A quanto ammonta il volume di pneumatici che ogni anno, in Italia, arrivano a fine vita e non possono essere inviati alla ricostruzione? 380 mila tonnellate. La loro sorte è varia: il 20% degli pneumatici fuori uso (Pfu) negli anni scorsi veniva raccolto e inviato presso gli impianti di recupero materiale; il 50% circa utilizzato per recupero energetico, e il 25% (uno su quattro) si immetteva in circuiti non controllati: in pratica, se ne perdevano le tracce.
Nel nostro Paese, le aziende che trattano, con modalità differenti tra loro, gli pneumatici fuori uso sono una cinquantina; le aziende di trasporto che operano in questo settore ammontano ad alcune centinaia. Poche, invece, le aziende che riconvertono i Pfu in nuovi impieghi (realizzazione di arredi urbani, edilizia, pavimentazioni stradali).
In questi giorni, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato il Decreto Ministeriale 82 dell'11 aprile 2011, che attribuisce alle Case produttrici e agli importatori di pneumatici la responsabilità della raccolta e recupero di questi materiali. Gli obiettivi alla base del provvedimento, in linea con gli obiettivi dell'Unione Europea, intendono evitare la dispersione dei Pfu, svilupparne muovi impieghi e ottimizzare il sistema per renderlo il più efficiente possibile.
Nasce da qui il sistema per la gestione degli pneumatici fuori uso, che – secondo la strategia di “Producer Responsibility” già avviata in altri Paesi europei (Francia, Spagna, Portogallo, Svezia, Norvegia) – prevede che ciascuna azienda interessata dalla normativa provveda alla gestione dei Pfu per una quota corrispondente a quanto immesso sul mercato nell'anno solare precedente.
L'obiettivo è di arrivare al 100% di recupero dal 2013. In questi giorni parte la fase di avvio delle procedure e degli adempimenti organizzativi (fra cui la dichiarazione al Ministero dell'Ambiente, da parte delle aziende, del numero di pneumatici immessi sul mercato ed, eventualmente, la dichiarazione di adesione alle “strutture associate”), che fra 90 giorni porterà alla fase gestionale vera e propria, con il ritiro gratuito dei Pfu presso più di 30 mila fra gommisti, autofficine, sedi di flotte veicoli, su tutto il territorio nazionale, e il successivo invio degli pneumatici presso gli impianti di trattamento o di valorizzazione.
Il primo traguardo, per la fine del 2011, che i produttori e importatori di pneumatici dovranno raggiungere è il 25% di recupero rispetto al quantitativo immesso nel 2010. Entro la fine del 2012 la percentuale dovrà salire all'80%, che diventerà del 100% dal 2013.
Ecopneus, società consortile creata nel 2009 dalle principali Case produttrici o importatrici di pneumatici in Italia (Bridgestone, Continental, Goodyear – Dunlop, Marangoni, Michelin, Pirelli), rappresenta più dell'80% del mercato nazionale degli pneumatici. Di fatto, costituisce una “voce” importante per lo sviluppo e la gestione di un sistema che, su tutto il territorio nazionale, dovrà garantire la raccolta, il recupero e il monitoraggio dei Pfu.
Il primo passo che Ecopneus effettuerà sarà la selezione, con opportuni criteri di qualità, efficienza, affidabilità e sostenibilità, degli operatori logistici e di impianti. Per Giovanni Corbetta, direttore generale di Ecopneus, la normativa costituisce “Un percorso di sviluppo per le applicazioni dello pneumatico fuori uso, che può diventare materia 'prima – seconda' dalle eccellenti caratteristiche: basti pensare, ad esempio, alla realizzazione delle pavimentazioni stradali e che, invece, non riceve adeguata attenzione in Italia”.