Dal Salone dell'Auto di Pechino arrivano toni entusiastici per le potenzialità di questo mercato. Ma sarà tutto oro ciò che luccica?
In questi giorni si sta svolgendo a Pechino il Salone dell'auto: sembra che nessun costruttore auto abbia voluto rinunciare a questo evento, considerandolo fondamentale per il futuro sviluppo del mercato e delle vendite. Tante le nuove proposte, anche in alcuni casi con modelli ad hoc, realizzati per incontrare il gusto e le esigenze dei clienti cinesi.
Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
Certo, i numeri di questo mercato sono impressionanti: un potenziale di milioni di nuove vendite, mediamente oltre il milione al mese di nuove immatricolazioni per un totale lo scorso anno di oltre 18 milioni di veicoli (anche se quest'anno si parla di un brusco calo dovuto alla fine degli incentivi governativi...); cifre ancora più imppressionanti se paragonate al crollo delle vendite nel mondo occidentale.
Eppure non bisogna dimenticare che la popolazione cinese (oltre un miliardo e 350 milioni di persone) è per la maggior parte composta da persone che ancora utilizzano la bicicletta e neppure sognano di possedere un'auto e che vive in zone rurali, con ritmi e logiche di vita ben lontane dal mondo automotive. Ciò significa semplicemente che il potenziale del mercato cinese, pur avendo numeri alti, anzi altissimi, è un bacino d'utenza comunque limitato e il boom economico italiano che ha portato negli anni a passare dalla bicicletta a più di un'auto per famiglia non si può proiettare su questo paese.
Senza dimenticare che i cinesi amano imparare dagli altri e poi fare proprie le tecnologie occidentali e laddove oggi il costruttore europeo o americano va a vendere, domani si troverà di fronte a un'agguerrita concorrenza della produzione locale. Senza dimenticare che i brand cinesi (citiamo a titolo d'esempio la Great Wall Motors) stanno già arrivando sul nostro mercato.
E per il mondo che gira attorno alla subfornitura delle case auto, la concorrenza cinese è già un problema, perché è più facile per il cinese arrivare in Europa che per l'europeo arrivare in Cina: tanto per fare un esempio basta vedere le asimmetrie dei dazi donagali. La soluzione delle joint-venture è una delle strade percorribili, ma molto lunga e difficile. Buone possibilità ci sono per chi già oggi tiene le redini di una “invasione controllata”: andare cioè sul posto e trovare dei partner per controllare la qualità dei loro prodotti e poi proporli sul nostro mercato, tenendo presente che la Cina non è l'Europa e prima di lanciarsi in questo tipo di affari bisogna conoscere a fondo le leggi, scritte e non, di questo immenso paese.