In pratica, ora resta possibile la restituzione al Pra delle targhe e dei documenti del veicolo – cioè “libretto” di circolazione e certificato di proprietà – e la cancellazione del veicolo dagli archivi del Pubblico registro, soltanto una volta che il veicolo stesso sia stato nuovamente immatricolato all’estero. In altre parole: la richiesta di radiazione va accompagnata con la fotocopia della carta di circolazione estera, o in alternativa, con i documenti che comprovano l’avvenuta reimmatricolazione all’estero. Nel caso che l’esportazione avvenga in Paesi extraeuropei, occorre anche allegare la traduzione della carta di circolazione, certificata da una perizia.
Il provvedimento è stato varato per dare un giro di vite al fenomeno delle radiazioni per esportazione definitiva, che nascondono anche fenomeni di elusione delle normative antinquinamento, e di altri tipi di frodi: da quelli che radiano il veicolo e lo portano all’estero prima che il proprietario possa accorgersi che l’assegno è falso e le false esportazioni che “tornano in patria” sotto forma di leasing. Ma anche altre forme di illegalità, anch’esse concorrenti a formare il boom di radiazioni per esportazione che si sono registrate nel 2013: oltre 700.000 i veicoli che sono stati portati all’estero. Illegalità fiscali, irregolarità di responsabilità civile e ambientale, come nel caso - piuttosto diffuso fra i modelli più grandi - delle auto reimmatricolate con targa estera ma che continuano a circolare nel nostro Paese: in questo modo si evita di pagare il superbollo, le contravvenzioni hanno difficoltà ad essere notificate e il redditometro “non vede”. Per non parlare dei veicoli radiati per esportazione che poi non vengono più reimmatricolati: fenomeno che alimenta il mercato illegale di ricambi e l’approvvigionamento di centri di raccolta non autorizzati.