Ritorno sul tema della elettrificazione e impronta di CO2, per le reazioni provocate dal mio precedente editoriale nel mondo che sostiene la transizione ecologica a suon di litio ed elettricità.
Sollevare il dubbio che la produzione di veicoli alimentati a elettricità stipata in una batteria al litio fosse la strada più coerente, anche solo dal punto di vista di impatto di CO2, mi è costato commenti sprezzanti e non velati insulti. Non è bastata la ricerca del Politecnico di Firenze sul tema dell’impatto ambientale della produzione dei veicoli elettrici a chiarire la base delle mie obiezioni, ma la faziosità dei sostenitori dei veicoli elettrici supera ogni argomentazione forse frutto di una forte e determinata regia.
D’altra parte i valori in gioco sono tutt’altro che trascurabili e gli investimenti fatti e che stanno facendo i principali car maker hanno ormai superato la soglia di non ritorno.
Le tecnologie preposte alla mobilità delle persone sembrerebbero quindi non lasciare troppo spazio ai motori endotermici, questo almeno dal 2035 in poi, il che lascia comunque al nostro settore parecchi anni con un circolante forte basato sulle tecnologie tradizionali; inoltre l’introduzione dei carburanti sintetici e il principio della neutralità tecnologica sembrerebbero aver aperto un varco nella discussione dove speriamo si possano inserire i biocarburanti.
Al di là della decisione finale rimandata al 2026 di cui possiamo già intuire il risultato, la volontà da parte ormai di tutti i costruttori auto di puntare sulle tecnologie a trazione elettrica segna inequivocabilmente la traiettoria commerciale dei prossimi anni.
La macchina elettrica piace poco agli automobilisti e lo si vede chiaramente nella percentuale di immatricolato in forte calo nell’ultimo anno in Italia. Soprattutto coloro che utilizzano il veicolo per lavoro e non per fare la spesa, la ricarica è lenta (30 minuti sono una eternità) per i promessi 400-500 chilometri di percorrenza; questo è un limite che l’industria produttrice dovrà migliorare e molto se vuole sostituire nel cuore degli automobilisti il veicolo endotermico con uno elettrico.
Pensando che la scintilla della elettrificazione è partita dalla volontà di abbattere l’impronta di CO2 risulterebbe per l’ambiente molto più conveniente riparare e non produrre nuovi veicoli, cioè sposare la cubanizzazione, non stigmatizzarla con orrore e in questo gli ambientalisti dovrebbero essere al nostro fianco, non della industria del litio.
Si fa invece esattamente al contrario, si scelgono le macchine elettriche come soluzione all’inquinamento, gli ecologisti al fianco dei costruttori cinesi che provengono da un paese che è il n. 1 fra quelli più inquinanti in termini di CO2 al mondo.
La riparazione è la scelta più verde per il pianeta, riusciremo a farlo capire anche agli ecologisti?
Mi piacerebbe vedere scritto su ogni furgone che consegna i ricambi, in ogni autofficina il seguente slogan: “Salva il pianeta, ripara la tua auto”. Grazie
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