Quali scelte si trovano di fronte gli operatori del mercato indipendente della riparazione e assistenza ai veicoli, e quali opportunità possono essere colte nel breve periodo.
Con il mese di ottobre 2003 il regolamento europeo nr.1400/2002, meglio conosciuto come “legge Monti”, è nella sua piena efficacia, dopo un anno transitorio per consentire l’adeguamento dei contratti in essere.E le prime ripercussioni non si sono fatte attendere:
1) le case auto hanno ridefinito le politiche contrattuali nei confronti degli operatori indipendenti per ricostituire sulle nuove basi le reti di officine autorizzate;
2) sono state emanate nuove direttive per la fornitura di ricambi agli operatori indipendenti;
3) società di assicurazione e gestori di flotte – la domanda organizzata – stanno predisponendo le nuove modalità di esecuzione dei lavori di riparazione di loro spettanza.
Dato che i contenuti della legge sono ormai noti nei loro tratti essenziali, non è più necessario approfondire in questa sede il disposto del regolamento medesimo sui punti elencati. È però utile, affrontando il primo punto, ricordare che il legislatore europeo non conosceva l’esperienza italiana delle officine autorizzate, dato che all’estero sono molto diffuse le officine controllate direttamente dalle case auto o loro concessionarie. Nel nostro Paese invece era, ed è diffusa la realtà di operatori indipendenti che hanno stipulato un contratto con una, e una sola, casa auto, con assunzione di impegni di vario genere da parte dell’autoriparatore, incluso il raggiungimento di impegni quantitativi di acquisto di parti di ricambio con il marchio del costruttore.
Un inciso. Abbiamo evitato di usare il termine “originale”. È una cura che è necessario porre nel linguaggio comune, perché, come si sa, “originali” non sono solo i pezzi inscatolati dalle case auto con il loro marchio, ma tutti quelli che sono dichiarati tali dai loro fabbricanti.
Pertanto, nel nostro Paese rischiano di sovrapporsi sia la nuova normativa, sia le tradizionali abitudini di mercato, e su questo occorre prestare la massima vigilanza per contrastare i comportamenti fuori norma.
La maggior parte delle case auto sta proponendo i nuovi contratti di autorizzazione sulla base del criterio “selettivo qualitativo su base quantitativa”, come previsto dal regolamento Monti. Significa che le Case, prima di contattare gli operatori, debbono definire di quante officine autorizzate vi sia la necessità, sulla base del proprio circolante suddiviso per zona, e poi quali siano i criteri tecnici, organizzativi, informatici, di dimensione, eccetera, che i candidati debbono avere per poter aspirare al contratto. Va subito chiarito che il termine “quantitativo” non si deve riferire all’ammontare degli impegni di acquisto che un operatore deve assumere per poter diventare autorizzato, e che, avendo i requisiti e rientrando nei parametri geografici e di circolante, un’officina può essere autorizzata, se vuole, per più di una casa auto, paradossalmente per tutte le 68 elencate da “Quattroruote”.
È chiaro quindi che la valutazione della proposta di autorizzazione ha dei criteri diversi rispetto alle volte precedenti. Non si tratta più di una disponibilità esclusiva di informazioni tecniche, che sono dovute dalle Case sia agli autorizzati sia agli indipendenti e che, in ogni caso, sono reperibili presso operatori specializzati o fabbricanti di strumentazione. Non si tratta più dell’accesso ai ricambi originali, dato che questi sono disponibili anche presso la rete di distribuzione indipendente, con la confezione e il marchio dell’effettivo fabbricante. Peraltro vi possono certo essere casi di componenti cosiddetti “captive”, cioè reperibili per un certo periodo di tempo solo con il marchio della casa auto, ma sembra difficile poter costruire obblighi per gli autoriparatori basandosi solo su questi pezzi.
Come funziona per ogni mercato, avranno successo quindi le azioni che hanno per oggetto quello di procurare un vantaggio per il cliente, e non per un fornitore o per l’azienda stessa. Si tratta allora di poter disporre di effettivi supporti all’attività, quali ad esempio garanzie sul lavoro eseguito, auto di cortesia e ogni altra proposta indirizzata verso il consumatore che, non dimentichiamolo, ha sempre più possibilità di scelte qualitativamente valide.
