Adesso è il momento di investire in formazione e ampliare l’assortimento di magazzino. Parola di Partco Ricambi, presente sul mercato da oltre 30 anni.
In Sardegna è stato il primo a distribuire ricambi multimarca, il primo a costruire un soppalco nel proprio magazzino e uno dei primi a credere nell’importanza del servizio. Con Sergio Atzeni, amministratore unico della società di distribuzione Partco Ricambi, andiamo in provincia di Cagliari per scoprire le peculiarità di un mercato, dove ogni gradino della filiera distributiva ha un suo perché.Partco Ricambi è presente da oltre trent’anni sul territorio della Sardegna, un periodo di tempo nel quale la fisionomia del mercato ha subito notevoli mutamenti. Vediamoli insieme a lei, attraverso la storia della sua società.
L’azienda di distribuzione Partco nasce nel 1980 per sopperire alle esigenze di spazio di una società di ricambi, che si rivolgeva direttamente alle officine e all’utente finale e di cui ero socio al 50%. La consapevolezza che l’attività di dettagliante non mi avrebbe permesso di espandermi in tutta la regione, è stata la molla principale che mi ha spinto a dedicarmi unicamente alla distribuzione. Così, nel 1987, in accordo con il mio socio, ho deciso di dividere le due aziende, che fino ad allora erano rimaste unite. Nel 1989 il mio collega ha rilevato interamente la società al dettaglio, mentre io ho acquisito la totalità del capitale di Partco. Da allora ho cominciato a lavorare come distributore su tutto il territorio della Sardegna. La mia storia professionale nel mondo dei ricambi auto, quindi, comincia con l’attività di ricambista. Allora il mercato era molto diverso da quello attuale: i negozi di ricambi, almeno in provincia di Cagliari, avevano soltanto il marchio Fiat. Io, invece, ho deciso subito di distribuire tutti i marchi auto di allora: Alfa Romeo, Mini, Ford. È stato un passo coraggioso, perché comportava notevoli rischi: i clienti di questi marchi erano e sono ancora oggi fedeli alla casa auto. Io distribuivo soprattutto ricambi di alta movimentazione, quali la pastiglia e il gommino freno. Solo in seguito ho cominciato gradualmente a specializzarmi.
Come ha superato le difficoltà iniziali?
Mi ha dato una buona spinta il marchio Quinton Hazell, che produceva soprattutto per Innocenti e Ford. Io distribuivo ricambi originali a prezzi vantaggiosi. In quel periodo ero l’unico a fornire gli snodi sferici della Mini Minor e spedivo i miei articoli in tutta la Sardegna. Inoltre, avevo una decina di commessi al banco e sempre numerosi clienti in attesa di essere serviti. In seguito ho acquisito altri marchi importanti, fra i quali i silenziatori Walker, i filtri Sofima, le pastiglie Ate. L’altro elemento vincente è stata l’elevata competenza tecnica. Lo dico senza presunzione: in quel periodo c’erano le coppie coniche, che richiedevano complicati calcoli per il pignone e la scelta del distanziale giusto. Gli autoriparatori spesso non sapevano come procedere: io li aiutavo nelle difficoltà tecniche. Sono stati anni esaltanti, in cui ho svolto un buon lavoro, ma erano anche altri tempi.
Il passaggio da quel mercato a quello attuale è stato repentino?
Tutt’altro. È stato decisamente graduale. Anche gli altri operatori del mercato hanno cominciato ad aggiornarsi, seguendo la mia strada. Io sono stato il primo in Sardegna a fare il soppalco nel magazzino. Per primo ho distribuito motori e fuselli revisionati, che hanno richiesto notevoli investimenti iniziali: infatti, occorreva innanzitutto comprare l’usato per poi farlo rigenerare. Inizialmente, inoltre, l’autoriparatore considerava con sospetto i ricambi revisionati; soltanto in seguito ha cominciato a richiederli. Valga per tutti l’esempio delle frizioni rigenerate, che costavano il 50% in meno delle nuove e nei primi tempi avevano una qualità elevata. Successivamente, molte aziende hanno cominciato a produrle e la loro qualità è andata diminuendo: alcune società hanno iniziato a distribuire frizioni revisionate in cui non era stata sostituita la molla a tazza. Mi ricordo che le frizioni revisionate della Fiat 500 arrivavano a costare meno della stessa molla: l’usato veniva semplicemente sabbiato e poi rimesso in vendita. A quel punto il mercato dei ricambi rigenerati è crollato e noi abbiamo smesso di distribuirli. Attualmente, come ricambio revisionato, teniamo solo le scatole sterzo idrauliche, che costano un terzo di quelle nuove. Ma, a meno che non ci siano forti differenze di prezzo rispetto al prodotto nuovo, il rigenerato in Italia oggi è poco diffuso.
Ci sono stati anche periodi di crisi?
