Articoli | 04 August 2016 | Autore: Tommaso Caravani

ZF sempre più protagonista dell’aftermarket

Con l’acquisizione di TRW, ZF Friedrichshafen AG diventa il secondo player mondiale come fornitore dell’industria automobilistica e dell’aftermarket; da gennaio scorso la filiale italiana ha un nuovo amministratore delegato: abbiamo incontrato Matteo Zucchi per capire quali saranno i prossimi passi di questo colosso del ricambio e le prospettive che solo un protagonista del primo equipaggiamento può cogliere.

 

Matteo Zucchi è un manager con oramai una consolidata esperienza nel mondo della componentistica automotive: da Brembo a Continental per arrivare a gennaio 2016 in ZF Italia come amministratore delegato. Un salto di carriera importante, specie ora che ZF è diventata, con l’acquisizione di TRW, uno dei principali attori della componentistica e sicuramente la seconda azienda nel mondo dell’aftermarket mondiale. Di recente è stata poi annunciata anche la fusione operativa, proprio nell’aftermarket, delle due realtà, che sarà presentata ad Automechanika e sarà operativa verosimilmente dal primo gennaio 2017. Sarà operativa perché di fatto si tratta di una integrazione già iniziata da oltre un anno, in un primo momento a livello di divisioni, e, che vede ora tutti i brand del colosso tedesco tendere verso una sempre maggiore sinergia. In Italia ZF ha già a disposizione un magazzino da oltre 10.000 metri quadri pronto per un’ eventuale sempre più proficua collaborazione tra le due realtà che operano nel nostro paese.
Non solo, la nomina di Zucchi come amministratore delegato accelera anche il cambiamento distributivo del gruppo, sempre più spinto su una distribuzione senza vincoli ed esclusive (ad oggi nell’automotive rimane solo il marchio, Boge, che è un’esclusiva Rhiag). Iniziamo allora ordinatamente dalla fine per capire cosa bolle nella pentola di ZF.
 
Con la sua nomina come amministratore delegato di ZF Italia, quali sono state e quali saranno le sue strategie di mercato in merito all'organizzazione aftermarket?
Quando si parla di aftermarket è bene specificare che noi abbiamo due canali distributivi distinti: uno per le automobili (Passenger Cars) un altro per i veicoli commerciali (Commercial Vehicles), con due tipologie di prodotti denominati Service per ZF e Trade per Sachs e Lemförder. In Italia siamo presenti dal 1990, anno di fondazione di ZF Italia, con i prodotti a marchio ZF, poi rispettivamente dal 2008 e 2010 con Sachs e Lemförder per la parte veicoli commerciali (CV), mentre per le autovetture (PC) dal 2011 con la distribuzione diretta dei marchi Sachs e Lemförder.
Oggi possiamo gestire i marchi ZF per tutte le applicazioni (Sachs e Lemförder), non abbiamo limiti se non evitare di “frenare” il mercato. Per quanto riguarda TRW, l’acquisizione da parte di ZF è stata una mossa strategica per lo sviluppo del gruppo stesso, non è un caso se i passi che seguono l’acquisizione siano scanditi da uno slogan the ”best of both”, cioè il meglio di entrambi.
 
Recentemente è però stata annunciata una fusione del mondo aftermarket di ZF con il progetto “One ZF Aftermarket”, cosa succederà?
Molto di questo progetto, che ufficialmente sarà attivo sul mercato da gennaio 2017 sarà spiegato ad Automechanika, quello che posso dire è che già oggi le organizzazioni ZF Services e TRW Aftermarket percorrono due strade vicine con molti punti di contatto. Bisogna ricordare infatti che con TRW abbiamo poche linee in sovrapposizione per cui già oggi discutiamo quotidianamente sugli aspetti strategici per i due marchi. Inoltre, con la filiale italiana, anche il rapporto umano è ottimo, una fortuna che rende possibile un confronto aperto e costante per evitare criticità sul mercato anche laddove abbiamo prodotti simili.
Non prevediamo cambiamenti anche dal punto di vista del personale. La visione di ZF è quella di sfruttare le competenze e le conoscenze delle singole persone, non è un caso se uno dei motti di ZF è che “il business lo portano avanti le persone”.
Quello che invece cambierà saranno ovviamente delle logiche di scalabilità: già ora tutti gli acquisti sono stati centralizzati, per poter avere condizioni migliori e fare economia di scala.
 
