Articoli | 01 September 2016 | Autore: Tommaso Caravani

Chi scherza con i turbocompressori?

Saito, FTS e Contec, assieme ai produttori di turbocompressori si sono incontrati per discutere le “regole del gioco” della distribuzione di turbo in aftermarket; abbiamo partecipato per cercare di capire se, e perché, sostituire un turbo con uno nuovo non omologato potrebbe non essere legale.


 

Lo scorso quattro luglio, in cima al Conero, presso l'Hotel Monteconero, si sono incontrati fra i più importanti attori del turbo di qualità originale. Questo incontro fortemente voluto e organizzato da Stefano Gallo, patron di Saito, azienda ditributrice del marchio Mitsubishi,  aveva come obiettivo chiarire le dinamiche della vendita di turbocompressori in aftermarket. Per farlo, Gallo non ha esitato a mettersi in gioco, invitando, oltre ad Anfia, Motorizzazione e Guardia di Finanza, anche i rappresentanti dei marchi a lui concorrenti: da IHI a Holset (distribuiti da Contec) fino a Honeywell-Garrett, Borgwarner-KKK (Distribuiti da FTS). La domanda posta è stata la seguente: è possibile sostituire una turbina ad un veicolo con una non omologata senza rischiare di comprometterne le caratteristiche di emissioni e quindi di omologazione e di sicurezza?
 
Cosa dice la legge
La legge sembra non lasciare spazi a dubbi: il turbo deve essere sempre  quello omologato con la vettura. La direttiva europea 2007/46 CE del 5 settembre 2007, infatti, detta i parametri di omologazione per i veicoli in Europa. Questa direttiva (recepita in Italia con il decreto 28 aprile 2008 e successivamente riapprovato varie volte) stabilisce quali siano i criteri per l'omologazione di un veicolo e dei suoi vari componenti. Il punto fondamentale è che,  il turbo, così come  gli scarichi, il common rail e in generale tutto ciò che ha a che fare con la sicurezza, l’inquinamento e la prestazioni, deve essere omologato assieme al motore e quindi al veicolo.
Ovviamente esistono delle eccezioni. Ad esempio, per le pastiglie freni (e recentemente i dischi), la Comunità Europea ha stabilito un tipo di omologazione universale (l'ECE R90 nel caso del frenante), mentre per quel che riguarda l'alimentazione del motore si fa riferimento al prodotto montato in primo equipaggiamento. Il turbo originale, insomma, omologato assieme all'auto.
A porre una pietra tombale sull'argomento poi, ci pensa il Codice della Strada all'articolo 78, dove viene specificato che “Chiunque circola con un veicolo al quale siano state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione o di approvazione e nella carta di circolazione […] è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 419 a euro 1.682”.
Non solo, sollecitata su un parere nel merito, la Motorizzazione Civile di Milano (a firma del suo direttore Paolo Nucera) specifica che essendo il turbocompressore un elemento che incide in maniera diretta sia sulle performance del veicolo, sia sulle sue emissioni, esso debba essere quello omologato con il mezzo.
Il punto alla base della diatriba, tuttavia, è che, a differenza di molti altri ricambi, per il turbocompressore, nei fascicoli di omologazione vengono riportate, oltre alle caratteristiche tecniche che questo componente deve avere, anche marca e tipo, il che si traduce di fatto in un limite alla concorrenza, come dire: se il turbo non è quello montato in primo impianto non è possibile sostituirlo.
 
