A dircelo è l’ultima edizione del Circularity Gap Report: solo l’8,6% delle materie prime viene riciclato. Il restante (il 91,4%) è dunque destinato allo smaltimento.
L’edizione 2020 del Circularity Gap Report, stilato dal centro di ricerca internazionale Circle Economy e che si riferiscono ai dati del 2017 (attualmente i più aggiornati), segnalano che ogni anno nel mondo vengono consumati più di 100 miliardi di tonnellate di materie prime (minerali, combustibili fossili, metalli e biomasse).Solo l’8,6%, però, viene riutilizzato in modo efficiente attraverso forme di recupero e riciclo. Il restante 91,4% di queste risorse, infatti, non trova una “seconda vita” e viene destinato allo smaltimento. A dare evidenza ai dati è l’Osservatorio sulla Mobilità Sostenibile di Airp (Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici).
Vi è dunque ancora un importante divario tra il modello lineare di utilizzo delle risorse (basato sulla catena estrazione-produzione-consumo-scarto) e quello circolare (e cioè basato sul recupero delle risorse utilizzate).
Nel report, inoltre, viene sottolineato come il nostro pianeta sia sottoposto sempre più a un massiccio sfruttamento delle sue risorse naturali, con conseguente impatto in termini di difficoltà di approvvigionamento delle stesse. Questo sfruttamento, continua lo studio, genera costi economici rilevanti e comporta anche un notevole impatto sul clima, dal momento che circa il 50% delle emissioni mondiali di gas a effetto serra derivano dall’estrazione e dalla lavorazione di materie prime.
Per questi motivi gli autori del report chiedono ai governi di agire per promuovere un modello di economia circolare che massimizzi l’utilizzo delle risorse esistenti, con il fine di ridurre la dipendenza dalle nuove materie prime, di diminuire gli sprechi e di contrastare il cambiamento climatico.
Le strategie circolari di recupero delle risorse, commenta Airp, rappresentano un modello economico fondamentale per molti settori, tra cui quello dei trasporti. Oggi sono molte, ad esempio, le imprese che puntano sul recupero degli scarti e sulla rigenerazione dei materiali di veicoli alla fine del loro ciclo di vita (batterie, oli esausti, plastiche, ecc.).
Un caso particolarmente virtuoso, poi, è rappresentato dalla filiera dei pneumatici ricostruiti. L’industria del pneumatico, grazie all’attività di ricostruzione, svolge infatti da quasi un secolo un ruolo pioneristico nell’aprire la strada a un modello di economia circolare virtuoso e sostenibile. Questo perché il pneumatico di qualità nasce per essere ricostruito e quindi per essere utilizzato anche più volte, grazie al riutilizzo delle strutture portanti del pneumatico ancora integre alla fine del ciclo di vita. La pratica della ricostruzione di pneumatici è dunque fondamentale per risparmiare materie prime, petrolio ed energia rispetto alla produzione di un pneumatico nuovo e consente di ridurre la produzione di PFU (pneumatici fuori uso), rallentando in modo considerevole il flusso di smaltimento dei pneumatici. Per questi motivi si tratta di un modello altamente strategico nel quadro dei sistemi produttivi odierni e soprattutto del futuro.