A livello internazionale, invece, cosa cambierà?
Oggi il mercato è in fermento. È necessario tenere conto dell’internazionalizzazione dei processi così come dei gruppi, che stanno assumendo dimensioni mondiali, ragion per cui abbiamo già un responsabile gruppi nel nostro headquarters, ma ovviamente non basta. Anche in quest’ottica l’acquisizione di TRW ha portato dei grandi vantaggi: se si guarda alla forza dei due brand da un punto di vista geografico, anziché di prodotto, si vede che c’è una quasi perfetta complementarità tra le aree in cui operano, questo permetterà a entrambi i marchi di crescere in mercati dove erano poco presenti e servire realtà distributive in tutti i continenti.
Insomma, ZF oggi è una realtà al secondo posto tra i fornitori dell’industria automobilistica e dell’aftermarket, è presente in circa 230 sedi in circa 40 paesi con 138.300 dipendenti e 650 Service Partner, ZF ha raggiunto un fatturato di 29,2 miliardi di euro nel 2015 considerando l’acquisizione di TRW dal 15 maggio, mentre per il 2016 si prevede di raggiungere un fatturato di circa 36 miliardi di euro. Per poter continuare a competere con successo anche in futuro grazie a prodotti innovativi, ZF investe ogni anno circa il 5% del proprio fatturato nella ricerca e nello sviluppo (2015: 1,4 miliardi di euro).
 
E in Italia?
L’Italia è un mercato importante, in crescita dal 2008 e con un primo semestre appena chiuso ancora in espansione.
Per ZF l’Italia è il secondo mercato dopo la Germania, per questo abbiamo già stanziato notevoli investimenti, come il nuovo magazzino di Calvignasco (PV), una struttura di circa 10.000 mq. Questo è uno degli investimenti più importanti, perché ci permette di essere molto più rapidi nel rispondere alle richieste dei nostri clienti. Se pensate che ZF è un player mondiale è facile capire come la gestione dello stock sia complessa: da una parte ci sono infatti le fabbriche di produzione nel mondo, dall’altra i singoli mercati che hanno esigenze specifiche. Con un nostro magazzino italiano possiamo tenere uno stock dei prodotti richiesti in Italia ma che non servono, ad esempio, ad altri paesi: non solo nell’automotive ma anche negli altri settori industriali dove ZF è presente.
 
Salterete la catena?
Assolutamente no, al momento non è nei nostri piani, anzi: questo magazzino servirà a rinforzare i contatti con la distribuzione. Oggi, se un prodotto è in rottura di stock, possono volerci settimane per un nuovo approvvigionamento; con il nuovo magazzino dovremmo riuscire a migliorare molto le performance e per questo tra i nostri obiettivi c’è quello di ampliare il nostro portafoglio clienti distributori, bilanciando con attenzione tutti i marchi che fanno capo a ZF.
 
Tutti i grandi componentisti stanno spingendo sull’elettronica, qual’è la vostra opinione in merito?
Anche noi non siamo differenti dagli altri, l’elettronica è la sfida del futuro, tuttavia non abbandoneremo mai il business tradizionale, perché qualunque sia il futuro e qualsiasi saranno gli attori ci sarà sempre bisogno di componenti tradizionali, anche se sempre più tecnologici.
L’elettronica e la meccanica sono quindi destinate ad andare sempre più a braccetto: dai cambi alle sospensioni la tendenza è sempre più quella di una ibridizzazione tra componenti meccanici tradizionali con funzionalità “intelligenti” date proprio dall’elettronica.
Se questa è la nostra direzione macro, in cui anche tutta la divisione ZF-TRW con i suoi sistemi è coinvolta, resta il problema dell’aftermarket. Perché più i sistemi diventano complessi più difficile sarà ripararli. La nostra risposta è sempre in One ZF Aftermarket, che sarà il punto di riferimento per la formazione sui prodotti evoluti.
Quando parlo dei prodotti evoluti penso ad esempio al cambio automatico, che sta registrando performance di crescita fuori dall’ordinario come installazioni in primo impianto e che rappresenta sicuramente una grande opportunità per chi vorrà coglierla.
Sono infatti sempre più, anche in Italia, nazione storicamente legata al cambio meccanico, le vetture equipaggiate con cambi completamente automatici (che sembrano essere preferiti anche rispetto a quelli automatizzati). Oggi però la manutenzione di questi prodotti è ancora saldamente in mano alle concessionarie auto, mentre le officine indipendenti sono ancora un po’ indietro. Eppure si tratta di un business veramente interessante, perché comprende sia la diagnosi sia la manutenzione; per la riparazione, invece, l’unica è affidarsi a professionisti specializzati, perché per rimontare correttamente un cambio automatico è necessario avere un banco prova che costa svariate decine di migliaia di euro e si giustifica solo se il numero di riparazioni è molto alto.
 

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