D’altro canto, il mantenimento dell’indipendenza ha i suoi oneri e richiede a sua volta un’organizzazione e una capacità di gestire la comunicazione e operare pressioni sulle istituzioni.
Gli esempi Mercedes e Bmw
Su questo punto sono freschi due esempi, che riguardano azioni in sede comunitaria che coinvolgono Mercedes e Bmw, e il concetto di ricambi originali.
La Mercedes nel corso del 2003 ha lanciato una campagna a livello europeo denominata “Express Service”, nella quale pubblicizzava l’assistenza post-vendita svolta dalle proprie officine, facendo intendere al consumatore che solo in queste erano disponibili i “ricambi originali Mercedes”. E, come noto, ai sensi del regolamento Monti, questa è un’affermazione non corretta, nella misura in cui fabbricanti di dischi, pastiglie, ammortizzatori eccetera dichiarano che i loro prodotti sono “originali o di qualità corrispondente” per applicazioni Mercedes. A seguito di queste dichiarazioni e dell’azione di vigilanza della Figiefa presso la Commissione europea, dal 1 ottobre 2003 la Mercedes (DaimlerChrysler) ha acconsentito a modificare il proprio messaggio pubblicitario togliendo ogni riferimento alla disponibilità esclusiva dei ricambi originali.
Simile il caso di Bmw, che certamente i lettori avranno notato anche nella stampa periodica italiana. In questo caso addirittura si invitava il cliente a evitare di montare ammortizzatori o componenti freno non originali Bmw, adombrando rischi per la sicurezza.
A metà dicembre, sempre a seguito di un intervento della Figiefa, Bmw ha acconsentito a togliere queste comparazioni negative dalla propria comunicazione pubblicitaria, così come a eliminare l’impressione che l’uso di pezzi di qualità corrispondente precluda per il cliente il diritto a riparazioni in garanzia o richiami per interventi a carico del costruttore.
La fornitura agli indipendenti
Per quanto concerne il secondo punto in elenco, cioè la discontinuità nella fornitura al mercato indipendente dei pezzi con il marchio delle case auto, esiste ancora un tavolo di confronto aperto con alcuni costruttori, specie francesi.
Innanzi tutto occorre dire che, dal punto di vista della stretta interpretazione del regolamento Monti, la posizione ha un suo fondamento. Se, infatti, una casa auto ha scelto un sistema di distribuzione basato su criteri di selezione qualitativi, per garantire al consumatore l’esatta identificazione e rintracciabilità a ritroso del pezzo, portare all’interno di questo sistema anche chi non ha questi requisiti (al minimo un sistema informatico), potrebbe indebolire l’intero sistema agli occhi della Commissione europea che è incaricata della vigilanza sul regolamento. D’altro canto sottrarre al settore indipendente i pezzi non ancora disponibili in Aftermarket potrebbe configurare un’azione di restrizione del libero commercio, contro l’interesse del consumatore e quindi sanzionabile. Pensiamo che occorra ancora del tempo per consentire alle organizzazioni di rappresentanza dei due settori (Case e commercianti indipendenti) di definire i criteri di qualità necessari a un rapporto che rispetti il disposto del regolamento. In ogni caso sta iniziando un confronto, che presuppone una reciproca conoscenza e può portare a una rimozione degli steccati e delle diffidenze reciproche.
Prospettive future
Infine, analizziamo brevemente i comportamenti dei nuovi soggetti che possono svolgere un ruolo da protagonista sul mercato che verrà. Se è sempre più chiaro che con il regolamento Monti è l’Europa che è entrata in Italia, e non viceversa, uno dei fenomeni più chiari è la crescita della domanda di riparazione e assistenza fatta da operatori organizzati e non solo dai privati. E si parla di società di assicurazione, gestori di flotte pubbliche e private, società di leasing e analoghi enti. Va da sé che la domanda organizzata spinge ogni operatore a specializzarsi sulla propria attività, sia tecnica, sia logistica e sia operativa, riconoscendo solo lo specifico valore aggiunto fornito da ogni azienda. È un’altra delle sfide del prossimo futuro, non causata dal regolamento Monti, ma dall’evoluzione inevitabile dei nostri mercati.