Sin dalla prima edizione della BER 1400/ 2002 nota come Regolamento Monti, ho frequentato convegni dove vari esperti spiegavano nei dettagli le novità introdotte dalla normativa. La voglia di conoscere a fondo un tema che avrebbe governato la concorrenza nel settore automobilistico per dieci anni a venire mi ha dapprima coinvolto in quasi tutte le occasioni disponibili, sia quelle organizzate per i dealer autorizzati, sia quelle per l’aftermarket.
La cosa che mi stupì allora è che gli esperti che parlavano alle diverse platee erano alla fine sempre gli stessi, e che quindi “vendevano” una verità omogenea a esigenze molto diverse. La verità è, per definizione, sempre uguale e incontestabile, ma l’evidenza che qualcosa non funzionava perfettamente si è rivelata quando ho saputo che uno dei più noti relatori di allora, l’avvocato Grilli, era anche l’avvocato dell’UNRAE (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri). Da allora ho letto personalmente ogni normativa che interessava l’aftermarket indipendente sui testi originali.
La cosa che mi stupisce ancora oggi è che nulla è cambiato da allora e negli eventi dedicati all’aftermarket vi sono esperti, “veggenti” e “santoni” che bazzicano impunemente nei salotti del primo equipaggiamento e poi pretendono con altrettanta disinvoltura di venirci a raccontare la loro interpretazione dei regolamenti europei come se fosse appunto la verità.
L’imprudenza degli organizzatori non si può giustificare soltanto con la supposta “buona fede”, poichè quando si “pescano” i relatori si sa perfettamente da quali mari provengono e, se si utilizzano quelli del Dealer Day come Luca Montagner, la provenienza è certificata sulle prime slide di presentazione; ma mi chiedo: ne abbiamo proprio bisogno? Siamo sicuri che la strategia del mercato della riparazione indipendente debba passare attraverso l’interpretazione, la visione e i contenuti dei consulenti dei costruttori auto e dei dealer italiani? Può passare il messaggio sentito a Torino che il regolamento 461/2010 vieta ai concessionari di vendere ricambi ai distributori indipendenti, così come il claim proposto dai laici professori di economia che “il mercato della riparazione è un mercato di libera concorrenza, vinca il migliore”?
Soprattutto quando si confrontano due protagonisti così poco equilibrati e quando da più di un decennio ormai la Commissione per la concorrenza e il libero mercato cerca di arginare la prepotenza di alcuni a danni di altri, con continui aggiornamenti di regolamenti mai sufficientemente puntuali.
È già difficile accettare la consulenza di coloro che fanno lo stesso lavoro per un mio diretto concorrente, ma possiamo accettare l’idea che gli stessi possano poi vendere le proprie conoscenze così acquisite nella distribuzione indipendente ai concessionari organizzati per penetrare fortemente proprio questo settore?
La bontà di iniziative che fanno crescere la cultura imprenditoriale di un comparto assai importante dell’economia come il nostro è assolutamente condivisibile, ma viene meno il vantaggio quando il fine ultimo di queste è riconducibile al solo interesse. Sono cosciente che nel mondo prevale la logica dell’egoismo, e che quindi l’appello che faccio alla coerenza possa venire bollato come ingenuo.
Rimango convinto che la grossolana navigazione, pur etichettandosi “indipendente”, può portare la nave sin troppo vicino alla costa, con il rischio che, per fare “l’inchino” alla rete dei costruttori, si possa far pagare assai cara questa imprudenza anche a imbarcazioni che da lontano sembrano belle e illuminate, quasi inaffondabili.