L'Unione Europea svela il pacchetto Fit for 55 per accelerare la transizione "green".
La recente firma dell’accordo europeo per la decarbonizzazione punta a fare dell’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050.
Un obiettivo molto ambizioso dunque quello stabilito dai 27 paesi membri dell’Unione, che per raggiungere il traguardo hanno sottoscritto un impegno che riguarda molto da vicino il settore automotive.
Per riuscire a ridurre le emissioni di CO2, infatti, i paesi hanno stabilito due passaggi fondamentali: il primo è quello che fissa entro il 2030 la riduzione del 55% delle emissioni di CO2 delle auto e del 50% per i mezzi commerciali rispetto ai livelli del 1990; l’altro che stabilisce entro il 2035 la soglia delle zero emissioni, decretando di fatto l’abbandono delle alimentazioni benzina e diesel a favore di quelle elettriche e a idrogeno. Almeno per quanto riguarda l’Europa.
Se l’intento dei firmatari del Green Deal è quello di creare i presupposti per la tutela dell’ambiente e dei cittadini e allo stesso tempo promuovere nuove opportunità per l'innovazione, gli investimenti e l'occupazione, le associazioni di categoria del settore automotive non condividono questo stesso ottimismo.
Come dichiara nella nota ufficiale ANFIA, questa risoluzione genera “sconcerto e forte preoccupazione per la proposta, prevista nel pacchetto Fit for 55, di inasprire i target di riduzione delle emissioni di CO2 previsti dalla regolamentazione vigente […]. Pur essendo consapevoli dell’importante ruolo che l’industria automotive può giocare nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del Green Deal europeo, riteniamo che lo sforzo richiesto dall’attuale proposta non tenga in debito conto degli impatti industriali, economici e sociali di scelte così ambiziose e categoriche”.
“La previsione di un target a zero emissioni al 2035 per auto e veicoli commerciali segna l’abbandono delle più avanzate tecnologie di propulsione su cui, oggi, la maggior parte delle aziende della componentistica italiana, comprese le multinazionali presenti sul nostro territorio, sono ancora prevalentemente concentrate, compiendo una incomprensibile e univoca scelta tecnologica, senza considerare il fondamentale contributo che le stesse potrebbero dare alla decarbonizzazione attraverso l’utilizzo di carburanti rinnovabili a basso contenuto di carbonio.
Anche la scelta di non prevedere meccanismi di flessibilità nella transizione, tra cui quelli per i piccoli costruttori, evidenzia una scelta ideologica che non tiene conto delle molteplici specificità della filiera automotive, penalizzando fortemente le nicchie d’eccellenza, in particolare quelle italiane”.
ANFIA conclude poi chiedendo alle istituzioni di adottare delle misure per sostenere il comparto nella riconversione produttiva.
Al di là di quelle che saranno poi le varie iniziative che sicuramente non riguarderanno solo l’Italia, possiamo dire che il comparto automotive ha ora di fronte a sé una data certa e degli obiettivi delineati per cominciare il contro alla rovescia.