Articoli | 18 April 2018 | Autore: Giorgio Spolverini

Sistemi frenanti: sempre più sicuri, sempre più green

Da sempre i freni sono osservati speciali in termini di prestazioni, grazie alla loro tecnologia costruttiva e alla ricerca di nuove soluzioni. Tutto questo però oggi è (quasi) dato per scontato su un veicolo moderno, e una vision green investe anche tali componenti, considerati parte determinante all’interno di un sistema che deve essere sempre più pulito: ecologically correct.   

 

Prestazioni e consumi, prescindendo per un momento dall’estetica di un’auto, sono sempre state le caratteristiche che hanno catturato l’attenzione degli automobilisti un po’ più appassionati e sensibili alla cura del proprio veicolo.
Come dimenticarsi per esempio, le accattivanti pubblicità Porsche di oltre trent’anni fa, in cui venivano dettagliate sia le prestazioni in accelerazione (0-100 km/h), sia in frenata (100-0 km/h) delle super sportive della Casa di Zuffenhausen.
Con il continuo aumentare delle performance e l’avanzato progredire della meccanica più raffinata, man mano sono diventati sempre più importanti gli aspetti legati alla sicurezza, come tenuta di strada e frenata.

Evoluzione: dai tamburi ai dischi

Andando indietro nel tempo fino agli anni 40-50, una tecnologia che rivoluzionò il comportamento di una delle auto più vendute al mondo, la mitica Volkswagen “Brezel Käfer” o Maggiolino due vetrini, fu proprio il passaggio dall’impianto frenante a tamburi comandato mediante cavo (modello Standard) a quello idraulico (modello Export/DeLuxe).
Quest’ultima soluzione si rivelò nettamente più incisiva e pronta nell’intervento, soprattutto nelle situazioni di emergenza.
Successivamente, ai tamburi freni con ganasce si sono “affiancati” i dischi, prima “pieni” e poi autoventilanti per un miglior raffreddamento in caso di uso intenso, e quindi più efficaci.

Ci sono modelli che utilizzano un impianto misto dischi anteriori/tamburi posteriori, come utilitarie dalle prestazioni “cittadine” o fuoristrada in cui l’efficienza frenante debba essere garantita anche dopo guadi profondi: il disco freno purtroppo soffre l’acqua, in quanto bagnandosi la pista frenante, l’efficacia frenante viene persa soprattutto nei primi metri, per cui il tamburo rimane la parte di riferimento di frenata in condizioni estreme.
Ci sono modelli più performanti poi che montano dischi anteriori ventilanti davanti e pieni dietro e infine le versioni più sportive utilizzeranno soluzioni di dischi freno ventilati sia all’avantreno sia al retrotreno.

Frenate più sicure con ABS ed ESP

Ma di lì a poco, anche questo non sarebbe più bastato. Vero è che la frenata è diventata molto più sicura a tutti i livelli, ma su fondo viscido o ghiacciato, il possibile bloccaggio delle ruote in caso di frenata d’emergenza, per troppi anni rappresenta ancora un pericolo.
Per ovviare a quest’altro inconveniente, Mercedes sviluppò con l’aiuto di Bosch l’ABS verso fine anni 70, installato per la prima volta su una Classe S, l’ammiraglia di Casa.
Il sistema era a dir poco geniale, tanto da diventare man mano standard sui veicoli più evoluti e poi anche su tutti gli altri. Tutti lo sanno ormai come funziona: il sistema ABS non fa altro che evitare il bloccaggio delle ruote in frenata per garantire massima aderenza del pneumatico al suolo.
Ulteriore evoluzione dell’ABS è stato l’ESP, il controllo di stabilità.
Grazie all’adozione di speciali sensori e centraline elettroniche, l’auto è in grado di “riconoscere” lo slittamento e poter intervenire attivamente sul singolo freno per ripristinare l’aderenza perduta.

Interessante l’applicazione dell’ESP dedicato ai veicoli a trazione integrale con differenziale centrale: grazie all’introduzione di questo dispositivo di frenata selettiva ESP, si è riusciti a risparmiare il peso dei sistemi di bloccaggio meccanici, evitandone l’installazione. In pratica, quando una ruota di un singolo assale slitta in fuoristrada, la pinza freno interviene per rallentarla e indirizzare così la coppia motrice persa su quella con maggior aderenza sul terreno, garantendo di nuovo la massima motricità. Davvero niente male.

Dall’elettronica ai materiali

Come si può facilmente capire, l’impianto frenante assolve con il passare degli anni a sempre maggiori funzioni, atte non solo a garantire l’arresto del veicolo in spazi sempre più brevi, ma addirittura a mantenere il più possibile anche la direzionalità dello stesso, come se la vettura viaggiasse effettivamente su due binari.
L’intervento dell’elettronica, sempre più affidabile, ha consentito all’impianto freni dell’auto di fare veri e propri passi da gigante, in termini di handling.
Nella lunga storia degli impianti frenanti, una grande evoluzione ha coinvolto i materiali impiegati. Oltre a ghisa e compositi ferrosi vari, è stata utilizzata persino la ceramica, così come il carbonio, in composizioni variabili.
Le pinze freno e le pompe idrauliche hanno anch’esse beneficiato di materiali e trattamenti più tecnologici, come pure le pastiglie freno, la maggior parte delle quali oggi prive dei materiali più dannosi per l’ambiente.

