Stiamo tutti subendo le conseguenze di un prolungato lockdown, che ha coinvolto con progressione rapidissima tutto il territorio italiano. I numeri che la Protezione Civile ha quotidianamente condiviso con la nazione hanno segnato il passo della chiusura delle scuole, di molte attività produttive e infine della possibilità anche di uscire di casa.
I protocolli di sicurezza imposti alle aziende non sono bastati a evitare che comunque chiudessero, vanificando gli investimenti e la prudenza di chi li ha adottati. Si è puntato sui codici Ateco anziché su responsabilità e coscienza di chi avrebbe potuto operare in sicurezza, esponendosi comunque a grandi rischi nell’assumere tale decisione.
Le cose però non sono andate così, ma questa è ormai cosa nota a tutti. Fa specie venire a conoscenza che la prudenza e le norme imposte ai privati non siano state seguite dal pubblico proprio negli ospedali e nelle RSA di quelle regioni che, di fatto, hanno portato alla chiusura del Paese. Si scopre così che i dispositivi di sicurezza oggi imposti a tutta la popolazione, non sono stati usati negli ospedali; che i malati con sintomi assimilabili al Covid-19 sono stati dimessi e rimandati a casa o nelle case di cura senza indagare la loro malattia attraverso i tamponi e senza imporre loro - nell’incertezza e per prudenza - l’isolamento .
Sappiamo con certezza che se un imprenditore esponesse la propria azienda a una serie così incredibile di errori e inadempienze riceverebbe pesanti sanzioni anche di carattere penale. Quando è lo Stato che sbaglia, attraverso le proprie strutture, sarà altrettanto severo con se stesso punendo i propri dipendenti e risarcendo i suoi cittadini? La mancata apertura dei Palazzi di Giustizia fra le attività essenziali della “Fase 2” non lascia purtroppo troppi spazi all’ottimismo su questo punto.