testato sul campo il gradimento dei clienti dei consorzi, e possiamo affermare che è veramente elevato. La possibilità di reperire facilmente e velocemente ricambi originali è salita considerevolmente e con essa la propensione all’acquisto di questi ricambi. In alcuni casi, proprio grazie ai consorzi, la quota di originali montata è passata dallo zero al 90%. Questi stessi clienti hanno confortato la nostra idea di potenziare la comunicazione commerciale per informare anche gli automobilisti. Pensiamo che un maggiore coinvolgimento delle case auto, a sostegno dei concessionari, non possa che allargare l’iniziativa, anche nell’interesse degli stessi costruttori. Abbiamo però intuito una certa diffidenza dei costruttori stessi, forse dovuta più che a motivi di razionalità economica, al disagio di non poter gestire direttamente un business che diventa sempre più importante. Del resto ribadiamo il concetto: chi fa molto bene un mestiere, non è detto che sia in grado di farli tutti allo stesso modo. Se le case auto hanno bisogno di collaboratori per vendere la loro produzione, questo è ancor più vero per i ricambi. Lo stesso individuo ha atteggiamenti molto diversi, per non dire opposti, durante l’acquisto dell’auto e, successivamente, delle parti sostitutive. In questo caso un rapporto personale e continuativo aiuta molto, soprattutto se già sostenuto da adeguate informazioni commerciali rivolte al consumatore. Oltretutto in un’epoca in cui il ridimensionamento d’immagine del prodotto auto e l’aumento del suo costo di esercizio, contribuiscono a fare considerare i ricambi alla stregua di commodity. Dunque la dimensione razionale (nei suoi fattori essenziali qualità, prezzo, disponibilità, servizio) diviene sempre più importante.
Dal punto di vista industriale, la trovata di Vaiani (ideatore di Gestione Consorzi) è geniale nella sua semplicità: è stata localizzata la globalizzazione. Si rendono disponibili al piccolo elettrauto del Montefeltro i ricambi, e le relative guide al montaggio, di quasi tutta l’industria automobilistica presente in Europa. Ciò si realizza attraverso un telefono e un furgone. È un’idea che probabilmente verrà copiata, magari anche da distributori di ricambi alternativi. Ma una consistente barriera all’entrata è costituita dal radicamento territoriale dei soggetti già coinvolti, nonchè dalle conoscenze cumulate in un decennio di attività specifica.
L’innovazione è sicuramente di peso notevole. Non tarderà a provocare, a sua volta, cambiamenti in altri settori della filiera del ricambio. Soprattutto se si deciderà di adottare, con l’aiuto interessato delle case auto, il volano della comunicazione commerciale. Ma, giova ripetere, le stesse case auto dovranno riconoscere, nel loro stesso interesse, di non avere l’organizzazione adatta per gestire in prima persona l’efficace e competitiva commercializzazione di ricambi, fuori dalla riserva naturale delle officine autorizzate.