Compie 25 anni una delle più prolifiche aziende di attrezzature per officine made in Italy; ripercorriamo insieme la storia di Texa e del suo sviluppo, che ha aperto nuovi orizzonti al mondo della riparazione indipendente.
Si trattava di una visione, quella visione chiara e limpida del futuro che solo pochi imprenditori possono vantare, ma che, da sola, non è sufficiente a creare un’industria di successo.
Per questo oggi che Texa festeggia i suoi 25 anni di attività ed è oramai una realtà multinazionale, con 600 dipendenti e vendite in quasi tutto il globo. Vale la pena di raccontare come questa azienda sia nata e cresciuta, in un periodo in cui ancora non si parlava di start-up, ma di fare impresa.
Una storia, quella di Texa, fatta di perseveranza, fiuto per gli affari e tanto impegno, che probabilmente può, ancora oggi, essere di esempio per tanti imprenditori che hanno a che fare con il mondo dell’auto, un mondo che sta subendo un’importante trasformazione.
Dall’officina alla produzione
Per capire la storia di Texa, tuttavia, bisogna andare più indietro rispetto alla sua fondazione 25 anni fa e tornare a quando Bruno Vianello, figlio di un industriale nel mondo agricolo che già aveva affrontato la meccanizzazione dell’agricoltura dal cavallo al trattore, era titolare di una concessionaria di automobili con officina.
Era la fine degli anni 80 e le auto stavano anche loro subendo un’importante trasformazione: il carburatore stava iniziando a sparire e al suo posto arrivavano l’iniezione e le prime centraline elettroniche. Vianello ricorda bene quegli anni, in cui le auto si facevano via via più complesse e si temeva che a metterci mano potessero essere solo le case auto.
Uno stimolo, quello dell’adeguamento tecnologico delle officine, che sarà il filo conduttore di tutta la storia di Texa.
Ovviamente Vianello non pensò che l’elettronica potesse davvero eliminare dal mercato migliaia di piccole officine indipendenti che all’epoca erano presenti sul territorio italiano. In realtà si pose un problema ben più pragmatico: come fare per riparare le auto che entravano nell’officina della sua concessionaria? I corsi che la casa mandante erogava non erano in grado di spiegare come riparare queste vetture più moderne ed elettroniche, anche perché i formatori erano gli stessi da anni e il problema iniziava a diventare importante.
È qui che il destino, o la fortuna, ha dato la spinta decisiva per fare in modo che Texa diventasse ciò che poi è diventata.
In quegli anni, infatti, Vianello conosce Manuele Cavalli, riparatore presso un'altra concessionaria, poi divenuto socio di Texa, con cui condivide le stesse problematiche di riparazione. Assieme costruiscono uno strumento artigianale per l’officina di Vianello. Nessuno dei due pensava di creare un’azienda, ma si sa, a volte il destino ha programmi diversi da quelli che si pensano. Gli strumenti progettati da Cavalli e Vianello funzionavano ed effettivamente i due erano in grado di riparare le auto laddove altri fallivano.
Il piglio imprenditoriale si vede proprio in questa occasione, la scelta è semplice: mettere sul mercato soluzioni accessibili a tutti e lavorare su questo progetto. Vianello non ha dubbi, la missione è permettere a tutti di riparare le vetture, fornendo soluzioni avanzate.
Iniziano quindi i contatti con alcune aziende locali che potessero ingegnerizzare e produrre i propri strumenti.
È il 1992, sono passati circa cinque anni e il mercato automotive sta subendo un’ulteriore evoluzione con l’inizio delle rottamazioni che promettono di far sparire le vetture anziane dal mercato.
A dispetto di ogni aspettativa nasce ufficialmente l’azienda Texa.
La semplicità come chiave del successo
Per provare a riparare le vetture con iniezione elettronica, bisogna ricordare che, all’epoca, l’unico modo era di saper utilizzare un oscilloscopio (che vuol dire saperne leggere le onde) e altri strumenti base, come un multimetro e una pinza amperometrica.
Ovviamente il problema è avere un quadro di riferimento per capire quanta corrente, con quale frequenza e con che forma d’onda stia passando nei cavi, perché ognuno di questi parametri influisce sul “messaggio” che dai sensori va alla centralina.
Gli strumenti Texa dell’epoca avevano il vantaggio di essere semplici e dare subito una risposta all’autoriparatore, senza per forza aver studiato materie ingegneristiche, come trasmissione della corrente e campi magnetici.
Il passaparola tra gli operatori cresce e arriva fino alle orecchie di un’azienda che chiede a Texa di produrre i loro strumenti conto terzi. L’ingresso di capitale fresco porta Vianello e Cavalli a investire ancora nell’azienda, seguendo un’altra intuizione: il mondo del futuro sarà dominato dai PC e la diagnosi dell’auto sarà fatta tramite PC. Per questo i due progettano e realizzano il primo strumento basato su una scheda madre di un computer: nasce così il primo Axone.