Le sfide però non sono certo finite qui, anzi per certi versi ciò che abbiamo visto finora è già passato remoto più che scontato anche per la più economica delle utilitarie anni 2000.
Dall’inizio del nuovo millennio sono già trascorsi 18 anni: materiali e tecnologia hanno fatto passi da gigante, tant’è che l’auto oggi può circolare anche senza bisogno di guidatore in carne e ossa, grazie alla guida autonoma. I carburanti, benzina o Diesel che sia, sono ancora i propellenti più gettonati, ma a questi si affiancano motori elettrici sempre più potenti che, in taluni casi, sostituiscono del tutto anche i motori termici tradizionali.
Il motivo di tutta questa rincorsa alla tecnologia non è incentrato più solo nel raggiungimento di determinate prestazioni, ma nel contenimento massimo di consumi ed emissioni nocive. Oggi esistono vetture dalle prestazioni incredibili, come per esempio la BMW i8, che con una propulsione mista termica/elettrica, consumano e inquinano meno di una city-car che viaggia a 50 all’ora. Questo è il futuro (già in gran parte presente) che incalza a una velocità impressionante.

La nuova frontiera della frenata rigenerativa

In tutto ciò, persino l’impianto frenante è diventato determinante nel raggiungere certi risultati. I freni non servono più solo a “frenare” e a garantire la massima tenuta di strada in qualsiasi condizione di guida, ma sono anch’essi coinvolti nel virtuoso ciclo green.
Basta curiosare un po’ di più nelle tecnologie messe a disposizione già a partire dai veicoli micro ibridi (dotati di sistema Stop&Start) in poi. Stiamo parlando in altri termini della frenata rigenerativa, i cui obiettivi principali sono quelli di ridurre le emissioni di CO2 e incrementare l’efficienza energetica.
Per i veicoli ibridi, l’energia recuperata in fase di decelerazione rappresenta il maggior contributo al raggiungimento di tali obiettivi. Durante la frenata, il motore elettrico viene impiegato come generatore e l’energia recuperata dipende dalle caratteristiche della macchina elettrica.

Un tipo di frenata rigenerativa consiste semplicemente nel sovrapporre la decelerazione dovuta al veicolo elettrico a quella convenzionale del sistema frenante. Tale soluzione, definita Superimposed Regenerative Braking System (SRBS), rappresenta quella più semplice ed economica. L’unico svantaggio di questa scelta consiste nel fatto che la coppia frenante del sistema rigenerativo dipende dalla velocità del veicolo e deve essere limitata a un livello accettabile per il guidatore, specialmente alle basse velocità dove la coppia frenante tende ad annullarsi. Il sistema SRBS quindi ben si presta per veicoli mild hybrids con potenze elettriche inferiori a 20 kW.
Per veicoli con motori elettrici di potenza superiore (full hybrids, EV) invece, può essere generata una coppia frenante del sistema rigenerativo tale per cui, su alcuni modelli, i costruttori hanno convenuto di puntare sull’adozione del sistema integrato denominato Cooperative Regenerative Braking System (CRBS), che permette un alto livello di recupero energetico, mantenendo un valore di decelerazione costante da inizio frenata fino all’arresto del veicolo.
Questo risultato è reso possibile grazie all’interazione tra frenata rigenerativa e quella tradizionale per attrito, in modo da ottenere un valore costante di decelerazione in base alla posizione del pedale del freno.
Tale sistema naturalmente implica costi maggiori a causa dei collegamenti idraulici e del disaccoppiamento parziale o totale del pedale freno dal circuito frenante. Però, di fatto, il recupero dell’energia in frenata, conferisce al veicolo elettrico una maggiore autonomia e un minor consumo medio, consentendo nei migliori casi risparmi nell’ordine del 30%.
Naturalmente, i picchi di recupero di energia in frenata si verificano quando i mezzi che adottano tale sistema hanno un’intensa attività di “Stop&Start”, come in città appunto, ovvero dove deve drasticamente diminuire l’inquinamento.

Visti a Ginevra: Flexira™, la nuova pinza Brembo

Lei è Flexira™ ed è la nuova pinza freno compatta firmata Brembo. In sintesi, si tratta di un nuovo concetto di pinza freno in alluminio che, grazie alle sue ridotte dimensioni, può equipaggiare anche le vetture più piccole. Infatti, è stata sviluppata proprio per potersi inserire in spazi angusti, mantenendo la funzionalità e le prestazioni tipiche di una pinza fissa, ma allo stesso tempo avere un ingombro simile a quello di una pinza flottante.
La pinza compatta Brembo ha pistoni dal diametro di 38 e 42 mm, una pastiglia con superficie da 72 cm2 e uno spessore del materiale di attrito di 11 mm.
Questa soluzione garantisce una sensibile riduzione della massa rispetto alle pinze flottanti in ghisa utilizzate normalmente sulle vetture dei segmenti A, B e C.
Tale significativa riduzione delle masse non sospese del veicolo, permette di ridurre il consumo di carburante e di conseguenza le emissioni inquinanti, aumentando nel contempo l’efficacia dinamica del veicolo e riducendo i momenti di inerzia.
 

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Tags: sistema frenante freni brembo pinze freno

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