Il modello della distribuzione indipendente di ricambi sembra non voler mai cambiare a se stesso, ma pur non volendo è immerso in un cambiamento continuo.
Manca certamente la regia dei grandi attori che decidono l’assetto commerciale delle proprie reti, come succede nel mondo dei costruttori auto, cambiando i modelli di business dei loro concessionari a propria volontà ed interesse.
Certamente non un modello da invidiare in un settore, quello dell’after-sales fatto di imprese, ma soprattutto da imprenditori.
La natura tecnica del lavoro della ricerca di ricambi, la difficoltà di gestire scorte di migliaia di codici, la velocità di consegna, custodiscono in una apparentemente tranquillità il lavoro del ricambista, ancora lontano dagli attacchi frontali dell’e-commerce B2B, dalla riduzione della filiera, dalla necessità immediata di diventare più grandi per ridurre i costi di struttura, anzi; la natura artigianale del lavoro del ricambista è difficilmente comprimibile nei costi del numero di addetti per far girare il business.
Si cercano quindi margini a monte (acquisti) e a valle (margine sulle vendite), pur sapendo che è in mezzo che si dovrebbe intervenire. Il futuro sarà di chi troverà la strada giusta per cambiare, basta averne voglia.