La grande svolta arriva però con un’azienda americana che decide di entrare nel capitale Texa. È un ulteriore momento di svolta, Texa decide di investire ancora, continuando a crescere fino a quando verso la fine degli anni 90 il partner americano viene liquidato e l’azienda lancia l’Axone 2000. È lo stesso Vianello a ricordare quel periodo: “gli americani non avevano una grande visione, ci hanno insegnato molto da un punto di vista dei processi, ma personalmente sono sempre stato convinto che è meglio essere padroni di una barchetta che servitori di una nave”.
Texa l’autarchica
La “barchetta” Texa si riorganizza e inizia una nuova fase in cui si decide di tenere il più possibile il kow-how internamente. È di questo periodo la scelta di produrre internamente anche le schede perforate su cui andranno saldati i processori e gli altri strumenti elettronici che compongono una diagnosi.
L’idea alla base di questa filosofia nasce proprio dall’esperienza maturata come fornitori: se si conoscono perfettamente le tecnologie con cui sono stati costruiti i prodotti si hanno due vantaggi importanti. Da una parte si riesce sempre a sapere dove si può migliorare e quindi immaginare, già al lancio di un prodotto, cosa dovrebbe fare il successivo; dall’altra poter gestire l’assistenza post-vendita con cognizione di causa anche sui modelli più vecchi.
Un altro vantaggio del produrre il più possibile in casa è che cambia il rapporto con i fornitori esterni. Se quasi tutto è prodotto all’interno della sede di Monastier di Treviso, infatti, non si può prescindere da alcuni elementi esterni che sarebbero inavvicinabili per chiunque. Uno su tutti i chip che costituiscono la CPU dei computer Texa. Il vantaggio in questo caso è che Texa è vista dai fornitori di elettronica come un’azienda produttrice, il che significa che può testare tutti nuovi processori in anteprima, in modo che al momento del lancio sul mercato l’azienda possa contare sul top di gamma. “Può sembrare una battuta – spiega Vianello – ma oggi Texa è considerata al pari di aziende che producono dispositivi mobili."
Oggi Texa realizza tutto quello che può internamente, compresi i manuali di istruzione. Anche se delocalizzare la produzione sarebbe stato più semplice, Vianello è convinto che l’Italia sia un paese speciale, pieno di inventiva e capacità, cui però bisogna applicare una meticolosità anglosassone o tedesca per fare in modo che le migliori idee diventino poi i migliori prodotti.
Dall’elettronica a internet
È con gli anni 2000 che l’azienda deve affrontare un altro importante scenario: il mondo viene dominato da internet ed è facile intuire che anche la riparazione auto sarà investita da questo cambiamento.
Il problema? Le informazioni a disposizione aumentano a dismisura ed è complicato riuscire a pescare quella giusta che ti risolve il problema. Texa tuttavia capisce che il problema è mal posto. È vero, ci sono migliaia di informazioni su internet, ma forse internet è un mondo troppo vasto quando si parla di autoriparazione. Da qui l’intuizione.
In quegli anni, infatti, Google, ormai motore di ricerca già affermato a livello planetario, decide di affittare il proprio motore di ricerca ad aziende che ne avessero bisogno. È l’uovo di Colombo: se le informazioni salvate su un server fossero state relative solo alle problematiche auto e si fosse utilizzato il metodo Google per cercare le soluzioni, quello che sarebbe successo - e che poi è effettivamente accaduto - è che sono molto pochi i difetti di una singola auto, quindi trovare la soluzione sarebbe stato molto più semplice.
Texa diventa quindi il primo partner Italiano di Google, ma è solo l’inizio di un’integrazione sempre più spinta con i sistemi online, tanto che l’azienda punta sulla telematica e sulla diagnosi a distanza. “Il futuro di un autoriparatore è quello di essere collegati con i propri clienti, solo così i meccanici avranno un futuro, conoscendo in anticipo le necessità degli automobilisti” spiega Vianello.
Un futuro ancora pieno di scommesse
Nel 2009, con una crisi finanziaria che sta spazzando via pezzi di economia a livello mondiale, Texa decide di investire in una nuova sede, che viene inaugurata nel 2012. Il nuovo edificio ha poco a che vedere con il piccolo ufficio da cui è partita Texa, ma lo spirito è lo stesso.
Certo, l’azienda si è dovuta organizzare, l’ingegnerizzazione dei prodotti richiede precisione e qualità, ma proprio per questo il team di ricerca e sviluppo (che rappresenta oltre un terzo dei dipendenti dell’azienda) lavora ancora in piena autonomia, mentre la realizzazione vera e propria degli strumenti è affidata a un secondo team.
“È solo lasciando libera la mente degli ingegneri che si trovano le nuove soluzioni” dice Vianello, e le sue parole nascondono già la visione del prossimo futuro, un futuro che sarà elettrico e che vedrà probabilmente Texa tra i protagonisti; le basi sono state già gettate.