È una estate calda per la distribuzione ricambi, anzi bollente.
Le dimissioni di Cati e di Demauto consegnate al Cda Groupauto di fine di giugno non possono che essere lette come un segnale di forte incomprensione fra ruoli e pesi nelle decisioni all’interno di Groupauto, più che come un gesto di insofferenza dettato dalla pancia più che dalla testa. Così, dopo la disgregazione di Idia Group, di Giadi, che si svuota per via delle acquisizioni della Holding Autodis Italia, sembra arrivato anche il momento dei chiarimenti per Groupauto, un’anima condivisa fra ricambisti e distributori non sempre in sintonia, evidentemente.
Per chi non se ne fosse già accorto prima, per il mercato italiano della distribuzione indipendente inizia una nuova fase, dove i distributori più grandi cercano nuovi spazi per svilupparsi e vivono gli statuti nati anni addietro come vincoli insopportabili per la crescita. Il limite delle aggregazioni fra imprenditori della distribuzione è sempre stata la diversità, a volte ostentata come vanto, ma poco utile ai fini di una condivisione di intenti e di strategie.
Sono passati vent’anni senza che alcuna aggregazione sia andata oltre la condivisione dei fatturati per raggiungere obiettivi e premi, senza guardare a una casa comune e partecipata come obiettivo finale.
L’ingresso nel mercato europeo di attori del calibro di LKQ, che si è presentata in Italia comprando Rhiag due anni fa, avrebbe dovuto far comprendere a tutti che il tempo delle repliche di modelli consolidati stava per finire e che le relazioni fra attori della stessa filiera avrebbero dovuto cambiare faccia anche velocemente. E invece ci si accanisce sul modello anche quando è già così visibilmente superato.
Sarebbe opportuno che gli operatori facessero tesoro degli avvenimenti e che iniziassero a ripensare e a riscrivere le ragioni e gli obiettivi dei gruppi di acquisto ancora numerosi e forti (per fatturato) nel nostro paese.