Nel corso della mia attività non nego di aver conosciuto anche veri e propri periodi di stagnazione. Attualmente stiamo vivendo una fase di calo del mercato del ricambio, dovuto principalmente allo svecchiamento del parco circolante, allo sviluppo tecnologico e, inoltre, alle migliori capacità di guida degli automobilisti, molto più attenti di un tempo, per esempio, a non accelerare a freddo. Tutto questo ha comportato una diminuzione del lavoro. Se si considera, inoltre, che grazie ai sistemi di finanziamento oggi è possibile acquistare un’auto con poche centinaia di euro di rata, si comprende quanto a volte sia più conveniente comprare una nuova vettura piuttosto che far riparare la vecchia. Per questo stiamo valutando la possibilità di far pagare a rate le riparazioni più costose.
Inoltre, circa cinque anni fa, mi sono reso conto che il mercato si stava sempre più orientando verso il ricambio originale. Non tanto quello che si fregia del marchio della casa auto, quanto piuttosto quello fornito dalla medesima azienda che produce i componenti per il costruttore. Per questo ho cominciato a modificare i prodotti, scegliendo solo quelli che davano più garanzie e che mi avrebbero quindi consentito un incremento nelle vendite. I marchi più importanti, infatti, hanno un maggiore impatto sul ricambista, perché hanno una migliore visibilità e un’immagine più adeguata. Oggi ho acquisito marchi quali Dayco, Kayaba e Valeo, ecc. Ho proseguito su questa strada anche con l’avvento del Gruppo Giadi, nel quale sono entrato fin dal principio, circa sei anni fa.
Quali progetti avete con il Gruppo Giadi?
Abbiamo stretto un accordo, in base al quale ogni ricambista porta le officine che ritiene più fedeli e organizzate e che gli assicurano un certo fatturato; a queste, poi, noi offriamo dei corsi di formazione. Attualmente abbiamo otto ricambisti Giadi Store e 80 officine G. Service. Naturalmente stiamo implementando i numeri, ma questo non è di facile attuazione. Il principale ostacolo è la diffidenza da parte del ricambista. Il secondo, subentrato di recente, è quello dell’offerta. Oggi ci sono molte aziende che offrono questo tipo di servizio. Naturalmente il ricambista è consapevole della necessità di fornire informazione alle officine, perché queste le richiedono costantemente. L’elettronica ha notevolmente complicato il lavoro degli autoriparatori indipendenti: non è più possibile sentire la macchina a orecchio; è necessaria una buona preparazione tecnica e un’adeguata strumentazione. Le case automobilistiche hanno sempre rivolto il proprio servizio di formazione unicamente alle officine autorizzate; noi ci proponiamo di farlo per quelle indipendenti.
Le aziende componentiste sono disponibili a offrire informazioni?
Sì, danno informazioni in merito al proprio prodotto. Il problema è che l’articolo specifico riveste un’importanza relativa: ad esempio, se è fondamentale capire come va montata una frizione, è più importante sapere come funziona il JTD. Spesso gli autoriparatori hanno difficoltà a reperire questo secondo tipo di informazioni. Bisogna tener conto del fatto che oggi senza elettronica non è più possibile effettuare riparazioni: tutto è codificato. Auto di una certa categoria, quali le Mercedes, sono completamente elettroniche e sono di conseguenza diventate appannaggio della casa auto. Per questo ritengo che gli indipendenti dovrebbero puntare sulla fascia inferiore di vetture.
Per quanto riguarda le aziende vostre clienti: sono disposte a collaborare con voi nell’attività di informazione verso l’officina?
Diciamo che noi distributori dobbiamo predisporre tutto: dai moduli agli inviti a contattare gli autoriparatori. Inoltre, dobbiamo avere al nostro interno una persona qualificata che si occupi costantemente dei programmi di formazione: disporre di un tecnico di questo tipo rientra nei nostri progetti per l’immediato futuro.
I programmi di formazione e in genere questo nuovo approccio nei confronti di ricambisti e officine stanno dando qualche risultato concreto?
I risultati concreti si vedono soprattutto nei confronti dei ricambisti. Per quanto riguarda le officine, il discorso è più complesso: quando il titolare è di una certa età, tutto diventa più difficile, ma i giovani sono estremamente sensibili al problema della formazione e soprattutto disponibili a investire nella loro preparazione.
Lei è distributore regionale in una zona molto particolare, la Sardegna. Ritiene che il lavoro e i volumi sull’isola possano essere paragonabili a quelli di qualsiasi altra regione italiana?
Lavorare in Sardegna comporta sicuramente difficoltà maggiori, perché bisogna confrontarsi con un territorio vasto e un parco circolante che è un un decimo rispetto a quello di altre regioni. I numeri che si raggiungono, sono sempre molto difficoltosi: bisogna sempre investire molte energie e fare costanti promozioni. A questo si deve aggiungere che qui il costo del denaro è di gran lunga più elevato che in altre regioni: si parla del 7/8% contro il 2/3%.
