Abbiamo trascorso un periodo di grandi incertezze e trepidazioni, la paura che tutto si fermasse, il timore per il credito inesigibile che si prospettava con il prolungarsi dello stato di emergenza. L’attesa dell’autunno come termometro della temuta riattivazione della pandemia, che al momento non sembra però dare segnali negativi.
Il settore della manutenzione e della riparazione sta attraversando un periodo molto positivo in termini di vendite, la circolazione veicolare è ripartita e da metà ottobre gli effetti dello “smart working”, con la conseguente minore circolazione delle persone, dovrebbero terminare.
Se il mercato accelera per ritornare ai valori 2019, non tutti gli operatori registrano le stesse performance di crescita, lasciando sul campo percentuali di fatturato anche “double digit”.
Non è facile così stabilire se la crescita importante di alcuni operatori nel 2021 sia il frutto di una corretta politica commerciale o più una conseguenza di un errore di altri. Certamente si prospetta un periodo non troppo breve di continui stress commerciali, evidenziati da una incapacità da parte della distribuzione di trasferire appieno a valle gli aumenti imposti dagli effetti della inflazione e dagli aumenti dei costi di importazione delle merci.
Certamente si stanno spostando gli equilibri da aziende che si assomigliano sempre di più come organizzazione e offerta, a quelle che riescono ancora a esprimere una differenza riconosciuta sul campo.
Non credo che si possa facilmente realizzare il sogno di chi cerca di gestire tutti i mercati europei come un’unica nazione, organizzando l’offerta dalle capitali europee del ricambio, cercando così di livellare le peculiarità evidenti che si trovano in ogni nazione.
Gli effetti di questa politica sono sotto gli occhi di tutti e il terreno perso non sarà così agevole da riconquistare.