E se non è omologato?
Se bisogna sostituire un turbo, quindi, secondo la legge si deve utilizzare lo stesso impianto di sovralimentazione originale montato sull’auto (quindi con il marchio della casa automobilistica o con quello del produttore di primo equipaggiamento che lo ha omologato).
Siccome però l’Europa è una comunità fatta di interessi e molto meno di armonizzazione delle norme succede che è difficile avere i certificati di omologazione delle singole vetture se omologate in un altro paese membro dell’UE.
Così, se per alcune vetture Fiat è piuttosto semplice arrivare ai fascicoli di omologazione, per le tedesche o le francesi è piuttosto complicato. Accedere ai fascicoli non rappresenta d’altronde alcun vantaggio per il mondo dell’autoriparazione (il turbo da sostituire si trova già nel vano motore e vi è sempre stampigliato sopra il codice di omologazione, la marca e il tipo. Ma allora perché è importante sapere con che turbo è stata omologata una vettura? Semplice, per i controlli. La Motorizzazione non è in grado, ad oggi, di verificare se il turbo è di tipo omologato o meno senza smontare la vettura. Il solo caso in cui ciò potrebbe essere possibile è quello in cui la turbina installata comprometta le emissioni e le prestazioni del veicolo in modo evidente (perché anche il test per l’analisi dei gas di scarico non può essere utilizzato come metodo di verifica, visto che viene operato in regimi stazionari, cioè quelli in cui meno si riesce a percepire il corretto funzionamento di iniezione e scarico), tanto da infondere qualche dubbio sul corretto funzionamento dell’auto alle Autorità preposte al controllo. Queste ultime dovrebbero poi far smontare l’auto per verificare se sulla turbina è apposta o meno l’etichetta con l’omologazione; come dire “mission impossible”. Diversa è la situazione in caso d’incidente grave ove il veicolo venga messo sotto controllo e nel caso in cui vengano riscontrate anomalie relative all’omologazione dei componenti il proprietario del veicolo si ritroverà in difficili situazioni sia a livello legale che assicurativo.
 
Non è solo una questione di normative.
La vendita di prodotti non omologati non può essere fermata (chi stabilisce se il prodotto verrà utilizzato su strada o per una applicazione differente (gare, off Road..?), rimane il fatto che  è comunque importante utilizzare prodotti omologati. Il motivo è proprio nelle due parole citate dalla Motorizzazione di Milano quando, in riferimento proprio all’allegato IV della direttiva 2007/46CE  richiama le due voci su cui avere un’attenzione particolare: “emissioni” e “potenza motore”. La potenza motore, anche qualora non modificasse effettivamente le prestazioni dell’auto, potrebbe portare, in caso di incidente grave, a delle diatribe sulle coperture assicurative (anche in questo caso si tratta un po’ di una chimera, perché il perito dovrebbe capire che la turbina non è omologata).
Il vero problema che emerge durante il convengo, tuttavia, riguarda sia il rischio di gravi danni in caso di esplosione, e poi proprio le prestazioni. Ogni turbocompressore ha una sua curva di pressione che viene studiata assieme al motore e dipende sia dalla geometria del turbocompressore stesso sia dall’elettronica che la governa (laddove presente). Una geometria che non tollera alcuno scostamento rispetto ai dati di progetto (si parla di micron, come dire, sezioni di un capello) pena il deperimento rapido del motore, eventualmente un aumento dei consumi e conseguentemente un aumento delle emissioni.
Montare un turbocompressore originale, insomma, è anche il suggerimento della Motorizzazione, perché si ha la certezza di non modificare i parametri di funzionamento del motore del proprio cliente. Tutto semplice quindi? Non proprio, vi è infatti una lacuna grande come un pozzo: la riparazione.
 
E la riparazione?
Se infatti la legge, benché priva di strumenti di controllo, stabilisce che il turbocompressore possa essere sostituito solo con un equivalente omologato, nulla vieta di riparare un turbo danneggiato.
Ovviamente, in questo caso, bisogna rivolgersi ad aziende di alta qualità perché i rischi di compromettere il corretto funzionamento della turbina sono molto alti. Gli stessi componenti utilizzati per la riparazione (come i coreassy) se non di provenienza da aziende primarie produttrici difficilmente hanno le caratteristiche necessarie per un corretto funzionamento. Chi certifica che l’autoriparatore, la rettifica, la stessa azienda che ha prodotto il turbo, abbia svolto un lavoro perfetto?
In Italia, per il Codice del Consumo, il responsabile è sempre l’ultimo anello della filiera, quindi il riparatore, che nel caso può rivalersi sulla fornitura a monte. Per questo, in attesa di un sistema chiaro e normalizzato (ad esempio una omologazione universale come per le pastiglie freno), l’unico consiglio che ci sentiamo di dare è quello di rivolgersi sempre ad aziende affidabili sul mercato che, in caso di problemi di qualsiasi tipo, possano fornire un assistenza tecnica e una garanzia post vendita sufficiente per sentirsi tutelati dopo l’installazione.
 

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Tags: turbocompressore borgwarner Contec fts saito garrett honeywell

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