Il territorio si presta abbastanza bene a un consumo pressante delle autovetture: in determinate zone, quale il Nuorese, caratterizzato da una forte presenza di curve, il sistema frenante viene messo alla prova. Il settore dell’aria condizionata, inoltre, sta offrendo attualmente interessanti opportunità di business, anche se con ricavi limitati, data la specificità del comparto.
Partco è presente in Sardegna con tre rappresentanti; ci occupiamo prevalentemente di autovetture e anche di autocarri leggeri e furgoni.
Qualcuno afferma che la distribuzione in Italia ha una filiera troppo lunga rispetto a quella di altri Paesi europei. Qual’è la sua riflessione in merito?
Effettivamente, se consideriamo l’Europa, c’è un passaggio in più nella nostra filiera e questo comporta un aumento di costi. Ma c’è un fattore che non va sottovalutato, sebbene possa apparire scontato: l’Italia è lunga e stretta. Molti gruppi hanno cercato di fare la distribuzione diretta e non ci sono riusciti, perché si sono trovati di fronte a difficoltà oggettive create dal territorio. In Sardegna, inoltre, i ricambisti che hanno un certo fatturato, si possono contare sulle dita di una mano e quelli che dispongono di un magazzino sufficientemente ampio per soddisfare le esigenze di mercato, sono sempre meno. Per questo è difficile un approvvigionamento diretto dal fornitore al ricambista: in Sardegna il distributore offre un servizio regionale indispensabile e fa da magazzino al 95% dei ricambisti; inoltre, in una regione così estesa, è l’unico in grado di garantire tempi di consegna brevi a prezzi ragionevoli. Grazie al nostro lavoro, con consegne nelle 12 ore dall’ordine, l’officina può effettuare la riparazione in giornata.
Occorre sottolineare che noi spesso lavoriamo con ricarichi bassissimi e dobbiamo affrontare la concorrenza di una miriade di prodotti di fast moving, che arrivano sul mercato a un prezzo inferiore a quello pagato da noi presso il canale ufficiale.
Come è cambiato in questi anni il magazzino?
Diciamo che è cambiato in orizzontale. Se prima potevamo offrire un servizio ottimale con 15.000 articoli, oggi possiamo farlo solo con 30.000. In particolare, abbiamo dovuto svuotare il magazzino di determinati prodotti, che erano ormai obsoleti, dato che oggi le vetture hanno una durata media di sette anni e mezzo rispetto agli almeno 11 di un tempo.
Un magazzino sempre più orizzontale non dovrà offrire in futuro, oltre ai ricambi, anche le attrezzature?
A livello di servizio globale sarebbe auspicabile. Ma attualmente si frappongono due problemi: la tendenza del ricambista a identificare le attrezzature con un determinato marchio auto e la necessità, sempre da parte del ricambista, di disporre di un esperto in grado di offrire le necessarie informazioni tecniche all’officina.
Partco distribuisce ricambi telaio e motore per tutto il circolante. Avete sviluppato anche altri settori?
Con la nostra azienda Koklit, associata al Gruppo Giadi, siamo presenti anche nel settore della carrozzeria, dove distribuiamo i più grandi marchi di fari, alzacristalli, paraurti, cristalli, radiatori, condensatori, riscaldatori e silenziatori. In programma c’è l’ampliamento della gamma con altri prodotti, soprattutto quelli dei marchi asiatici. Presto potremo offrire anche lamierati.
Questa seconda azienda ha meno tipologie di prodotto, ma è altrettanto impegnativa: pone soprattutto problemi di spazio. I prodotti di carrozzeria, come ad esempio il faro, hanno un notevole ingombro: in 50cm puoi immagazzinare 200 serie di pastiglie, ma solo due fari.
La rotazione di magazzino è veloce?
È il nostro tallone di Achille. A parte alcuni articoli, destinati a vetture molto diffuse, quali le Fiat Punto e Panda, per il resto la rotazione è lenta: c’è solo assortimento, un fattore assolutamente necessario per poter offrire un buon servizio. La quantità non è più richiesta, soprattutto dai nuovi ricambisti, che, come già evidenziato, hanno spazi molto ridotti. Quando facciamo le promozioni dobbiamo tenerne conto. In genere, non riusciamo a fare promozioni superiori ai 200, 300 euro. D’altra parte, bisogna considerare che se i ricambisti avessero la possibilità di tenere grandi quantità, forse non avrebbero più bisogno noi... Il ricambista ha meno possibilità di vendita di un distributore, una rotazione più bassa e quindi più probabilità che un ricambio gli resti in casa: se si pensa che un paraurti costa 100, 150 euro, si può calcolare quanto danno possa arrecargli la merce invenduta. In queste condizioni, riempire i magazzini dei clienti per riuscire a fare fatturato, rischia di affondare il mercato.